Tutti i millesimi e le riserve in una degustazione unica
di Fabio Cimmino
Se un grande rosso non potrà mai essere figlio di un compromesso, un grande Taurasi non potrà mai esserlo a maggior ragione. Un grande vino deve rispettare, tassativamente e rigorosamente, l’anima di un territorio, la diversità dell’annata, lo stile del produttore, l’originalità e la tipicità dell’uva di partenza, la storia e la tradizione di un luogo e della denominazione cui appartiene. Tutto ciò senza mezzi termini e senza limitazioni o condizionamenti. Lo diciamo spesso, lo dimentichiamo altrettanto spesso. Il carattere e l’identità di un vino vengono prima di qualunque altra cosa. Ne sono sempre stato convinto e dopo questa verticale lo sono ancora di più. Maurizio De Simone, enologo, e Sandro Lonardo, produttore, rappresentano un felice e riuscitissimo sodalizio e si sono imposti in poche vendemmie come interpreti di riferimento indiscussi dell’aglianico taurasino. Quello di Contrade di Taurasi è, appunto, un aglianico senza compromessi, un vino che, come ha avuto modo di sottolineare più volte durante la degustazione lo stesso Sandro Lonardo, nasce senza lo stress di dover collocare chi sa quante bottiglie sul mercato e senza l’urgenza di un ritorno economico immediato, garantito o sicuro. Sandro ha iniziato e continua a produrre vino solo ed esclusivamente per far sopravivere la sua grande passione ed è questo il segreto e la forza delle sue scelte. Maurizio De Simone ha da subito rappresentato la persona giusta attraverso cui realizzare i suoi intendimenti. La degustazione dei vini di ieri sera ha avuto luogo alla cieca, la mia valutazione in stelle per ben 3 volte ha toccato i vertici assoluti ed in una ha sfiorato solo di un soffio il massimo riconoscimento. Spesso si dice di un vino "commovente", nella mia esperienza. L’iniziativa si è tenuta al Moses, il nuovo Food&Drinks di Coroglio con vista spettacolare sui Campi Flegrei e Bagnoli: Luciano Pignataro ha messo insieme le annate dalla sua cantina invitando oltre Maurizio e Sandro (che ha integrato il numero di alcune annate come la 1998) con Rosario Barra che ha organizzato logisticamente il tutto, anche Ugo Baldassarre di Tigullio Vino, il presidente Ais Campania Antonio Del Franco e il fratello Raffaele, sommelier, i blogger Adele Chiagano (violamelanzana.blogspot.com) e gli amici del Maiale Ubriaco (www.maialeubriaco.blogspot.com), i giornalisti Enzo Pagliaro, Annalisa Tirrito, Monica Piscitelli e Maristella Di Martino, la sommelier Michela Guadagno. Raramente mi è capitato durante la stessa degustazione di commuovermi in più occasioni davanti a un calice come accaduto questa volta. L’ordine in cui vi propongo le note di degustazione che leggerete è quello seguito durante la serata condotta simpaticamente alla cieca.
1998 *****
Corretto e coerente rispetto a certi
profumi tipici della denominazione. Fruttato maturo ed evoluto. Un sapiente mix di frutta (marasca e prugna essiccata) e fiori (viola). Al palato si fa notare per la carnosità del corpo, il tessuto ancora integro, il finale dinamico e la chiusura lunga. Lo sfogo tannico è il segno di un carattere ancora non del tutto domo. Emozionante la tenuta e la progressione nel bicchiere.
2000 ***
Più alcolico. Ammorbidito da questa sensazione pseudo-calorica risulta più addomesticato senza essere ruffiano. Sicuramente meno spigoloso e più pronto rappresenta inequivocabilmente i limiti del millesimo. In beva.
2000 Riserva ****
Delicato, è decisamente più elegante e complesso del fratellino minore pari annata. Più difficile da afferrare e per questo più intrigante, meno disponibile per certi aspetti. Minerale al naso e sapido al palato dimostra di aver raggiunto già una certa armonia ed un buon equilibrio. Da bere già adesso ed ancora con soddisfazione per i prossimi anni.
2003 ***1/2
Ancora in divenire. Inizialmente ridotto con sensazioni spiccatamente verdi e vegetali. Poi si apre ed abbisogna di ossigeno per offrire il meglio di sè. Anche il tannino appare, forse, meno risolto ed ancora in evoluzione. Il vino ha subito una lunghissima macerazione (4 mesi !!!) ed è stato a partire da quest’annata sperimentato un affinamento in legni dalla stagionatura molto particolare proprio per gestire l’imponente corredo polifenolico estratto con a seguito di questo lungo processo. Da seguire.
2001 *** 1/2
Frutto dolce e spezie. Evoluto, morbido, rotondo ed alcolico al palato. Per me insieme al 2000 il meno caratteriale della serie.
2001 Riserva *****
Più austero e complesso, evidente la nota balsamica e, soprattutto, quella agrumata che qualcuno sottolinea come possa essere considerato un timbro una sorta di marchio di fabbrica del terroir dove nascono le uve aziendali, terreni ricchi di quarzo. Fresco e sapido avrà un’inarrestabile progressione nel bicchiere nel corso della serata.
1999 *****
Di estrema finezza. Sono ancora gli agrumi protagonisti. Qualcuno si affretta nel definirlo "più sottile" a specificare sempre "con riferimento ad un Taurasi…". Sono pienamente d’accordo. Più lunghezza e meno corpo; sono le sfumature a fare la differenza. Un’altra bottiglia commovente. Per chi ne ha da bere e da conservare, per chi non ne ha da cercare e comprare.
Voglio solo aggiungere che concordo, come penso tutto il tavolo di amici, su questa valutazione. Il 1998 ha solo un filo di emozione in più degli altri 5 stelle. Impressionanti lo standard qualitativo della batteria dei sette vini, la tipicità, la mineralità e la freschezza di un Taurasi sofferto, concettuale, ma al tempo stesso semplice e naturale. Un grande vino rosso dalle incredibili possibilità evolutive. Grazie a tutti gli amici per aver voluto condividere questa emozione in un posto emozionante: Napoli è sempre bellissima (l.p.)
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