di Marina Alaimo
Il cuore del centro storico di Napoli è da tempo invaso dai turisti attratti dal fascino che l’antica storia di questi vicoli, unita all’ampia offerta di cibo da strada, e non solo, sanno esercitare sui suoi visitatori. Alcuni siti sono particolarmente frequentati, tanto da avere lunghe code all’ingresso perché ben comunicati e quindi conosciuti. Altri, pur essendo molto più interessanti, non godono della fama che invece meritano. E’ il caso degli scavi archeologici del complesso monumentale di San Lorenzo Maggiore, su in cima a via San Gregorio Armeno ed in prossimità di piazza San Gaetano. Scendendo sotto terra di una decina di metri si ritrova la Neapolis greco romana, con struttura stradale ed edifici molto simili a quelli che oggi godono della luce del sole.
E’ incredibile notare come l’antica strada ipogea, con botteghe e mercato criptoportico, segua la stessa pianta ed offra molti spazi dedicati al cibo da strada. E’ particolarmente affascinante osservare come il periodo greco e quello romano siano parte l’uno dell’altro già nella struttura muraria che alterna blocchi monolitici in tufo giallo del IV sec. a. C. (greci) a opus reticulatum (romano). Verso sud si susseguono le botteghe e, tra le prime che incontriamo, c’è quella del fornaio: il locale è dotato di due ambienti con volta a botte, facciata in opera lateritia, muri perimetrali e tramezzi in opera reticolata.
Il forno è in perfetto stato di conservazione e molto bello a vedersi. Dai resti ritrovati e, considerata l’ampiezza del locale, si ipotizza che non si vendesse solo pane da asporto, ma che si consumasse anche cibo in loco. Poco distante, proprio sotto l’attuale vico Maiorani, un tempo ricco di mulini che sfruttavano il corso del fiume Sebeto, è stato individuato il Vico Pistorius, la via dei pestatori di grano, giunto via mare in grandi quantità dal nord Africa.
Considerato il fatto che in questa parte dell’attuale città ci sia una notevole concentrazione di pizzerie, molte delle quali appartenenti a famiglie storiche, ci piace pensare che la pizza napoletana sia nata qui. In effetti la pizza ha preso forma dalle mani di panificatori che hanno pensato di “ammaccarla” e condirla con pochi elementi, qui disponibili in grandi quantità, per ottenere un pasto povero e completo. Le Tabernae che danno verso sud si uniscono al criptoporticum, il macellum, attraverso un lungo corridoio ad archi laterizi, suddiviso in piccoli ambienti comunicanti, alcuni dei quali dotati di banco inclinato in muratura, con foro al centro, sui quali era esposta la merce.
Molte sono le anfore ritrovate contenenti garum il cui commercio era quasi monopolio esclusivo della penisola iberica, soprattutto della provincia Betica. Sempre seguendo le informazioni deducibili dalla conformazione delle numerosissime anfore rinvenute, materiale idoneo soprattutto all’uso del mercato, si è inteso che il commercio e quindi l’uso del vino abbia seguito le mode del momento. Nel periodo tra il I e II sec. d.C. è in prevalenza locale o proveniente da altre zone campane. Successivamente, intorno al IV e V sec. d. C., si diffonde l’uso di vini pregiati, salati o passiti, importati dalla Grecia e contenuti in anfore fabbricate a Rodi e Creta. L’olio era importato quasi esclusivamente dall’Africa Proconsolare, dalla Tripolitania, e dal Nord Africa.
Insomma, la vivacità del popolo napoletano ha radici antichissime e nobili considerato il fatto che Napoli sia stata una importante città greca dove si parlava greco e percorrere quest’area sotto la bellissima basilica di San Lorenzo è un privilegio esclusivo da non farsi scappare.
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