La Zeppola di Leopoldo, pasticceria per amore e tarallificio per vocazione
Via Foria 212
Tel.081 451166
Dire “Taralli” a Napoli significa dire “Leopoldo”. Del Tarallo classico napoletano – acqua, farina, strutto, pepe e mandorle (queste ultime aggiunte solo agli inizi del 900 come arricchimento della povera ricetta base)- il Tarallificio Leopoldo, da un ventennio anche accorsata Pasticceria con cinque punti vendita sparsi tra Centro, Vomero e Soccavo e 4 take-away dolce salato sparsi tra Campania e Lazio, ha fatto il suo cavallo di battaglia.
La storia inizia con nonno Leopoldo, di mestiere panettiere, e con il suo piccolo esercizio ai Gradini di Santa Barbara, nel centro storico, riforniva una serie di ambulanti. Tra di loro un tal “Fortunato” reso immortale da una canzone di Pino Daniele.
Furtunato tene ‘a rrobba bellä
E pe’ chesto adda alluccà’
E’ na’ vita ca pazzeja
P’è vie ‘e chesta città
Salutä ‘e ffemmënë ‘a ‘ncoppa ‘e barcunë
Viecchië giuvënë e guagliunë
Ce sta chi dice ca è l’anëma ‘e chesta città
Furtunato tenë ‘a rrobba bellä ‘nzogna ‘nzogna
Nun è cchiù commë ‘na vòta
Ma ogne tanto se fa sentì’
Cu chella vocë ca trasë dinto ‘o còrë
E te fa murì’
Cagnanö ‘e ffemmënë
Cagnanö ‘e barcunë
E isso salutä senza penzà’
Napule è commë ‘na vota
Ma nuje dicimmo ca adda cagnà’
Furtunato tenë ‘a rrobba bellä ‘nzogna ‘nzogna.
Oggi Leopoldo, storicamente incastonato nella fila di vetrine e monumentali portali di Via Foria, proprio di fronte a quel gioiello verde che è il Real Orto Botanico, vede al lavoro due generazioni della famiglia Infante: i fratelli Gianni e Patrizio, due dei cinque figli del fondatore, professionalmente cresciuti, dal 1967, nel locale di Via Foria; e i loro figli, rispettivamente, Leopoldo e Nunzia, e Fabio e Marco.
L’azienda è tra le più note della città e tra gli indirizzi più affidabili. I punti vendita si sono moltiplicati negli anni, eppure, come mi spiegano gli Infante, Leopoldo fa della qualità uno dei suoi obiettivi. Anche a costo di essere un pelo più cara.
L’attenzione al cliente è assicurata da un personale formato ad hoc, per la grandissima maggioranza femminile; le materie prime sono attentamente selezionate e, il laboratorio, che fa tre invii programmati dei prodotti agli esercizi sparsi per la città, è centralizzato e sotto il coordinamento di uno dei giovani Infante: Marco.
Tutto quello che non viene consumato, racconta Leopoldo Infante, non va riproposto, né gettato, ma viene raccolto e inviato a comunità che fanno pasti e accoglienza per gli indigenti.
Oggi che l’attività di Pasticceria ha preso il sopravvento sul resto (non si dimentichino gli altri taralli dolci e le paste fresche) i Taralli classici, prodotti in circa 3 quintali per mese, restano la vecchia e intramontabile passione della famiglia.
A rilancio della loro tradizione è dedicato il nuovo brand, Leò, nato nel 2008 come fast food dolce e salato alternativo alla solita pizza al taglio. Qui, insieme a Taralli, Sfogliatelle e Babà, sono disponibili una serie di altri “sfizi tutti rigorosamente monoporzione e confezionati in modo da essere consumabili anche a passeggio” continua Infante. Tutti i componenti della famiglia sono in grado di prepararli con le proprie mani, i Taralli che li hanno resi celebri.
Mentre, però, constatano gli Infante, loro malgrado, la loro vendita è in lento inesorabile declino essendo influenzata dall’impopolarità di ingredienti come lo strutto e legata ad abitudini di consumo rese inattuabili dalla organizzazione delle moderne famiglie (perché “tipicamente conviviale e familiare, e dei week end in casa o in strada” sostiene Infante) non si è esaurita la fame di dolce del popolo napoletano.
Ogni cambio di stagione e ciclo di festività, in città, è sottolineato da una preparazione dolce o salata. Da Leopoldo, allora, oltre a tutte le declinazioni della classica pasticceria napoletana stabilmente presenti nei banconi e nelle vetrine, nell’arco dell’anno, si avvicendano da protagonisti i Taralli, durante l’estate (molto amati negli ultimi anni dai boat people con le bollicine o semplicemente con la birra); gli Struffoli, i Roccocò e gli altri dolciumi tipici, a Natale; le Chiacchiere e il Sanguinaccio, a Carnevale; le torta “Mimosa”, alla festa della donna; e la Colomba artigianale e la Pastiera, a Pasqua.
Senza dimenticare l’amatissima Zeppola di San Giuseppe che in un mesetto e mezzo, di questi tempi, vede uscire dal laboratorio circa 3000 pezzi, tra fritte e al forno, pari a 3 quintali di pasta e quasi 5 di crema pasticcera. E proprio della loro Zeppola, nella versione fritta, che ci concedono la ricetta.
Note:
Non si finisce mai di scoprire. Messami sul web sulle tracce di Fortunato “O’ Tarallaro” (venditore ambulante di taralli), al secolo Fortunato Bisaccia, ho scoperto che non solo gli è stata dedicata da Pino Daniele l’omonima canzone inserita nell’album Terra Mia ma che Massimo Andrei, edito da Tullio Pironti, ha scritto un libro dal titolo “Fortunato. Vita, morte e nessun miracolo di un tarallaro napoletano” e che l’attore Biagio Izzo dedica a questo personaggio che aveva un sorriso per tutti, un accorato ricordo nella prefazione del libro. Resosi famoso e amato girando tutta la città gridando, con il suo cesto di vimini montato su carrozzino per neonati, “Furtunat tene ‘a robba bella ‘Nzogna ‘Nzo”, è entrato nel firmamento di quelle figure del folclore napoletano indimenticabili.
Oggi, anche su Fb, esistono ben due fan club a lui dedicati e sono molti gli articoli che ricordano con affetto come un volto della Napoli pulita.
A lui, che girava per Napoli, d’estate e d’inverno, leggo, con semplici abiti consunti, nella festa di San Giuseppe, che è protettore dei poveri, dei padri di famiglia, degli artigiani, degli operai in genere e dei friggitori, dedico un ricordo.
Ancora una volta, insomma, di palo in frasca: i Taralli ci riportano alla Zeppola, quella di San Giuseppe.
Buon appetito. m.p.
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