Via Solitaria 18
Tel. 081. 764 44 49 – 081.0320046
Aperti: tutti i giorni a pranzo e cena
Chiusi: domenica sera
Orari: dalle 12 alle 15, 30, dalle 20, 00 alle 23,00 circa
Ferie: Agosto
Carte di credito e bancomat: si
Salendo per Via Monte di Dio all’altezza di Palazzo Serra di Cassano, sede dell’Istituto per gli Studi Filosofici, prendete a sinistra per vicolo Supportico degli Astuti, che insieme a tanti altri forma il dedalo inquietante e, al tempo stesso, intrigante del Pallonetto a Santa Lucia. Il borgo è legato a doppio filo con le radici di Napoli, fin dallo sbarco dei coloni greci provenienti da Cuma, che qui decisero di fondare il piccolo emporio portuale di Falero, dal quale più tardi nacque – fra la spiaggia, l’isolotto di Megaride ed il colle di Pizzo Falcone – la πόλις Partenope, poi nota come Palepoli, cioè “città vecchia”.
I viceré spagnoli, tra il ‘600 ed il ‘700, tennero in particolare considerazione il luogo, decidendo di abbellirlo con numerosi interventi, fra i quali il più importante fu quello affidato a Domenico Fontana che trasformò un borgo di pescatori e commercianti in uno dei siti più prestigiosi dell’epoca. Con l’arrivo dei Borboni a Napoli, i lucìani, gli abitanti del borgo, divennero intimi dei re, che se ne servirono come artigiani e fornitori della real casa. Da allora quest’intreccio di “ vichi e vicarielli” è sempre stato nel bene e nel male un mondo a parte: fino agli anni’80 quartier generale dei contrabbandieri di sigarette che, con i “famosi motoscafi blu” sostenevano l’economia del quartiere, insieme allo sfruttamento delle fonti di acqua ferrata e sulfurea che veniva raccolta e trasportata nelle famose “múmmare“, anfore di creta, dove si conservava sempre freschissima, le belle e procaci Luciane si dedicavano al commercio delle acque che sono poi andate scomparendo sotto le fondamenta di un grande albergo.
Oggi il quartiere soffre del degrado accumulato negli anni e dei mancati interventi di risanamento che avrebbero potuto rendere il quartiere sede di attività artigiane e importante meta turistica. L’aria che vi si respira oggi è sospesa tra passato e modernità, camminando per i vicoli, il profumo del caffè o del sugo di pomodoro si mescola con il fumo e i rumori di auto e motorini. I “bassi” , le abitazioni a fronte strada, sono un melting pot di vecchie tradizioni e iper tecnologia, le attività commerciali sono le più diverse.
Vi avevo lasciati all’inizio di Vicolo Supportico degli Astuti, bene, percorretelo tutto, all’incrocio con Vico Egiziaca a Pizzo Falcone, sulla destra, in Via Solitaria c’è la vostra meta: la Trattoria da Peppino. L’ingresso sobrio, un po’ anonimo con la porta in alluminio anodizzato non vi tragga in inganno.
Qui nel 1985, Geppina Liguori, rientrata a Napoli con la famiglia dopo un’esperienza decennale di cucina napoletana in Calabria con il ristorante il raggio Verde a Fuscaldo, e la gestione di un noto locale a Santa Lucia, decide di ritornare alle origini della cucina napoletana verace. Per farlo ha bisogno di un posto adatto nel cuore di Napoli, si mette alla ricerca e trova una vecchia cantina in pessime condizioni, – “era senza porta, cartoni all’ingresso, una mescita per ubriachi, era in vendita” – mi racconta Geppina, spalle forti e volitivi occhi neri. Suo marito Peppino mi dice che quando vide il posto le disse: “né Geppì, ma tu sì pazz’, ‘I ‘ccà nun ce vengo”. Geppina sorrise e per pochi soldi acquistò la cantina, oggi la cantina è un “Vini e Cucina” garbato, sei o sette tavoli, ambiente caldo, familiare, piccola cucina a vista, pentole di alluminio, neanche l’ombra della lavastoviglie. Tutta la famiglia è coinvolta: in cucina mamma figlia, in sala l’altro figlio Raffaele, Don Peppino sovraintende, si occupa dei fornitori e della sala. L’atmosfera è allegra e cordiale, il viavai è intenso, clienti ai tavoli e abituali acquirenti del cucinato da asporto.
All’ingresso un trionfo di contorni, secondi pronti da scaldare, mozzarella di bufala, e un gran cesto di frutta fresca dal quale attingere a fine pasto. Per aperitivo, un piccolo piatto di freschissimi ravanelli, quelli piccanti, ormai rari da trovare, una squisitezza. C’è solo l’imbarazzo della scelta, tutto è molto invitante, involtini di melanzane fritte con pomodoro e mozzarella, polpette di melanzane, friarielli, broccoletti, scarole, cotolette di funghi, polpette e braciole al sugo, carciofi, melanzane fritte sale e pepe, melanzane a “scarpone” e calamari in cassuola. Poco più in là sulla credenza un bellissimo pezzo di pane cafone che Raffaele taglia in spesse fette al momento.
Riflettendo ho citato cinque modi di preparare le melanzane…ci sarebbe di che costruire una variazione, ecco perchè Bottura dice sempre che la conoscenza del passato è fondamentale in cucina per guardare al futuro:). Il menù cambia ogni giorno: fiore all’occhiello di Donna Geppina sono una cremosa e saporita pasta e ceci,
pasta e fagioli, la genovese, gli spaghetti a vongole, gli gnocchi, il ragù fatto come diceva De Filippo in Sabato, Domenica e Lunedì, il baccalà, salsicce friarielli, e poi la mozzarella in carrozza e quella alla francese, la differenza? La prima si prepara come i lettori campani di questo sito ben sanno, per l’altra dovrete tagliare alcune spesse fette di mozzarella o fiordilatte del giorno prima, passarle nell’olio, poi nella farina e infine nell’uovo, friggere in olio bollente e condire con sale e pepe. Il menù di Donna Geppina è inesauribile, il sabato e la domenica si lavora tanto con l’asporto, le famiglie del quartiere che hanno lavorato una settimana intera, si affidano tranquille a Clelia e Geppina, sono sicure di mangiare come fosse preparato in casa: ecco allora uscire ruoti di pasta al forno, lasagne, gnocchi, spaghetti a vongole, polpettoni, alici fritte, fritture di gamberi e calamari, i contorni di cui sopra e il pane che arriva dai Camaldoli, zona collinare della città nota per la bontà del pane “cafone”.
Dessert tutti fatti in casa da mamma Geppina: tiramisù, pastiera, zuppa inglese e torta di mele. Finché il vicino Teatro Politeama funzionava a pieno regime questo posto era il dopo teatro preferito di tantissimi artisti, da qui sono passati: Gino Bramieri, Ugo Tognazzi, Gigi Proietti, Monica Vitti e tanti altri, poi il teatro è stato venduto e oggi viene utilizzato per spettacoli minori, o prove di altri teatri. Il locale è pieno di foto di artisti in ricordo dell’epoca d’oro, oggi si lavora comunque con la gente di tutti i giorni , immutato entusiasmo, impegno, amore e allegria, gli stessi che tengono insieme Geppina e Peppino sposati da 55 anni.
Parliamo di soldi: per un pasto completo incluso vino della casa spenderete tra i 15 e i 20 euro, un primo e un secondo vi costeranno circa 10 euro, solo un primo 5 euro, secondo e contorno 8 euro. Per il caffè potete scegliere: quello di moka di Donna Geppina, oppure una passeggiata digestiva lungo via Solitaria vi porterà in Piazza Plebiscito a pochi passi dal Caffè Gambrinus. Se poi pensate di passare un Capodanno low cost a Napoli, per cinquanta euro potrete godere di un cenone luculliano fino alle 23,00 e poi via, tutti insieme in piazza Plebiscito.
Dove dormire: La Casetta B&B Via Carlo de Cesare tel. 081406810 – B& B Orsini 46, Via Generale Orsini 46, tel. 081.7643790
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