Stavolta parliamo di un concorso. Quello organizzato a Vitigno Italia, la manifestazione giunta alla sua tredicesima edizione, che quest’anno ha cambiato pelle cercando di assumere una fisionomia più sintetica e precisa. Prima una verifica tra circa 700 campioni presentati da cui sono state tirate fuori una cinquantina di etichette che sono state giudicate da un’altra commissione, stavolta presieduta da Daniele Cernilli.
Un vincitore assoluto per ogni categoria.
Eccoli
Per gli spumanti ha vinto a sorpresa una bollicina da Caprettone, vitigno tipico vesuviano su cui stanno lavorando con passione alcune aziende. Tra queste Casa Setaro, piccola cantina a Trecase, vigne piantate sul nero suolo sabbioso del vulcano. Una vino fresco e piacevole, sapido e con un perlage molto fine.
Per i bianchi un ex aequo. Falanghina Benevento IGP 2016 di Castelle e il Campania Fiano IGP 2014 Oi Nì dell’azienda agricola Eduardo Scuotto. La prima è una storica cantina di Castelvenere nel Sannio, il paese più vitato della Campania, che si è imposta grazie ad una annata decisamente favorevole per i vitigni a bacca bianca della Campania. Fresco e sapido. Il Fiano dell’azienda di Laio è invece passato in legno ma alla fine c’è un buon equilibrio con il frutto. Lungo e destinato all’invecchiamento.
Tra i rosati netta affermazione di Piedirosè, Pompeiano Rosato IGP 2016 della cantina Iovine. Si tratta di una azienda di Pimonte, specializzata nel Gragnano, che ha sempre proposto vini di buona beva. Il rosato, da uve Piedirosso, si è rivelato fresco, elegante, dalle buone note mediterraneee.
Durissima la lotta tra i rossi dove a spuntarla è stato il Taurasi 2008 di Calafè. Anche questa una azienda poco conosciuta, specializzata soprattutto per l’areale di Tufo. Ma in questo caso ha dimostrato di saper lavorare bene anche le vigne di Aglianico mantenendo la freschezza di una annata regolare, con un buon frutto croccante.
Ancora Falanghina, infine, ancora Castelle, con il passito dell’azienda di Castelvenere che ha vinto a mani basse in una finale giocata a tre.
Cinque vini, insomma. Cinque interpretazioni della viticoltura campana.
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