Napoli, Pizzeria ristorante da Pasqualino. Quasi un secolo di storia del Borgo Loreto tra religiosità popolare e canzoni

Pubblicato in: I vini da non perdere

 

di Giulia Cannada Bartoli

Antica Pizzeria – Ristorante da Pasqualino
Via Santa Maria delle Grazie a Loreto 43-45
Tel.39.081. 26.66.60
Chiuso la domenica
Aperto a pranzo e a cena (8,30 – 16,00; 19,00 – 22,00, a cena pizza e cucina espresso)
Ferie tutto agosto
Carte di credito, bancomat e buoni pasto: si

 

1928, un altro luogo della memoria e  del cuore di Napoli, Borgo Loreto, tra via Galileo Ferraris e Corso Arnaldo Lucci, periferia est, zona industriale della città.

 

Finita la prima  guerra,  durante la quale la famiglia era stata “sfollata” ad Avella, nel 1928 i genitori dell’attuale titolare, Pasquale Gallifuoco e Rosa Cacace aprirono un piccolo locale, Cibi Cotti e fritture, non avendo neanche la licenza per vendere alcolici, a differenza dei  due bar sulla stessa via. Finalmente nel 1931 arriva la licenza, il locale si allarga a pizzeria – ristorante.

Siamo in pieno regime fascista, Papà  Pasquale e mamma Rosa vanno avanti fino agli inizi degli anni ’60, con l’aiuto dei figli più grandi che  subentrano circa 50 anni fa. La zona non fu toccata dagli interventi di risanamento di fine ‘800 e, ancora oggi, l’amministrazione locale non ha fatto grandi  operazioni di restauro. Ci troviamo nella vera Napoli di una volta, con “bassi” più o meno decorosi, bancarelle,  piccole attività e edicole votive ad ogni angolo di strada.

 

 

 

L’ antico borgo Loreto, Buvero ‘O Rito – Borgo Loreto. Buvero, borgo. Prende il nome dall’antica chiesa e dall’Ospedale di S. Maria di Loreto. Ma si potrebbe anche riconoscere nella parola,  il significato di “lo reto”, che sta indietro, fuori le mura della città. Si estende da piazza Guglielmo Pepe al vico Farina a Loreto, quartiere Mercato.

Il Conservatorio di Santa Maria di Loreto era uno dei quattro conservatori napoletani dalla cui  fusione nacque l’attuale Conservatorio di San Pietro a Majella. Si trovava su Via Marina, un tempo fuori le mura della città di Napoli, dove oggi é ubicato l’omonimo ospedale. Nel cortile dell’attuale ospedale vi è ancora  un incisione su di un arco che recita: “ad Apollo ad Esculapio or Sacro”. Assieme alle altre tre scuole di musica, tale istituto fu, tra il XVII e XVIII secolo,  il fulcro della gloriosa scuola musicale napoletana. Era il più antico conservatorio napoletano. Nel 1535 Maestro Francesco, un semplice artigiano, costruì una cappella nei pressi della Chiesa di Santa Maria di Loreto al fine di aiutare e raccogliere elemosine per i bambini orfani e poveri. La chiesa e l’orfanatrofio di S. Maria di Loreto, nascono nella seconda metà del Cinquecento, in una  Napoli agonizzante, immersa in una povertà drammatica, governata con pugno di ferro e totale assenza di interesse sociale della Spagna. Ci troviamo (oggi non c’è più nulla) all’esterno della mura, fra la chiesa del Carmine e Porta Nolana, alla cui ombra si tiene ancora oggi il rumoroso mercato del pesce, sullo sfondo la cappella della Madonna del Loreto eretta da un gruppo di pescatori che, secondo la leggenda, erano stati salvati dal mare in tempesta grazie all’apparizione della Vergine.

La chiusura del Santa Maria di Loreto avviene alla fine del Settecento, nel 1797, per mano di Ferdinando IV di Borbone. Fra i principali allievi e maestri dell’Istituto si possono annoverare Francesco Provenzale, Alessandro Scarlatti, Francesco Durante, Niccolò Porpora, Antonio Sacchini, Fedele Fenaroli e Nicola Fiorenza. Non esistono immagini del conservatorio e della cappella, in quanto furono rasi al suolo durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale.

Torniamo al locale dei Gallifuoco che  si trova all’angolo con Corso Arnaldo Lucci e con Via S. Cosmo fuori Porta Nolana, al limite del  quartiere Mercato. Nel dedalo di vie e vicoli di Borgo Loreto, a poca distanza da Via Santa Maria Delle Grazie, troviamo Via Padre Ludovico da Casoria, che in sé, per i giovani o per i turisti non vuol dire nulla, ma, per la Napoli popolare,  dagli anni ’60 al 2006, ha un significato preciso: qui nacque il cantante, padre della sceneggiata Napoletana, Mario Merola.

 

La sua attività artistica non si è limitata all’interpretazione vocale di brani del repertorio della Canzone Classica Napoletana, ma ha anche giocato un ruolo nella rivalutazione del genere musicale-teatrale della sceneggiata (di cui è considerato il Re), in auge ai primi del Novecento. L’artista ha affollato palchi e cinema per oltre un cinquantennio in Italia e all’estero, consacrando una serie di indimenticabili brani e personaggi, tra i quali “ ‘O Zappatore”.

Mario Merola, dopo un’intensa attività è deceduto nel novembre del 2006, rimane però  vivo il suo ricordo, nel cuore della Napoli  popolare di quegli anni, in quello degli abitanti  del Borgo e del Mercato, padre putativo della canzone neomelodica odierna.

Via Santa Maria delle Grazie a Loreto 43, continua il racconto di Giovanni Gallifuoco: oggi il locale conta circa 80 coperti, con sale climatizzate; allora, quando la nonna di Giovanni sposò un grossista di vino del vesuviano e ne rimase presto vedova,  aprì una piccola mescita in Via Padre Ludovico da Casoria, dopo qualche anno, il figlio Pasquale si spostò nel in 20 mq a Santa Maria delle Grazie. Nel 1931 gli affari si allargarono con una seconda saletta ed il lavoro dei figli, Marco, Giovanni e Fiorinda. Nel 1966 Giovanni originario del borgo, conosce Annamaria Mazzotta, figlia di commercianti in Piazza Guglielmo Pepe  e la sposa.

Dal matrimonio nascono quattro figlie femmine, per la felicità di papà Giovanni: Rosa, Lella e le due gemelle Fiorinda, per tutti Linda, e Angela. Da “Pasqualino” si comincia all’alba: Rosario arriva alle 6,30, accende il forno e comincia a impastare, verso le 7,30 arriva Giovanni, apre la vetrina della frittura e dei dolci e comincia a sfornare pasticciotti crema e amarena, taralli dolci e sfoglie al cioccolato.

 

 

Si sa, ai napoletani veraci  la colazione piace salata, un oretta dopo il primo caffè, ci può stare, un rustico ricotta e salame, una bella pizza fritta o, un bel pezzo di mozzarella in carrozza.

 

 

La  zona pizzeria –  friggitoria occupa la vetrina esterna, il piano di sopra accoglie  il grande bancone del cucinato, il forno delle pizze  e una saletta di 20 posti, tovagliato di carta e bicchieri da osteria.

L’ampia cucina e la sala più grande sono al piano di sotto. Un porta vivande sale e scende freneticamente tra i due livelli, insieme con le voci di tutta la famiglia Gallifuoco che comunica, più o meno “strillando”, da un “reparto all’altro. Qui funziona moltissimo l’asporto, data la vicinanza con via Galileo Ferraris e Corso Arnaldo Lucci, ma, tra le 13,30  e le 15,00, al caos telefonico e di fila per l’asporto, si aggiungono numerosissime tavolate di colleghi, tutti clienti abituali. Il servizio è pulito e super informale, il cliente va al banco ordina e porta a tavola il proprio piatto, passando per lo scaffale  ritira posate e tovaglioli; le bibite sono nel frigo, il fantastico pane dei paesi vesuviani viene servito dal personale.

Verso le 11,30 la cucina comincia a sfornare contorni a go, go, dalle 12,00 in poi è tutto un susseguirsi di sette, otto primi piatti, cinque, o, sei secondi e i piatti unici come la gloriosa parmigiana di melanzane. Intanto dalla vetrina della friggitoria viene fuori una montagna di paste cresciute.

 

 

La parmigiana, come molto di tutto il cucinato ha anche un’altra destinazione: la classica “marenna” napoletana preparata con le farcie più disparate.

Veniamo ai primi piatti: si cambia ogni giorno, pasta al forno alla siciliana, verze e riso, casarecce ai carciofi, gnocchi alla sorrentina, ricci salsa e ricotta, penne al pomodoro, puttanesca, pasta e cavoli con la provola, pasta e patate, pasta e fagioli, lasagna a carnevale, ragù, genovese e gattò di patate. Ancora, fagioli e scarole, sartù di riso rosso, minestrone e frittata di maccheroni. A proposito di pasta, Giovanni racconta che papà Pasquale dagli anni’30 fino alla fine degli anni ’50, aveva la postazione vicino la friggitoria con i pentoloni per fare il mitico “roje ‘e maccarun”  (pasta con solo pomodoro bollito cacio e pepe) che la gente mangiava lì davanti, in piedi e spesso con le mani.

La solidarietà di quartiere è molto forte nel Borgo e Giovanni non nega mai un piatto caldo a chi ha fame.

 

 

 

 

Anche i secondi ruotano per stagione e per varietà, due volte la settimana si prepara pesce: “purpo o stocco” in cassuola, pesci al forno o, alla griglia, baccalà fritto, linguine ai frutti di mare, o, con i polpi.

Per la rimanente parte della settimana, la carne la fa da padrona: polpette fritte e al sugo, cotolette di carne e di pollo, salsicce e friarielli, scaloppine, roastbeef, spezzatino con piselli, carne del ragù, o, della genovese, costatine di maiale con le papaccelle napoletane.

 

 

 

 

 

 

Tra i contorni, non mancano le verdure lesse:

Immancabile la mozzarella dall’ agro aversano, a solo, o in versione caprese

Almeno una volta la settimana, Giovanni inserisce un piatto della vecchia tradizione napoletana: “’a zuppa ‘e carna cotta, ‘a zuppa ‘e suffritto fatta in casa, ‘a zuppa ‘e fasule ‘a maruzzara. Il vino della casa arriva dalle zone vesuviane, non manca qualche buona etichetta campana su richiesta.

Sono tanti gli artisti e personaggi della canzone e del teatro napoletano passati di qui, in primis Mario Merola, i fratelli Giuffrè, Sergio Bruni, che amava arrivare tardi dopo lo spettacolo e mangiare la pizza calda in piedi “all’erta, all’erta” come ai tempi della pizza a”libretto”. L’allegria e la spontaneità che si respirano da Pasqualino sono contagiose, impossibile restare indifferenti, meglio scegliere un locale per tristi impiegati; ma volete mettere la soddisfazione, di mangiare pulito, saporito, come a casa, facendo due chiacchiere spensierate con qualcuno,  lasciandosi coccolare da Giovanni, Annamaria, Linda, Lella e Angela, sempre pronte alla risata o alla battuta del momento. Qui le donne dettano legge, sono in maggioranza, Annamaria, Lella, Angela e Linda e quando è il momento non sono “dolci di sale”. Tutte queste cose che non hanno prezzo… a proposito di quattrini: niente coperto, in media 3  euro per pizza fritta, margherita o marinara, 1 euro i rustici, 2 ,00 euro la mozzarella in carrozza,   1,50 euro per  i dolci .3,50 euro  per i primi, 3,00 euro per i secondi ordinari, ( 4 , 5,00 per  roastbeef, ragù, genovese), 2,50 per i contorni, 4 euro la caprese; 0,50 la minerale piccola, 1 euro le bibite e la bottiglia di vino da 33 cc; 2,50 per il vino della casa da 3/4.  A carnevale la lasagna 4,00 euro, ma qui è sempre Carnevale a conti fatti non arrivate a 13 euro, questo grazie alla fatica di 16 ore al giorno di tutta la famiglia capeggiata da Giovanni Gallifuoco, per la quale le parole “altro”, “solidarietà” e sorriso hanno ancora un significato profondo.

 


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