Via G. Paladino, 3 (Piazzetta Nilo)
tel. 081.5527312
aperto la sera e anche a pranzo la domenica
chiuso lunedì
dai 20 ai 40 euro
di Tommaso Esposito
Si riemerge dalle viscere di Napoli per una visita guidata alla basilica di San Lorenzo.
E poi? Giù per San Gregorio Armeno tra le botteghe dei pastori. Pochi i turisti attratti dai veri presepi. Molti quelli che indugiano presso i simulacri del cavaliere e delle veline in miniatura. I bottegai smobilitano: è ora di pranzo.
Ecco il vecchio Nilo che rallenta il suo corso impetuoso e si riposa tra i nobili palagi.
Dove si va? Giuseppe de Martino, Delegato accademico, complice il Duca Carafa ha scelto questo locale, un tempo vineria e ora tana gourmet a comando.
Sì a comando. Perché il proprietario cuoco, Gennaro del Vino, nomen omen, su prenotazione tralascia il menu dedicato ai turisti e si trasforma in cuciniere all’antica e colto autodidatta monzù.
Una bella sorpresa.
In carta si nota qua e là l’eco di una famosa “Cucina Casereccia”, quella compilata in forma di manuale nel 1807 da un tal M.F. “ per l’istruzione di chi ama unire al gusto l’economia”.
E c’è pure Alberto Consiglio con la sua filosofia dei maccheroni.
Insomma siamo tra o roie allattante e o tre Garibaldi, al confine, cioè, tra l’assoluto del piatto di maccheroni con cacio, o roie, e quello con sugo, o tre.
Il pezzo forte del cuoco infatti è il suo sugo alla maccaronara.
Niente grasso: soltanto pomodoro San Marzano lessato e fatto pippiare in assoluto con sale e pepe.
E qui, badate se il pomodoro non è di qualità, vi appendete! Il formaggio va infine.
Il condimento del tre Garibaldi, insomma, quello venduto dai maccaronari nella Napoli di Matilde Serao.
Onore al 150° compleanno d’Italia.
Assaggiamo questo sugo sulla millefoglie di melanzana. Nel piatto anche dei buoni salumi affettati.
L’antipasto di questa conviviale.
Il sugo è veramente buono: ne chiedo un poco a parte per una scarpetta fuori ordinanza con un saporito pane di “cazzotto”napoletano.
La minestra. Il classico è rape e fagioli.
Ma il cuoco ha pensato bene la variante.
Friarielli, fagioli cannellini e pasta mmescata.
Di buon gusto e popolana fattura.
Ahi! Tradita è la trafila gragnanese. Il cuoco ha optato per Barilla e un purista come me ha storto il naso.
Riscossa di Gennaro.
Un cosciotto di agnello farcito. Tenerissime le carni. Succulento.
Mica il cuoco pareja con le cotture a bassa temperatura?
Mannooò! Il briccone gioca con il lardo. Avvolge completamente l’ovino con una pettorina di maiale e lo lascia andare nel tegame.
Ecco il segreto antico. Bravo Gennaro e per una volta abbasso l’induzione e il sottovuoto.
Un trancio di caprese. Impeccabile. Ma da Gennaro mi sarei aspettato una fetta di migliaccio. Sarà per la prossima.
Ah il vino.
A tutto pasto Gelsonero 2011, Lacryma Christi del Vesuvio Rosso Villa Dora di Enzo Ambrosio.
Ho detto tutto.
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