Osteria da Vittorio dal 1957
Via S. Maria della Neve 3
Tel.081.0323700 – mob. 340.80 82 392
Aperto a pranzo e cena ( 12:00- 15,30; 19,00 -23,30)
Chiuso: lunedì
Ferie: assenti
Asporto :si
c/credito – bancomat:si
Vittorio D’Orsi, classe 1941, intraprendente commerciante e produttore di vini di Palma Campania nel ‘vesuviano’, si trasferì a Napoli, dove suo fratello Francesco, detto Ciccio, aveva già una cantina ‘ ‘ncopp ‘e quartieri’ (ai quartieri Spagnoli). Dopo qualche anno decise di mettersi in proprio. Nel 1957 apre una mescita con vini e cucina a Via S. Maria La Neve, una strada del dedalo di vicoli alle spalle della Riviera di Chiaia, non toccata dagli interventi di bonifica e ammodernamento della Legge sul Risanamento; vi si accede appunto dalla Riviera di Chiaia, sulla sinistra. A destra si prosegue per Salita San Filippo che oggi collega la Riviera di Chiaia con Via Andrea D’Isernia e il Corso Vittorio Emanuele. Inizialmente Via S. Maria La Neve fu concepita, insieme all’Arco Mirelli, come via di collegamento tra la città bassa e quella alta; nell’immediato dopoguerra le zone limitrofe di Via Michelangelo Schipa e Via Francesco Giordani erano uno spazio totalmente verde con qualche villa o casale, poi completamente urbanizzato a seguito dei piani speculativi dell’amministrazione Lauro che eliminarono moltissime zone verdi ed agricole. Il fenomeno è documentato dall’indimenticabile capolavoro del regista Franco Rosi, “ Mani sulla Città” del 1963.
Ancora oggi, sia Via S. Maria La Neve, che Salita San Filippo sono caratterizzate, oltre che dall’edilizia di tipo popolare, dai cd. “bassi” abitazioni a fronte strada occupate da ceti sociali disagiati, ai quali si alternano numerose edicole votive, testimonianza della religiosità tipica di queste zone della città.
Poco è rimasto della zona com’era in quegli anni: alla sinistra dell’accesso a Via S.Maria La Neve, sorge l’omonima chiesa originaria del 1571 con annessa una torre per difendersi dai Saraceni; da qui l’appellativo odierno di ‘Torretta’a tutta la zona. Sulla destra c’è la storica bottega di fruttivendola di Nicolina, oggi portata avanti dai suoi figli, poco più in là al civico 61 della Riviera di Chiaia c’è l’antica Pasticceria Leone dal 1956.
Vittorio verso la fine degli anni ‘50 andava e veniva continuamente dai paesi vesuviani, dove si approvvigionava di vini e prodotti della campagna; a San Gennaro Vesuviano, agli inizi degli anni ’60 conosce Maria Nunziata, i due s’innamorano e si sposano nel 1964 trasferendosi definitivamente a Napoli. Maria comincia a lavorare con Vittorio, soprattutto per la parte del cucinato, i semplici piatti tradizionali di quegli anni: la pasta e fagioli, la zuppa di soffritto, la trippa e poco altro. Nel 1968 nasce Vincenzo, oggi titolare di fatto dell’osteria.
Nel 1975 all’attività di mescita e cucina si aggiunge la salumeria, molto nota nel quartiere per la bontà della rosticceria e del cucinato; la salumeria era un punto di riferimento sicuro per gli abitanti della zona perché non chiudeva mai, neanche il giovedì. Quando raramente papà Vittorio decideva di portare in gita la famiglia, affiggeva un cartello alla saracinesca : “oggi questo locale è chiuso per divertimento”. L’attività rimane aperta fino al febbraio 2012, quando Vittorio e Maria , forti delle esperienze passate, pensando al futuro dei figli e nipoti decidono di puntare soltanto sull’osteria. Così dopo accurati e faticosi lavori eseguiti interamente da Vincenzo in ogni dettaglio, si apre a fine estate del 2012.
La connotazione di tipo popolare della zona non influisce affatto sugli affari dell’Osteria frequentata, a ora di pranzo da impiegati e operai della zona e la sera dalla Napoli ‘bene’ della Riviera di Chiaia, Posillipo e zone limitrofe. L’atmosfera è semplice e accurata: tutto in legno, pareti di pietra, camino funzionante, oggetti di rame e ferro battuto ovunque, bicchieri e caraffe classici da osteria, tovaglietta di carta bianca e rossa a quadretti. Circa sessanta coperti, con climatizzazione in estate.
Il locale era una vecchia stalla con posti per quattro cavalli alle spalle dei palazzi nobiliari della Riviera di Chiaia. Durante i lavori in conservativo infatti, Vincenzo ha lasciato a vista i ganci per legare gli animali.
Il nostro oste ha voluto riprodurre alcuni angoli della vecchia Napoli, come il famoso balcone di Eduardo de Filippo, dove dopo pranzo, sorseggiava il caffè fatto con la ‘napoletana’, spiegando al suo dirimpettaio tutti i segreti per ottenere un ottimo caffè. Probabilmente quello stesso balcone nella zona dei Ventaglieri, da dove un signore, fumando una sigaretta, diceva ai ragazzi che passavano : “uagliù, jate a scola, nun facite tarde, dovete andare a scuola”.
Nel locale lavora tutta la famiglia, Maria è in cucina con il cuoco Raffaele, Vincenzo si occupa degli acquisti e si divide poi tra cucina e sala; sua moglie Patrizia e Ivana, la sorella si occupano a turno delle ordinazioni e del servizio in sala; Vittorio Jr, primogenito di Vincenzo, ha 18 anni e frequenta l’alberghiero, dopo il diploma tornerà in osteria.
Vittorio sovrintende agli acquisti, anche grazie ai rapporti con gli storici fornitori della salumeria e della mescita. Il vino sfuso è di ottima qualità e va per la maggiore: gragnano, aglianico, piedirosso e falanghina. Come nelle antiche mescite, Vittorio ha conservato l’ usanza di esporre la ‘frasca’ di alloro sulla porta all’arrivo del vino nuovo.
Ad ora di pranzo si lavora per lo più con il menù fisso; con otto, nove euro si può scegliere fra tre primi, altrettanti secondi, contorno e bibita.
Il pane, da oltre 22 anni, arriva da un forno a legna della zona di Pianura.
La pasta è per lo più di Gragnano, olio extravergine d’oliva di buona marca, pelati ‘sanmarzano’ da una piccola fabbrica artigianale, frutta e verdura arrivano da Afragola.
Per il pesce Vincenzo si rifornisce da piccoli fornitori in zona; quasi esclusivamente pesce azzurro: alici, frittura di paranza, pesce bandiera. Discorso a parte per stocco e baccalà che papà Vittorio acquista direttamente dall’importatore a Somma Vesuviana, ‘capitale’ per il commercio con Norvegia e paesi nordici. Maria lo prepara in cassuola, fritto, bianco con le olive e anche in deliziose polpette fritte.
Anche per la carne la famiglia D’Orsi si affida a parenti e vecchi fornitori: il fratello di Vittorio ha una macelleria e polli e conigli vengono acquistati vivi nelle campagne del vesuviano. La domenica il ragù e il coniglio alla cacciatora con i bucatini non mancano mai, durante la settimana, salsicce, bistecche, polpette, scaloppine e polpettone.
Per la salumeria naturalmente Vittorio si affida ai fornitori di sempre, gli stessi sin dall’apertura nel 1975.
Il menù è molto ampio, comprende tutta la tradizione partenopea e varia ogni giorno. L’antipasto base è fatto con i sottolio e le verdure grigliate preparati sempre freschi da mamma Maria, accompagnati, da salumi o formaggi di qualità.
I primi classici escono la domenica: il ragù con il muscolo, la ‘braciòla’ farcita di ‘passi’ e pinoli, salsiccia, polpette, cotiche e ‘tracchie’; la genovese con le cipolle vecchie napoletane quelle dorate, il muscolo e il gambetto di prosciutto crudo; durante la settimana si alternano: gnocchi alla sorrentina, pasta al ‘grattè’, pasta e patate con la provola, penne allo ‘scarpariello’, pasta e fagioli, lagane e ceci e, fiore all’occhiello, il soffritto, o, zuppa forte fatta in casa da Maria; si consuma a solo o sugli spaghetti. Altra specialità è il ‘gattò’ di patate preparato con il meglio dei salumi a disposizione.
Sul versante mare l’offerta è altrettanto invitante: linguine all’astice, vermicelli a vongole appena macchiati da qualche pomodorino del ‘piennolo’, scialatielli ai frutti di mare e paccheri, melanzane e pesce spada. Ancora, risotto alla pescatora, paccheri allo scoglio e, trovata del cuoco Raffaele, casarecce con crema di patate, cozze e pecorino romano.
La quantità di contorni è pari alla fantasia dei napoletani nel saper cucinare le verdure in mille modi: zucchine alla scapece, o grigliate, melanzane a funghetto con pomodoro, patate fritte ( quelle vere tagliate a mano al momento), parmigiana di melanzane in versione ‘indorata e fritta’, ovvero la melanzana viene fritta una prima volta, poi passata in uovo e farina e rifritta; peperoni in padella, all’ insalata o al gratìn; ‘friarielli’ arrabbiati, carciofi indorati e fritti o alla giudea. Ancora patate al forno, broccoli, parmigiana di zucchine e profumatissime frittate di patate o cipolle, opera di Maria.
La rosticceria classica, famosa in tutto il quartiere, che i D’Orsi preparavano al tempo della salumeria è sopravvissuta; su richiesta fritto misto di ‘crocchè’ di patate, arancini, fiorilli farciti, melanzane in pastella e ricotta indorata e fritta. Magari una bottarella al fegato, ma un’esplosione di gusto e di ricordi per l’anima e il palato.
I dolci sono di casa: la sbriciolata con ricotta e scaglie di cioccolato, la torta di mele, il babà e la torta ‘cassata’.
Si chiude con caffè della moka o in cialda, rigorosamente in vetro; amari e digestivi, tra questi, l’acquavite che Vittorio distilla personalmente in campagna nel vesuviano.
Veniamo ai conti, a pranzo, l’abbiamo detto, ve la caverete con gli otto, nove euro del menù del giorno, di sera per un pasto completo dall’antipasto al dolce con vino della casa, spenderete tra i 23 e i 25 euro se vi orientate su piatti di terra, se scegliete il mare, la spesa sale a trenta euro. L’osteria offre un servizio decisamente comodo: il parcheggio gratuito in un garage proprio di fronte al locale, che considerando la zona priva di spazi, è decisamente una comodità.
Insomma in Via S. Maria della Neve, troverete un altro angolo di quella Napoli che amo, fatta di persone vere, che si spaccano la schiena per tante ore al giorno, certamente non per arricchirsi, ma, per mandare avanti la tradizione e l’umanità dei napoletani, prima che vengano inghiottiti fatalmente tra le fauci del mondo global e delle contaminazioni alimentari. Un fortino della genuinità degli uomini e del cibo.
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