di Monica Piscitelli
Napoli è una grande pizzeria rumorosa e sovraffollata. La città ha con la pizza un rapporto simbiotico, come con il caffè. “Prendiamoci un caffè” o “andiamoci a mangiare una pizza” hanno lo stesso significato: niente di più e niente di meno che “vediamoci e facciamoci due chiacchiere”. Non a caso, entrambe sono spesso consumate in piedi come break fugace: il caffè a mo’ di carburante per combattere la stanchezza o come pretesto per fumare una sigaretta, la pizza, piegata “a fazzoletto” nella carta, come spezzafame tra un appuntamento e l’altro. Osservando bene la mappa delle pizzerie della città, quelle più antiche o con più solida tradizione sono collocate nel cuore dei quartieri più popolari. Perfino quando sembra che apparentemente qualche locale sfugga a questa regola, basta spingersi un pò più in là con lo sguardo per rendersi conto che un quartiere del genere è a un passo e ne è il bacino di utenza. Al Pallonetto di Santa Lucia, ai Quartieri, sui Decumani, al Vasto, o a ridosso di essi, le pizzerie fanno manbassa, crescono e si moltiplicano.
La fame di pizza dei loro abitanti non si esaurisce mai. Tartassano il locale sotto casa con le richieste di asporto o con le scampanellate che anticipano una “calata di paniere” con la quale prelevano i cartocci fumanti.
Il popolo napoletano è un’unica grande bocca, grande come un buco nero. Si comincia al mattino, ormai per lo più nel week end, con la pizza fritta. Molti abitanti dei bassi (case e locali con diretto affaccio sulla strada) si sono storicamente improvvisati pizzaioli e pizzaiole semplicemente aprendo il proprio locale davanti casa. Bastava tirare fuori un tavolo, delle ciotole con gli ingredienti, un pentolone con l’olio bollente e, voilà: la pizza fritta del sabato e della domenica aiutava a raggranellare qualche soldo per tirare avanti la famiglia.
“Cinque margherite, tre crocchè, due arancini e due birre” ordinano, poi, la sera, al telefono. Gli apparecchi delle pizzerie fumano, i motorini per la consegna delle pizze sfrecciano all’impazzata e le file davanti al bancone per ritirare la propria ordinazione o per sedersi, crescono a dismisura. C’è chi arriva a rubare per assicurarsi la sua pizza. E’ accaduto un paio di anni fa a Ernesto Fico, pizzaiolo e imprenditore che nel 2006 ha aperto con la moglie Rita a Via Santi Apostoli – a un passo dal Museo Diocesano e dall’edificio della Curia – la sua pizzeria Donna Regina. Siamo nel cuore di Napoli, un cuore che a volte fa strani scherzi.
Un suo collaboratore parte con il motorino con l’ordinazione di una signora del centro e torna senza pizze. Tutto regolare. O almeno finchè la signora non chiama: “Arrivano o no queste pizze?”. Si scoprirà che i due che hanno fermato il pizzaiolo sotto casa della cliente non erano della famiglia, ma due lestofanti che hanno cosi’ messo a segno un colpo goloso e che ancora ha dell’inspiegabile.
I ritagli della pagina di cronaca che ha riportato la notizia sono esposti nel piccolo locale nel quale ho fatto un salto nei giorni scorsi, uno dei più recenti della zona nei pressi della popolarissima via Tribunali. 60 posti dove Ernesto lavora tra la cassa, la cucina e il banco della pizza dove è coadiuvato da uno dei vecchi pizzaioli del suo La Residenziale 2, il locale con il quale ha iniziato la sua avventura, a San Giorgio a Cremano. Era il 1988.
Donna Regina è una di quelle pizzerie collocate in un luogo strategico, come si diceva all’inizio. Una vetrinetta con dentro crocchè, arancini, frittatine, pizze a fazzoletto, fritatta di maccheroni e altri sfizi di rosticceria, sul Decumano Superiore, oggi Via Santi Apostoli, sono un invito irresistibile. Una volta dentro si potrà scegliere di consumare una delle pizze Tradizionali o una delle Specialità, tra le quali la pizza di casa, Donna Regina, con pomodorini, rucola e fiordilatte. Tra un sorso di birra e un fritto (molto intrigante la suddetta classica frittata di maccheroni, ricetta di casa che in pochissimi ristoratori propongono), Ernesto Fico vi racconterà della sua esperienza nel carcere di Nisida, quella che lo ha portato a far “lezione sulla pizza” (e a far pizze per tutti) con suo figlio ai ragazzi reclusi, nell’ambito di un progetto formativo dalla associazione Scugnizzi di Napoli.
In tre mesi i ragazzi hanno imparato a fare la pizza o, per meglio dire “a farsi incuriosire dal mestiere” racconta Fico. Fare la pizza, per un gruppo ristretto di loro, il più motivato, è diventato un diversivo alla noia e alla disperazione dei giorni sempre uguali del penitenziario e, per due di essi, perfino un ponte permanentemente lanciato sul mondo esterno: da alcuni mesi escono tutti i giorni per fare la pizza in una pizzeria vera in città. La pizza, l’apprendimento di un mestiere antico e vero, sono al centro del loro percorso di recupero. Una buona notizia, insomma, che ci fa dire davvero: “dove c’è pizza c’è speranza”.
Pizzeria Donna Regina
Via S.S. Apostoli n°, 4
tel. 081 442 1511
www.pizzeriadonnaregina.it
Dai un'occhiata anche a:
- Matteo Muscolo, la pizzeria per solo otto persone a sera è in Calabria e costa 70 euro!
- Un padellino a Bologna. In via Zamboni 24 arriva la pizza abruzzese che ha conquistato New York e Dubai
- Un percorso di pizza Vegan Special ad Aversa ma anche a Napoli da Isabella De Cham
- Pizzeria Guakamaya nel centro storico di Isernia, da un’idea di Carlo Tamburro
- Al Borgo Pizzeria Gourmet a Roccabascerana (AV), il km0 tra Sannio ed Irpinia
- Vincenzo Durante: l’uomo della pizza fritta di Forcella, apre un nuovo locale a pochi passi da 1947 Pizza Fritta
- Berberè, il brand di pizze da lievito madre vivo continua a investire su Firenze
- Donna Brigida Pizza e Cucina Vesuviana a Cercola: il Vesuvio a tavola