Napoli, pizzeria Da Carminiello: il volto bello da scoprire a Secondigliano
Secondigliano, a Napoli, è un nome che fa tremare i polsi. Qualcuno non lo pronuncia per l'intera sua esistenza per allontanarne lo spettro. Poco male: qualora anche lo facesse, non avrebbe molto da dire sull'argomento, pena il tirar fuori una serie di luoghi comuni.
Bastano pochi click, nel web, per rendersi conto del motivo per il quale Secondigliano gode di una brutta fama, ma probabilmente non basta tutta la vita per riscoprirne l'anima più genuina.
No, indubbiamente Secondigliano non è un quartiere per signorine o per chi vuol percorrere la sua vita in discesa.
Eppure un osservatore attento, non può, ad esempio, non interrogarsi sul suo passato di fronte alla bellezza di alcuni edifici dai portali monumentali disposti lungo il Corso che punta all'entroterra nord di Napoli.
Tutto quello che c'è da sapere su questo quartiere popoloso a ridosso dell'aeroporto internazionale di Capodichino, è oggetto di un Wiki di sconfortante chiarezza: il controllo sul quartiere da parte della criminalità organizzata, la guerra sanguinaria del quale esso è stato teatro all'alba di questo millennio, i progetti di edilizia popolare culminati nella realizzazione della 167 con le sue “vele”, carceri senza sbarre dai quali è montato il vento distruttivo del degrado.
Ce n'è a sufficienza per metterci una croce sopra con il pennarello indelebile. Occorre fare, allora, una distinzione, innanzitutto, tra la parte più antica, che si sviluppa intorno al Corso e quella moderna più a nord ovest.
La Secondigliano di oggi, a guardarla, somiglia più ai brutti edifici anni cinquanta, e soprattutto sessanta, che ne rappresentano l'immagine moderna e preponderante, che a quello che doveva essere: una salubre località di villeggiatura. Ma il ricordo di quest'ultima, vivo nella mente degli anziani, basta a concludere che quella immagine non la rappresenta fino in fondo.
C'è stato un tempo in cui del Casale di Secondigliano – nome che deriva con buona probabilità dalla contrazione di “secundo miglio” (quello della via atellana: antica arteria campana che congiungeva Capua con Atella e Napoli passando per Capodichino-Secondigliano) – si parlava solo in bene: per la sua fertilità, per le eccellenti sete prodotte e filate sul posto, per i prodotti della terra che rifornivano la città (grano, verdure, frutta e anche vino, sebbene modesto) e perfino per il lino e la canapa di eccellente qualità che, insieme alla seta, alimentavano un fiorente commercio.
La stella della zona si è appannata negli anni Venti, quando essa è diventata parte della indistinta periferia di Napoli, città alla quale ha pagato un prezzo altissimo: assorbire in silenzio metri e metri cubi di cemento e seppellirci dentro una varia umanità, umanità che è diventata, poi, sempre meno varia e, per questa ragione, sempre più difficile da gestire.
E' questa una delle molte verità da scoprire a Secondigliano. Un'altra ci porta diritti in pizzeria.
Arrivati a metà del Corso Secondigliano, una spoglia insegna in marmo bianco incisa con caratteri di sapore gotico annuncia di essere arrivati “Da Carminiello”.
Sulla soglia, fa bella mostra di sé una vetrinetta zeppa dei classici fritti napoletani serviti a tutte le ore nei coppi o ai tavoli di marmo come antipasto. Poco più dentro, sul banco che è stato del padre Luigi prima di loro, Vincenzo e Maria De Lucia lavorano gomito a gomito: lei alla pizza fritta e lui a quelle al forno. Di fronte a loro, la sorella Anna, dalla cassa, dà disposizioni al personale di sala composto da alcuni membri della famiglia e qualche collaboratore.
A partire da questo gruppo simpatico, garbato ed affiatato, per finire con la pizza fragrante e profumata, ricca di ingredienti ben scelti, questa pizzeria custodisce un tesoro goloso e umano tale da rappresentare una delle facce più raggianti del quartiere e senza ombra di dubbio un motivo validissimo per andare ad esplorarlo.
E' una Napoli bella e perbene, fatta di famiglie e di giovani, quella che siede ai tavoli della pizzeria Da Carminiello, locale il cui stile familiare e lindo è dettato da un non so che di dolce e intenso che brilla negli occhi dei fratelli De Lucia e che apparteneva al padre Luigi che osservo in un ritratto pubblicato in uno dei rari articoli dedicati al locale affissi alla parete.
Le origini della Pizzeria risalgono al 1910, quando Carmine De Lucia (prozio dei proprietari odierni), decise, lasciando il quartiere Fuorigrotta, di mettersi a vendere con un carrettino fritti vari e verdura in pastella in quella che all'epoca era una tranquilla e amena località per vacanze: Secondigliano.
Bisogna attendere l'avvento di Luigi De Lucia, con sua moglie Ida Balsamo e il fratello di lei Francesco, però, affinché il locale assuma i connotati attuali: prima il forno e quattro tavoli, poi gli attuali 70 posti a sedere.
Pizzaiolo vecchia maniera, Luigi, scomparso nel 2007, è stato un vero personaggio del folclore napoletano, ricordato con affetto dai clienti per la assoluta dedizione al lavoro e per il suo vivo fervore religioso.
“Papà aveva un altarino qui dietro – racconta Vincenzo indicando il retrobottega – dove si raccoglieva in preghiera e di fronte al quale invocava la benedizione del Signore per la pasta”. “Ogni mattina – continua – preparava 41 porzioni di pasta dalle quali ricavava i primi fritti della giornata. 41, non una di più, né una di meno, perché per lui questo numero rappresentava la somma di 8, numero della Madonna, e 33 gli anni di Cristo” conclude Vincenzo. Ancora oggi, gli fanno eco le sorelle, da Carminiello, la mattina si inizia con 41 pezzi. Poi si va avanti.
Tra le specialità, senza dubbio, ci sono i fritti e in particolar modo le “paste cresciute”, i crocchè e “scagliuozzi” di polenta. Tra le pizze, oltre quella “a Portafogli” in vendita in vetrina per 1 euro, potrete scegliere tra quelle tradizionalissime come la Margherita, il Ripieno al forno e la Pizza fritta e alcune piacevoli interpretazioni della casa: la Pizza “Vesuvio”, un ricco ripieno a forma di vulcano e la “Crudaiola” con, tra l'altro, ciliegie di mozzarella di bufala, pomodori e rucola. Pizza e birra 7 euro mediamente.
Da Carminiello
Corso Secondigliano, 350
Napoli
tel. 081.7540037
Chiusa la domenica (tutti i giorni dalle 16,30 alle 18,00).
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