Trattoria – Pizzeria Carmnella
Via Cristoforo Marino 22- 23 (zona Galileo Ferraris)
Tel.39.081.5537425 – 339.2613464
Aperto : pranzo e cena (12,30 – 15,30 / 19,30 – 00,00/ o (la sera solo pizzeria) Il bar apre alle 6,30. Chiuso : domenica
Ferie: 2 settimane centrali in agosto
Carte di credito – bancomat, ticket restaurant :si
di Giulia Cannada Bartoli
Siamo a Napoli ai tempi dell’epidemia di colera (1884). L’anno successivo fu promulgata la legge del “Risanamento”; i lavori, come al solito iniziarono solo nel 1889 e andarono oltre la prima guerra mondiale. Con il risanamento vennero realizzati quartieri popolari attorno Piazza Garibaldi ed il rione Arenaccia che prolungavano la città verso Poggioreale e Secondigliano. In quegli stessi anni videro la luce le eleganti strade con palazzi lussuosi, come Corso Umberto I, l’allargamento di Via Duomo, l’elegante zona di Santa Brigida con la realizzazione della Galleria Umberto I ed il completamento dei quartieri Chiaia e Vomero. Per gli abitanti delle zone bonificate, operai, pescatori e artigiani era impossibile poter accedere a tanto lusso: con il risanamento vennero pertanto realizzati quartieri attorno Piazza Garibaldi, il cosiddetto rione delle Case nuove. Il rione Case Nuove ha mantenuto il suo nome e si riferisce alle abitazioni popolari della zona industriale della città. E’tra queste vie che nel 1892 una donna coraggiosa, Carmela, per tutti “Carmnella” aprì una trattoria – pizzeria, tanto famosa da ricevere, nel 1963, il diploma di benemerenza dalla Camera di Commercio di Napoli, per 71 anni di attività.
Carmnella si sposò con Pasquale Russo, appartenente ad una delle più grandi famiglie di “baccalaiuoli” di Porta Capuana; tanto che il locale in quegli anni si trovava al Borgo di Sant’ Antonio, nel famoso “buvero”. Dal matrimonio nacque Gennaro Russo che ne ereditò il mestiere e sposò Rita Crispino.Ci avviciniamo agli anni più recenti, il locale si sposta nel rione delle case nuove; dal matrimonio di questi ultimi nasce Carmela Russo, la “Carmnella” di oggi che sposa Salvatore Esposito: matrimonio d’amore e d’arte, Salvatore è stato per 50 anni il pizzaiolo del Trianon a Napoli; Oggi i due coniugi gestiscono il locale insieme la figlio Vincenzo Esposito e sua moglie Lucia.
Il locale è un’istituzione: accorsatissimo tanto per i piatti di Carmnella, quanto, per le pizze di Salvatore, oltre che per il semplice garbo di tutta la famiglia. La zona, l’abbiamo detto, è sede di uffici e di ciò che è rimasto della Napoli post – industriale. L’attività comincia prestissimo (il locale è anche bar), alle 6,30 tutti ai posti di combattimento: Carmnella al telefono con i fornitori, altrettanto secolari; Salvatore accende il forno e comincia l’impasto, Vincenzo prima in giro per fornitori, si divide tra le due attività, sua moglie Lucia è alla cassa.
Il locale è di giusta grandezza, 50 coperti, tavoli in marmo e ferro, sedie in legno, dappertutto foto d’epoca, in particolare quella della capostipite che “sorveglia” tutto dall’alto della cassa. E’ tutto molto semplice ed informale. Regna un ordinato caos che la famiglia che la famiglia Russo – Esposito gestisce in grande serenità.
Si sceglie dal menù del giorno, o, dalla carta delle pizze, il locale di sera è adibito solo a pizzeria, Carmnella mette tutta la sua energia nell’attività della giornata: preparazione del menù, spesa e cucina dalla quale raramente esce. Carmnella ha iniziato a girare intorno ai fornelli a soli 15 anni, perciò il suo, con la cucina è un matrimonio d’oro, così come quello di Salvatore con la pizza. I due giocavano insieme da ragazzi.
La cucina non è grande ma, Carmnella sforna meraviglie, non solo per la sala, ma, in gran parte per l’asporto del cucinato – immortale tradizione partenopea – che funziona come un treno. Interi uffici della zona dipendono da Carmnella per il pasto giornaliero, il menù – segno dei tempi – viene persino inoltrato via mail :-)
La cucina è più improntata ai piatti di terra, un paio di volte a settimana, fa capolino il mare. La spesa è giornaliera – mi ribadisce Carmnella – qui niente freezer e congelatori, è tutto di giornata e di stagione. Partiamo dall’argomento che mi è più caro, il pane. Lo guardo, non ho dubbi :Sant’Anastasia, comune del vesuviano famoso per la bontà del pane. Il vino sfuso , bianco, o, rosso arriva da un noto produttore del vesuviano, a pochi chilometri dal rione delle Case Nuove.
La cucina è rigorosamente tradizionale: il cucinato oltre che per la sala è destinato a finire nelle magnifiche “marenne” riscaldate alla piastra; altro che Mc D.
Torniamo al menù giornaliero: tre primi e tre secondi del giorno, oltre ad alcuni piatti fissi, ovvero le carni alla griglia, la mozzarella di bufala e insalatone miste per chi riesce a resistere alle bontà di Carmnella. Il primo piatto è una scoperta: mezzanelli c’o’ ruot ‘o furn…difficile da indovinare e semplicissimo nella composizione: si tratta in pratica di un pezzo di manzo di primo taglio, infornato con patate, pomodorini, piselli, la carne viene servita come secondo e i mezzanelli si condiscono nel saporitissimo ruoto insieme parmigiano e pecorino, una vera delizia. Un piatto unico, come la famosa carne alla pizzaiola napoletana.
Mi ritrovo poi davanti ad una “batteria” di Manfredi con la ricotta, ordinati dal vicino ufficio postale; caldissimi ben conditi e rigorosamente mono porzione.
Ancora un primo al forno, bucatini alla siciliana
Esclusi i primi al forno, tutto il resto è pasta cucinata al momento: pasta e patate con provola, pasta e fagioli, pasta e ceci, pasta e cavoli, e ancora zucca e lenticchie. Ci sono poi i classici: il ragù e la genovese che non si fanno tutti i giorni perché richiedono tempo e la“santa pacienza” di edoardiana memoria.
Per i napoletani l’origine del sugo alla genovese non ha misteri, magari qualcuno non la conosce: la pasta con questo sugo non ha nulla a che vedere con Genova, ma fa riferimento alla fama del braccino corto” dei genovesi, essendo un piatto assolutamente povero, visto il basso costo delle cipolle. Il tempo di citare ancora qualche “must” tra i primi napoletani e poi ci si tuffa nell’universo delle verdure di stagione preparate in ogni modo.
e ancora la pasta al forno, il sartù di riso (rosso) e la crostata di tagliolini in bianco.
Veniamo alle verdure di stagione: la melanzana preparata a scarpone, l’involtino di melanzane e quelle preparate a funghetti, con la variante del taglio per lunghezza, invece di quello a cubetti.
Continuiamo con
Menzione speciale al cavolo affogato con pomodorini,olive nere, passi e pinoli, perché nessuno si prende più la briga di cucinare questo semplice e saporitissimo piatto. Altro tributo al merito per la “cappuccia e cerasiello. Terzo, ma non ultimo, di questa triade di contorni in estinzione i “carciofi ‘mbuttunati”.
Con i secondi del giorno ritorniamo al “ruot ‘o furn”, ecco la carne cotta al forno con le patate.
e, più classico, il roastbeef al forno con funghi.
Tradizionale la lista dei secondi piatti: carne al ragù, o, genovese, le famose polpette di mammà, prima fritte e poi al sugo, le braciole imbottite con uva passa, pinoli, aglio e pecorino; mitica la trippa alla parmigiana e poi le carni e salsicce alla piastra. Una volta la settimana ci si dedica a sua maestà il crocchè: l’impasto e la frittura richiedono tempo e attenzione, qui non si “arronza” (fare in fretta) nulla, ad ogni cosa il suo tempo. Speciali sono gli arancini di ricotta, una nuvola di leggerezza, quelli di riso e le polpette di melanzane.
Come per i crocchè, la mozzarella in carrozza è un piatto settimanale, da mangiare caldo, caldo appena uscito dalla cucina. I piatti di mare non sono molti, ma sicuramente unici:
e la “neonata” con il piccante, come secondo o, come condimento sugli spaghetti,
e il coroniello, prima fritto, poi in cassuola.
Ai piatti estivi appartengono l’insalata di patate, con pomodori, olive, cipolle, sedano e basilico e le freselle (pane biscottato) con il pomodoro o, con i vari contorni.
Ancora una foto sbiadita mi incuriosisce :è Gennaro Russo – mi racconta Vincenzo jr., è il figlio di Carmnella che per quasi 80 anni ha gestito, nel rione delle Case Nuove, “ ‘a bettola d’ o’ portoghese. La ragione di questo “scagnanome” sta nel fatto che a Napoli, “fare ‘o portoghese” significa, ad esempio, mangiare e non pagare; quest’abitudine era molto diffusa in quegli anni, Don Gennaro non se ne preoccupava molto, alla gente che arrivava, era solito dire: “ trasìte, assettateve, magnate”, per pagare c’è tempo. Decisamente usi di altri tempi.
A proposito di conto, veniamo ai giorni nostri, ancora una volta il rapporto qualità- prezzo è straordinario: Carmnella non risparmia sulla qualità, spesso rimanda indietro la merce ai fornitori. Il prezzo dei primi e secondi, in porzioni abbondanti, varia dai 3 euro ai 3 euro e mezzo. I contorni costano 2 euro e mezzo; siamo intorno ai 9 euro, aggiungiamo servizio e bibite, non si superano i quattro o cinque euro. Praticamente ce la caviamo intorno ai 15 euro, se poi, si opta per l’asporto senza bibite, il pranzo completo costa 7 euro e mezzo. Straordinario il costo della “marenna”, ovvero il pane con il cucinato, potete scegliere di metterci di tutto e spenderete 3 euro e mezzo.
La qualità del servizio è garbata e molto cordiale, nonostante le tovagliette e bicchieri mono uso. Dal bar arriva una profumatissima “tazzulella” bollente che poco inciderà sul conto, (spesso offre la casa) ma, di sicuro, vi riconcilierà con la vita.
Da Carmnella si respira un’aria diversa, la passione e l’orgoglio sono nell’aria, queste persone lavorano dalle 6 e 30 del mattino a notte tarda, sicuramente il loro obiettivo non è arricchirsi, conoscono il valore della fatica e hanno il dono della calda umanità e del sorriso, sempre più rari a trovarsi di questi tempi. Per fortuna Carmnella, Salvatore, Vincenzo e Lucia, lo tramandano a figli e nipoti.
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