Via Giacinto Gigante 33
Tel. 39.081. 544.88.67 – 39.347. 4926123
Aperti solo a pranzo dal lunedì al sabato ( 12,00 – 16,30)
Asporto e consegna a domicilio: si
Giorno di chiusura: domenica, esclusi i periodi delle festività
Ferie: ultime 3 settimane in agosto
Via Giacinto Gigante si trova in un punto strategico che s’interseca con diverse zone centrali della città
all’incrocio con via Simone Martini, salendo a destra ci troviamo al Vomero, scendendo a sinistra, incontriamo Piazza Canneto, in pratica, siamo di fronte ad una sorta di Y rovesciata che ci conduce verso due diramazioni:
Via Giacinto Gigante
Via Salvator Rosa – Rione Materdei P.zza Mazzini, C.so V.E.
Via S.Teresa al Museo, Ponte della Sanità, Via Forìa
Via Giacinto Gigante prende nome dal famoso pittore italiano, (Napoli 1806 – 1876) conosciuto in particolare per i paesaggi e le vedute, massimo esponente della cosiddetta Scuola di Posillipo, fondata dall’olandese Antonio Pitloo, anche se, la pittura di paesaggio era una tradizione che a Napoli risaliva già alla metà del Seicento con Salvator Rosa. Alla morte di Pitloo, Gigante stabilì la sede della Scuola di Posillipo in un edificio a San Carlo alle Mortelle. L’artista viene ricordato anche perché elaborò una nuova tecnica di pittura ad acquerello, o, gouache, che dona un particolare effetto rilievo alle raffigurazioni: sovrapponeva alla carta della biacca in tocchi,o bianco di piombo, un pigmento pittorico inorganico, costituito da carbonato di piombo, prima di stendere le pennellate che modellavano le immagini. I pittori della Scuola di Posillipo si rivolsero verso la realtà, su carta o su tela, volendo esprimere e riportare il vero e niente poteva farlo meglio del paesaggio, la scuola, infatti, si occupò soprattutto del disegno dal vero e della resa impressionistica degli effetti di luce e del colore Molti di questi paesaggi sono oggi in mostra al Museo Pignatelli di Napoli. La tecnica della gouache, caratteristica di una grandissima parte della produzione partenopea, è un tipo di colore a tempera reso più pesante ed opaco con l’aggiunta di un pigmento bianco, in una miscela con la gomma arabica. Il risultato è un colore più opaco del normale colore a tempera.
Torniamo alla storia di oggi e al passato della famiglia Romano, proprietaria di mescite e osterie già dagli anni ’30 in Viale Elena, dove, Mario Romano, figlio di Gaetano, è nato.
Mario, figlio d’arte ha conosciuto Maria, nolana doc e maestra di ricamo, al funerale di sua nonna a Nola. Amore a prima vista: i due giovani si sposano nel 1975 e decidono, con entusiasmo e passione di proseguire sulla strada di famiglia. Il locale storico di Salvator Rosa è rimasto aperto fino agli anni ’90, oggi, appartiene ancora alla famiglia, ma offre un tipo di ristorazione più veloce e moderna. Mario e Maria si mettono allora alla ricerca di un locale tutto per loro e, proprio in via Giacinto Gigante, trovano una vecchia mescita “sgarrupata” degli anni ’40 (in pessimo stato), di proprietà di un anziano signore che voleva cederla. I due non si perdono d’animo, soldi non ce ne stavano, sistemano il locale come meglio possono, con cassette e panche e, nel ’75, servono la loro prima pasta e fagioli e coronello in cassuola a pochi passanti. Il giorno dopo la clientela raddoppiò e così via, sino alla ristrutturazione degli anni ’80 con circa 45 posti, tavoli e sedie di legno stile banchi di scuola,
bianche mura grezze, per due salette separate da un arco e una micro cucina dove Maria fa miracoli per 8 – 10 ore al giorno. All’inizio alla sinistra della cucina c’erano ancora le botti per la mescita del vino, poi, appena c’è stata la possibilità economica, Mario ha allargato il deposito al piano seminterrato e ampliato il locale.
La conduzione è rigorosamente familiare: Mario si occupa della spesa, dell’amministrazione e di qualche piatto particolare che non consente a nessun altro di preparare. Maria decide il menù con alcuni piatti fissi settimanali e regna in cucina con l’aiuto di Lucia. Mario e Gaetano fanno da fac totum, ovvero, si occupano della sala, dell’asporto, e, se c’è bisogno, danno una mano a Maria nelle ore di punta, dalle 14,00 alle 16,00, quando regna il caos più totale.
Mario esce tutte le mattine alle 7,00 per la spesa: verdure e frutta dal fruttivendolo di fiducia, tranne i mandarini che arrivano dal giardino di casa. Per il pane Mario si affida al meglio di Napoli: Rescigno, due i tipi acquistati, il tradizionale palatone e lo sfilatino per le decine e decine di “marenne” (colazioni a base di cucinato) che Maria comincia a preparare già dalle 11,00 per i primi affamati operai e artigiani della zona.
La carne proviene da uno dei macellai più noti del Vomero in Piazza Immacolata, il pesce dal mercato rionale di Antignano dalla pescheria dei famosi “ Due Pescatori”. Mario non acquista direttamente i frutti di mare, se i suoi clienti li desiderano, li comprano da sé e Maria li trasforma in meravigliosi piatti. L’olio è extra vergine di buona qualità, i pomodori sono freschi o, arrivano dall’agro nocerino – sarnese. I salumi Mario li ordina a Mugnano del Cardinale, zona d’elezione del salame napoletano.
Pure per la mozzarella Mario ha le “fisime”: arriva fresca da Battipaglia ( “non mi fido dell’aversana mi dice), appuntamento tutte le mattine con il furgone del fornitore che si ferma al casello della tangenziale, senza entrare in città.
Il vino, da buon vesuviano adottato, Mario se lo produce da solo a Piazzolla di Nola, compra le uve e si appoggia ad un vinificatore locale: Lettere per il rosso e, udite, udite, Asprinio di Aversa per il bianco.
Giungiamo finalmente al menù settimanale che prevede, come nelle vecchie famiglie di un tempo, alcuni piatti solo in determinati giorni della settimana e altri fissi quotidiani. Partiamo dai primi piatti: il lunedì abbiamo fagioli in diverse versioni, con la pasta, o, a zuppa alla maruzzara; fisse pasta al sugo fresco e pasta al forno, anche se, ogni giorno, Maria usa trafile diverse. Il martedì è la volta della “lardiata”, fagioli e scarole e orecchiette con i broccoli; il mercoledì tocca alla zuppa di lenticchie, pasta e ceci, il piatto cult la zuppa di soffritto fatta in casa, con gli spaghetti o i crostini, e il gattò di patate; siamo a giovedì, grande giornata, è la volta della Genovese, la specialità della casa, il piatto che Mario non delega a nessuno, tocca a lui, comincia alle 7 di mattina e verso le 12 il piatto è pronto: arrivano clienti da ogni parte di Napoli per assaggiarla, ci devo tornare anch’io J. Per la genovese Mario usa un particolare pezzo di carne che, in dialetto, mi ha definito come “ ‘o coquizzo”(assimilabile alla locena), e pezzi di nervo in abbondanza. Oltre alla genovese, i fissi della settimana, pasta al forno e spaghetti al sugo fresco, qualche piatto di zuppa forte e gattò, se i clienti del mercoledì non hanno spazzolato tutto, come sempre succede. Un’altra specialità di Mario è la pasta e patate al forno alla caprese: si procede come la pasta e patate tradizionale, naturalmente si toglie dal fuoco poco cotta. Agli ingredienti tradizionali, si aggiunge della salsiccia sbriciolata a crudo, si adagia il tutto in una teglia da forno, che avrete unto con un filo d’olio e si fa cuocere per circa un’ora e mezza, si spolvera di parmigiano e si serve bollente. Il venerdì tornano i fagioli
, le fettucce al forno e il sugo fresco; sabato: arriva sua maestà il ragù, la minestra maritata, e il risotto con funghi o carciofi. Altro piatto cult ereditato da mamma Antonietta è la pasta ‘o puveriello: si cuociono i bucatini al dente, e li si condisce, ancora bollenti, a crudo con un battuto d’uova, prezzemolo, pecorino, sale e pepe.
Anche per i secondi vige la regola settimanale, mentre, i contorni ruotano in base alla stagione. Il baccalà la fa da padrone in tutte le varianti, soprattutto coroniello in insalata, o, in cassuola e le caratteristiche “ morzelle” (le parti di scarto), fritte, insieme ad alici ed alghe di mare. Ancora, tonno alla griglia, filetti di cernia alla griglia, pesce spada, che Mario preferisce comprare inferiore ai 10 kg, quello che i napoletani chiamano “ ‘O Pulecenella”; ancora frittura di paranza, alici fritte e polipetti alla luciana.
Anche sul lato carne prevale la tradizione: carne della genovese, carne alla pizzaiola, carne del ragù, con l’immancabile braciola di cotica, cotolette, polpette al sugo o fritte, cotolette di provola, salsicce e friarielli, carne alla griglia. Piatto forte e richiestissimo è il fegato alla griglia o, con cipolle.
La clientela è molto numerosa ed abituale. I rapporti con Mario e famiglia sono più che confidenziali, dall’operaio che compra la semplice “marenna”, al professionista. Va fortissimo il servizio da asporto che è molto particolare: in via Giacinto Gigante abitano tante persone anziane che non escono più per fare la spesa e, tanto meno, sono in grado di cucinare; ecco allora il “pronto soccorso” quotidiano dell’Antica Cucina Napoletana. Il telefono non cessa mai di squillare, al mattino presto chiamano i “ vecchietti” del quartiere, dai più umili, sino a magistrati, ex presidenti di tribunale e altri professionisti in pensione: s’informano sul menù, Maria dispensa consigli e prende nota delle particolari necessità (tipo il sale, il condimento etc),prestando attenzione a che i suoi clienti possano godere di un menù ben assortito e mangiare ogni giorno cibi salutari e diversi.
C’è poi il reparto “marenne” (colazioni) che corre come un treno, dalle 11,00 in poi, è tutto un frenetico tagliare sfilatini, friggere cotolette, cuocere frittatine, riscaldare contorni, per far contenti tutti. Tra i clienti abituali c’è ancora qualche persona anziana, soprattutto uomini soli, che, piuttosto che cucinare, preferiscono farsi coccolare da Mario e Maria, come questo signore all’ingresso che siede tutti i giorni allo stesso tavolo.
Ci sono poi i professionisti della zona, che portano a pranzo i propri clienti, spesso di fuori città, per far bella figura con la vera cucina napoletana.
C’è persino un sosia… pare venda cravatte molto costose… a voi indovinare!
Ultimo, ma, primo in cima alla lista, per anzianità e affetto della famiglia Romano e di tutti i clienti abituali: Don Antonio; ha frequentato prima il locale di Zì ‘Ntunetta e Don Gaetano a Salvator Rosa e adesso è qui da Mario e Maria, ogni giorno, in tutto da 50 anni!
La famiglia Romano possiede una dote rara, una volta normale per i napoletani: la capacità di far sentire chiunque in famiglia; Mario, Maria e Gaetano, occhi blu mare come la mamma, conoscono e s’interessano sinceramente a tutte le vicende degli amici – clienti. Mario in particolare, ha sempre una parola scherzosa e discreta per tutti; in questo modo la pausa pranzo si trasforma in una boccata di fresca umanità, le persone si rilassano, non hanno fretta, stanno bene e, se arrivano dieci minuti più tardi in ufficio, pazienza: hanno guadagnato in salute del corpo e, soprattutto, dello spirito.
Il segreto? Questa gente si vuole bene davvero, in questo modo supera ogni difficoltà.
Ah, il conto: anche quello è incredibilmente rasserenante, per primo, secondo, contorno, frutta e bevande, spenderete tra 8,00 e 9,00 euro; non volevo credere ai miei occhi, ma così è , se vi piace :-) . Il caffè, rigorosamente in vetro e con un dito di schiuma, arriva dal bar di fianco, preparato con la mano sinistra, quella del cuore.
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