Mimì alla Ferrovia a Napoli: il cuore in cucina

Via Alfonso D’Aragona, 19-21
Tel. 081.5538525, fax 081.289004
www.mimiallaferrovia.com
Sempre aperto, ferie intorno a Ferragosto

Ci sono locali dove ti sembra di stare a casa. Familiari come un amico di liceo che rivedi dopo anni e inizi a parlare con lui come se ti fossi lasciato ieri sera dopo l’ultima sigaretta condivisa. Mimì alla Ferrovia per me è questo, ma in realtà è molto di più, perché qui si è fatta la storia della gastronomia napoletana, si è costruito un idealtipo che le trattorie popolari di quartiere non avrebbero mai potuto esportare nell’immaginario borghese italiano.

Anzitutto parto dal peperone imbottito di Mimì che per me costituisce l’idealtipo weberiano del piatto tipico della cucina napoletana e meridionale. La farcia, collaudata dal 1943, anno di nascita di questo locale a ridosso della stazione di Piazza Garibaldi, è assolutamente equilibrata tra i suoi ingredienti: mozzarella, emmenthal, prosciutto cotto, uova, mollica di pane raffermo, parmigiano, basilico, pangrattato, olio, sale e pepe. Così, diversamente dal solito, il ripieno è una sola cosa con il peperone.
Cambia però il modo di servirlo: prima ti arrivava sempre intero, oggi una porzioncina da educanda.

Proseguiamo con i friarielli, la imperiale mozzarella di bufala accompagnata dalla ricotta fresca salata e messa sul tavolo prima ancora che l’ospite si sieda, i taralli, le melanzane a barchetta, i carciofi in umido durante la primavera, questi splendidi peperoncini verdi saporitissimi e fantastici.

Il percorso classico in un tempio classico della tradizione partenopea di città in cui l’altra metà della cucina è costituito dalla frittura all’italiana, a calamarata, i paccheri di Gragnano con la pescatrice, gli spaghetti ai frutti di mare, un festival insomma di sapori collaudati e consolidati.

“L’Italia passa da Mimì”, ed è la verità perché da Totò cliente abituale quando si esibiva nel vicino teatro Orfeo, al presidente Ciampi, da Schumacher ad Agnelli, tutti, insomma, ma proprio tutti, hanno i due cugini Giugliano come punto di riferimento quando vengono in città e sicuramente non si può dire di essere stati a Napoli senza essersi seduti almeno una volta qui.
Ogni centimetro quadrato delle pareti è occupato da una foto ricordo. Una storia raccontata dall’amico e collega Giuseppe Crimaldi in un bel libro su Mimì alla Ferrovia. Una clientela varia, turisti, visitatori, vip e soprattutto gli affezionati clienti di città costituiscono il variegato mondo di Mimì, come era chiamato Emilio Giugliano, fondatore con la moglie Ida del locale attaccato al teatro. Sotto la sala di battaglia, al piano superiore una hotellerie un po’ più curata

Per molti questo locale ha ormai solo una funzione museale, estraneo alla spinta del rinnovamento campano. Sicuramente è un aspetto da considerare, però io sarei sempre prudente nel dare giudizi tranchant sui locali e grandi marchi: è sui tempi lunghi che si gioca la partita, sulla capacità di realizzare il passaggio di testimone tra le nuove generazioni. Così, tanto per dire, l’ultimo figlio di uno dei due Michele è a bottega da Nino Di Costanzo, uno a caso:-)

A me però Mimì piace così, come questo Babà: una invenzione di inizio ‘800 che non è mai stata più superata da nessuno. E mi piace chiudere la serata con amici, presentarmi alla napoletana, cioé senza prenotare, cercando con lo sguardo un tavolo libero appena entrato.
Già, perché qui è sempre pieno.

 


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