di Monica Piscitelli
Napoli è una città amata dai bibliofili. A costoro, attenti osservatori della storia, sembra non sfuggire l’importanza capitale avuta dalla città nel passato.
L’atmosfera animata e sgangherata che ne caratterizza il centro storico alimenta il fiorire di ricerche e divagazioni consumate tra i banchetti carichi di volumi delle librerie antiquarie e d’occasione.
Ne fa un dettagliato elenco, fra i tanti, Claudio Maria Messina che, nella sua “Guida ragionata alle librerie antiquarie e d’occasione d’Italia”, ne descrive alcune molto antiche – Cassitto, Guida, Berisio, Regina, Lombardi e Narciso – note in tutta Italia, mostrando come la gran parte di esse si concentrino nel centro storico e, in particolare, a Port’Alba.
In quel segmento di strada lastricata di basoli di pietra lavica che collega piazza Dante a Piazza Bellini, il libro esercita un misterioso potere magnetico: è quasi impossibile passare di là, tirare un’occhiata pure distratta, senza andar via con un sorriso soddisfatto e un libro sottobraccio.
E’ questo, da sempre, l’indirizzo giusto per trovare libri antichi, vecchi, esauriti e rari o semplicemente testi scolastici. Non c’è intellettuale, accademico, ricercatore e studente che almeno una volta non abbia varcato la soglia di una di queste librerie per chiedere di un titolo o di un autore.
L’eccitazione provocata dalla abbuffata culturale puntualmente finisce per stimolare l’appetito. Il costante profumo della pizza appena sfornata attanaglia lo stomaco e il richiamo di una voce tirata da dietro una vetrinetta appannata dal vapore delle pietanze calde, fiinisce per essere irresistibile. Alzato lo sguardo oltre i volumi ci vuol poco ad accorgersi che un boccone da consumare su due piedi è a un tiro di schioppo.
La pizza piegata a “libretto”, qui, porta un nome: Ristorante Pizzeria Port’Alba.
“Avremmo potuto eliminarlo da tempo, ma la Pizzeria Port’Alba non sarebbe più la Pizzeria Port’Alba se non ci fosse più quella vetrina lì fuori” mi racconta il titolare Gennaro Luciano. “Ci sono passati, a mangiarla – continua – i nostri clienti da studenti, e oggi tornano con i nipotini”.
Questo locale, tutto sommato un po’ defilato nonostante la presenza di una dozzina di tavoli all’esterno, a Napoli, è conosciuto come la più antica Pizzeria della città. Sembra che nel ricostruire la sua storia si arrivi addirittura al lontano 1738.
A quel tempo la pizza non era ancora servita a tavola e perfino neanche in tranci al pubblico. Come racconta Gabriele Benincasa in “La Pizza napoletana. Mito, storia e poesia”, erano i forni, i laboratori, a preparare le pizze per rifornire solo e unicamente gli ambulanti che, con le loro “stufe” (antico recipiente cilindrico in rame stagnato per la consegna delle pizze), giravano a piedi, in lungo e in largo il centro, tornando di continuo per rifornirsi.
Solo sul finire del Settecento questi esercizi che non aveva più che un forno, un banco per impastare e un piano per l’appoggio delle stufe, lentamente cominciarono a fornirsi di tavoli di marmo e panche per gli avventori. Ai primi dell’Ottocento, lentamente, quei laboratori si trasformarono in poche (28, scrive Benincasa) arrangiate pizzerie.
E’ questo, pressappoco, anche il percorso della Pizzeria Port’Alba che nasce, secondo Benincasa, alcuni anni prima, dunque, di altre due note antiche pizzerie: quella di Porta San Gennaro dei Capasso e quella di Via Sant’Anna di Palazzo di Giovanni Calicchio, oggi meglio conosciuta come Brandi.
A dare il nome al locale, è la porta (da popolo chiamata delle “Sciuscelle” per la presenza, anticamente, di un albero di “Carrube”) di attraversamento della cinta muraria angiona, porta costruita nel 1625 e dedicata, appunto, al Duca di Toledo Don Antonio Alvarez, discendente del famoso viceré al quale si deve la creazione di Via Toledo, l’asse viario che all’epoca andò a collegare il centro con la zona nella quale alloggiavano le truppe spagnole (da cui il nome dei Quartieri).
Sono pochi i dettagli a ricordare la storia incredibile di questo locale che sembra sia stato frequentato, da studenti, da Francesco Crispi e Antonio Cardarelli; da Benedetto Croce e ancora da Salvatore Di Giacomo, spesso accompagnato da un inguantato ed elegantissimo Gabriele D’Annunzio, dall’immancabile bianca bianca all’occhiello.
Per la sua posizione, dunque, la Pizzeria Port’Alba, divenuta anche Ristorante negli anni Cinquanta, ha sempre visto un gran andirivieni di persone e celebrità.
Si racconta (sebbene fonti più accreditate propendano per un’altra versione) che, proprio seduto ai suoi tavoli di marmo, D’Annunzio abbia composto i versi di “A’ Vucchella” che, comparsi su Il Mattino del 7 settembre 1903, sarebbero diventati celebri come versi della famosa canzone musicata da Francesco Paolo Tosti.
Nel 1830, comunque, il locale era già quello che è oggi: il forno e la cucina al piano terra, e una serie di sale accoglienti, e tranquille, al piano superiore.
Le origini di questa pizzeria, sono legate al nome dei D’Ambrosio. Francesco prima e Gennaro poi, entrambi appartenenti a questa famiglia di pizzaioli, portarono avanti il locale fino a che, negli anni Quaranta non gli subentrò Vincenzo Luciano, la cui famiglia aveva, tramite un matrimonio, intrecciato il proprio destino con quello dei fondatori. Il signor Vincenzo, padre dell’attuale proprietario, Gennaro, dopo aver per alcuni affiancato lo zio Gennaro nella gestione del locale, lo rilevò affiancandolo ai tre suoi: al Pallonetto di Santa Lucia, a Via Luca Giordano e Via Ponte di Tappia.
Di questi nessuno ha avuto un seguito essendo stati sostituiti, nel 1965, dal secondo esercizio di famiglia: quello di Via Saverio Altamura, locale nel quale Gennaro, oggi, si alterna con il fratello Raffaele e il cognato Luigi.
Pizzaiolo e uomo d’affari, Vincenzo ha seguito con passione, accanto al figlio, il locale fino al 2003, anno in cui è scomparso, preparando il personale e la cucina, che rappresenta una parte significativa della attività, a fronteggiare un pubblico internazionale.
Non di meno il locale rimane legato alla tradizione culinaria della città, marinara in particolare. Tra le pizze, oltre a quelle classiche (se non baderete alle pizze “moderne” che, nonostante ogni tentativo di contenimento, vedono il proliferare delle patatine fritte, del mais e della panna) potrete scoprire le Pizze alla Luciano (con cicinielli – bianchetti -e vongole) o con Filetti di alici fresche.
Oppure potrete ordinare una Siciliana (con pomodoro, capperi, olive nere e acciughe), una Doc (con Mozzarella di Bufala, basilico, pomodoro e olio a crudo) o un Calzone Ripieno. Davvero buoni i crocchè di patate e la fritturina in generale.
Al ristorante, potrete approfittare del banco del pesce fresco che fa bella mostra di sé all’ingresso; dei Paccheri, degli Scialatielli e delle Pappardelle servite con Ragù napoletano, alla Genovese o alla Santa Lucia (con frutti di mare e un intero filetto di pesce fresco) e, infine, dei molti contorni, a base di verdure, disponibili. Il locale dispone di una piccola ma ben assortita carta dei vini, con un’attenzione alle etichette campane. Pizza e birra (per lo più nazionale) mediamente 13 euro, servizio incluso. Al ristorante: 35 euro vini esclusi.
Antica Pizzeria e Ristorante Port’alba
Via Port’Alba n.18
tel: 081 459713
www.anticapizzeriaristoranteportalba.com
Antica Pizzeria Port’Alba di Luciano Gennaro
Via Saverio Altamura, 21
80128 Napoli
081 5798016
Dai un'occhiata anche a:
- La Piedigrotta a Varese: Krug e pizze ultracreative
- Pizzeria Giallo Datterino a Villaricca, dalle pizze ai fritti è un locale imperdibile
- Castelvenere/Telese Terme (Sannio) – La Pineta: la verace pizza napoletana di Umberto Mauriello nella cittadina termale
- Pizzeria Esagerat, stile napoletano a Cervinara (AV) nella Valle Caudina
- Maturo Pizzeria a Napoli: le diverse facce della pizza in un unico menù
- Milena Natale, la prima pizzaiola di Caserta apre Verdevasinicola
- Recensione della pizza all’Ananas di Sorbillo: uno spicchio è lo sfizio e può bastare
- Die’ Gustibus pizzeria a Baronissi di Diego Ciraudo