di Teresa Mincione
E’ a Sant’ Agata dei Goti, presso il Palazzo Rainone- Mustilli, antica dimora del XVII secolo, che si è svolta la verticale di Falanghina e Greco di casa Mustilli. Annate storiche, e non in commercio, hanno offerto un viaggio nel tempo, attraverso i primi trentasette anni dell’azienda. Due le voci narranti: Luciano Pignataro e Nicoletta Gargiulo, presidente regionale Ais Campania.
Aprire una bottiglia per gioco e sorprendersi degustando. Era un Greco 1978. Scoprirla viva, dialogante, fu una gioia assoluta per tutti, e quella gioia, regalò il coraggio di stappare altri sugheri dormienti in cantina. Un racconto dolcemente commosso, quello di Paola Mustilli, e fiero, di una storia che affonda le radici nella grande passione per il vino, tramandata e trasmessa, dal padre Leonardo. Una famiglia originaria di Ravello giunta a Sant’Agata dei Goti agli inizi del ‘500, che scelse il borgo sannita come nuova dimora. La fondazione dell’azienda risale agli anni ’60. Aglianico, Piedirosso, Greco e Falanghina, i vitigni coltivati, su ben 20 ettari di proprietà. Nel piantare i primi vigneti, negli anni’70, Leonardo Mustilli volle una proporzione di 50% a 50% con due cloni di Falanghina: la flegrea (dai sentori minerali e floreali) e la Bonea (dall’anima più strutturata).
Da quel momento nessuno osò modificare quella composizione. Paola ed Annachiara, oggi dirigono l’azienda, ( con l’aiuto dell’enologo Fortunato Sebastiano) con un unico cuore pulsante a guidare l’operato di entrambe: il vino. L’azienda Mustilli è una delle cantine storiche della Campania, tra quelle che contribuirono alla svolta rispetto al modo di concepire vino in regione. Figura miliare del contesto vitivinicolo sannita, quella dell’ingegner Leonardo Mustilli, tra i promotori del movimento del turismo del vino. Tra i primi, assieme ad enologi, quali Angelo Pizzi e Santolo Bonaiuto, a credere fortemente nella Falanghina quale vitigno dalle sorprendenti capacità (all’epoca utilizzato come base per l’armagnac, e senza alcun riconoscimento di valore).
Ma le realtà cambiano nel tempo (per fortuna), e nell’evolversi della cultura del vino, la Falanghina ha oggi conquistato lo status di vero vino bandiera della Campania, che, con i suoi tremila ettari di vigneto, copre gran parte dell’ ager campanus. Presentato, nel passato come vino di pronta beva, ha saputo far scacco matto alla convinzione di quanti non avrebbero scommesso neanche un soldo sulla sua longevità. Un vitigno poliedrico e versatile, generoso nel porre il fianco a diverse interpretazioni: ferma, spumantizzata, passita, o passata in legno. Come non riconoscergli il merito di aver segnato la riconquista del mercato campano da parte dei bianchi campani. Fino all’inizio degli anni ’90, nei luoghi di ristorazione, era impossibile scovare, sugli scaffali, bottiglie di bianco campano. Nel 2015 (complessivamente), si parla di 20 milioni di bottiglie, solo di Falanghina. Non grandi numeri, rispetto ai fratelli-colossi della regione (Aglianico – Fiano), ma certamente significativi. Presente in tante doc della Campania, ha avuto la forza di arrivare “oltre la siepe”, sin verso l’Adriatico, e nel Molise, dove Chardonnay e Trebbiano conquistavano il cuore come vini di punta, la Falanghina oggi è diventato il vitigno principe. Chapeau, anche al consorzio del Sannio, che ha avuto la lungimiranza e forza di legare il nome del vitigno al territorio d’origine. Oggi, la Falangina del Sannio è tra i primi 20 brand italiani. Ritornando ai calici, la Falanghina Mustilli 1979 ne è l’archè. Simpaticamente è la Eva delle Falanghine di tutto il mondo.
Quella che segue, non è una classica degustazione per vitigno, ma un’analisi alternata (Falanghina 100% – Greco 100%) per anno, con uno sguardo a ciascun’ annata. Un cammino emozionante, che ha permesso di vivere, in via eccezionale, un’esperienza umana e gustolgattiva irripetibile. Start!
– Falanghina 2002
Nel millesimo 2002, l’inizio del ciclo vegetativo è stato precoce e positivo, con una fioritura e una allegagione uniformi, nonostante l’alternarsi di periodi freddi e caldi. Le fasi biologiche della vite son decorse con regolarità e nelle medie stagionali. Piogge abbondanti, invece, si sono susseguite a partire dalla notte di San Lorenzo (10 Agosto). Un calice di tredici anni, eppure una strabiliante vivacità della tonalità del giallo paglierino. La nota floreale è ancora presente attraverso refoli di ginestra e fiori di campo freschi. Il frutto è ancora polputo nelle note di pesca bianca e mela annurca. Ad arricchire l’olfatto note menotolate e balsamiche sul finale. Piccoli flussi di pepe bianco. Elegante. In bocca il sorso è ancora vibrante. Nessuna morbidezza e rotondità all’orizzonte. Una freschezza che giova al sorso, che si presenta sorprendentemente vivo. Dall’annata fredda ha ereditato un’interessante acidità. Bella chiusura di bocca, sapida ed asciutta. It’s crispy!
– Greco 2001
Un’ottima annata! Le temperature invernali miti e le precipitazioni superiori alla media, hanno provocato un’anticipazione del germogliamento. La gelata di Pasqua ha ridotto la produzione, le piogge frequenti e le temperature medie hanno spostato l’inizio della fioritura a metà Giugno. L’estate è stata calda con rare precipitazioni. Nel mese di Settembre le temperature sono state appena inferiori alla media stagionale, e ciò ha permesso al frutto di portare a compimento la maturazione dei polifenoli. Oro zecchino brillante. Un bouquet complesso. Appena versato si mostra poco colloquiale. Aprono il bouquet note floreali di fiori gialli leggermente essiccati. La frutta fa il suo ingresso con sentori di pesca leggermente sciroppata. La dominante è la speziatura: Cherry, zafferano, cardamomo. Interessante la nota di tartufo. Sottile la nota di miele di acacia. In bocca il sorso è pieno, caldo, con una bocca di minor dinamicità rispetto alla Falanghina.
– Falanghina 1996
Nel millesimo 1996, le temperature mediamente basse in primavera, hanno ritardato la fioritura avvenuta nell’ultima decade di Maggio. L’estate ha avuto temperature non eccessivamente alte. Verso la metà di Agosto si sono susseguite alcune piogge che hanno causato un rallentamento della maturazione. Un notevole rialzo delle temperature all’inizio di Settembre, ha contribuito al pieno completamento della maturazione delle uve. Color giallo oro, dalla luminosità entusiasmante. Già dal primo roteare si avverte un corpo maggiore rispetto ai calici precedenti. Il bouquet è ricco nelle note di pera Williams, mela cotogna, frutta a pasta bianca. Una leggera nota dolce, caramelle gelly. Refoli floreali di zagara. In bocca, piacevoli richiami di erbe aromatiche. Un sorso ancora più giovane della 2002, eppure..19 anni!! Buono il rapporto acidità- freschezza. Chiede il riassaggio. La chiusura di bocca è piacevole ed asciutta. Un calice ancora perfetto per proporlo in abbinamento.
– Greco 1998
Nel millesimo 1998, la fine dell’inverno e l’inizio della primavera sono stati molto miti, ciò ha favorito un germogliamento mediamente precoce. Alla fine di Maggio, la fioritura e l’ allegagione sono stati uniformi. I mesi estivi sono stati caldi e asciutti, con picchi di temperature molto superiori alla media stagionale. L’annata è stata caratterizzata da scarse precipitazioni con tassi di umidità nella norma. Il colore, i profumi e la consistenza rispecchiano l’annata calda. Giallo oro. Il primo ingresso è della nota fruttata di banana leggermente surmatura. Fieno, fiori secchi. Biancospino, anice. Liquore di finocchietto. Non manca la nota minerale che rende forza al calice. Caramella esotica gelly. Al palato è composto, buona freschezza e chiusura di bocca.
– Falanghina 1988:
La ’88 si ricorda come la migliore annata del decennio, assieme alla ’85, equilibrata fino al germogliamento. L’estate ha avuto un decorso mite con picchi di temperatura solo in alcuni giorni del mese di Agosto. Il clima, generalmente soleggiato, ha regalato un’uva molto sana e perfetta che ha permesso la produzione di vini strutturati ed eleganti allo stesso tempo. Un calice di 27 anni..Strepitoso!! La cromatura inizia ad impreziosirsi, tingendosi di color oro antico. Vivo. Si apre con refoli spiccatamente minerali. Inseguono echi di frutta fresca: pesca gialla, nespola, mela. Non mancano le spezie nei sentori di china, rabarbaro, pepe nero. Interessante la nota erbacea. Una complessità che emoziona. Se avessero proposto questo calice alla cieca, il solo olfatto avrebbe tratto in inganno il degustatore. Sentori da vino rosso. In bocca il sorso è pieno e l’acidità lo rende di estrema godibilità. Note balsamiche, di eucalipto e foglia secca di te verde. Un assetto armonico e calibrato, che nonostante i numerosi anni, ha ben resistito al tempo, conservando personalità e carattere.
– Greco 1994
Millesimo difficile, con un andamento climatico a singhiozzo: periodi di pioggia alternati a periodi di caldo umido. La maturazione si è riequilibrata solo alla fine di Settembre con un buon periodo di sole, senza eccessi di caldo e piogge. Color oro intenso. Refoli di noce, castagna, nocciola, fieno. Si tratteggia attraverso note erbaceo di radice di liquirizia e torba. Sambuca. Al palato è sapido, con una leggera chiusura ammandorlata.
– Falanghina 1986
Millesimo complicata. Un inverno molto freddo e una primavera piovosa con qualche grandinata hanno reso quest’annata non facilmente destreggiabile, sia per l’accrescimento dei germogli che per la maturazione. Dal punto di vista sanitario è stata necessaria una maggiore selezione delle uve. Ventinove anni, eppure un color oro luminosissimo. Nel calice la rotazione si fa importante, muovendosi più lentamente, in maniera grassa. Avvincente la nota di idrocarburo, quasi a ricordare i vini francesi. Leggero eco fumè. La nota fruttata ritarda ad arrivare e si esprime con un colore candido di mela, pera. In bocca è scaltra, appagante, leggermente più sottile dei precedenti. Note mentolate, di rosmarino e foglia di limone sul finale. Un calice di questa età te lo aspetti rotondo, e invece non lo è. L’acidità è leggermente scissa. Chiusura fresca.
– Greco 1981
Annata molto calda con picchi oltre i 40 gradi tra la fine di Luglio e i primi 15 giorni di Agosto. Il clima si è regolarizzato tra Settembre e Ottobre, permettendo la raccolta dell’uva a temperature più fresche della media. Color oro. Si apre con note di fieno intenso, insilato, scorzetta di arancia amara candita, frutta secca. Ad arricchire il bouquet una piacevole nota mentolata, vegetale. In bocca la sapidità è gradevole. Pecca leggermente di acidità, ma nel complesso è garbato ed interessante. Tra i vari calici di Greco, è quello con l’evoluzione più interessante. Great!
– Falanghina 1979
L’annata è stata generalmente calda e soleggiata per tutto il ciclo vegetativo della vite, con alcune precipitazioni all’inizio di Agosto, seguite da temperature elevate, che hanno raggiunto un picco verso la fine del mese. La star della verticale: un’emozionante Falanghina di 36 anni! La prima ad essere imbottigliata (nel mondo). Un olfatto non più da vino, ma da brandy. Un olfatto ricco e complesso: mela cotogna, miele di castagno, caramelle, fiori essiccati, ginestra appassita. La nota iodata – salmastra ha reso il calice maggiormente di fascino. Liquirizia selvatica. Al gusto ha mantenuto coerenza gustolfattiva. Mai sbilanciata, cadente. Un calice eccezionale, che ha saputo dimostrare quanto un vitigno nobile, quale la Falanghina, sia in grado di competere con lo scorrere del tempo, arricchendosi nell’olfatto e nel sorso.
– Greco 1978
L’annata ha visto un inverno mite ha fatto da contraltare un’estate sorprendentemente fredda. L’annata è stata quindi caratterizzata da un ciclo vegetativo molto lungo. Giallo oro. Un naso tutto orientale: cherry, zafferano, cardamomo. Il frutto fa capolino attraverso le note agrumate e di albicocca matura. Nonostante il tempo, i sentori di frutta sono ancora presenti. Al palato richiama la nota fumè. Sapido, dalla buona chiusura.
Riflessioni di coda. Che dire? In questo splendido e indimenticabile tour, ciascun vino ha sorpreso il degustatore per la sua vivacità, giovinezza e capacità di evolversi correttamente nel tempo. Dieci esemplari straordinari, si sono alternati senza ritrosie, nella dinamicità dei colori brillanti e nelle poliedricità di ciascun bouquet. A mio avviso, la Falanghina ha mostrato una maggior linearità nell’evoluzione e nella dinamicità di beva. Il Greco, strepitoso nella versione del 1981, si è mostrato più altalenante e ritroso, certo, con un’acidità sempre presente, ma con un mancante passo evolutivo. Non va dimenticato che si tratta di una Falanghina figlia della cultura enologica degli anni settanta, e frutto delle tecniche enologiche di quegli anni, che nonostante tutto, non ha mai tradito l’essenza del vitigno, sia nei sentori che nell’acidità e freschezza. In uno sguardo d’insieme, nessun calice ha riportato delle scissioni critiche. Il merito di questo risultato, va senza dubbio alla famiglia Mustilli. L’aver saputo intuire le grandi potenzialità nascoste di questo vitigno, e nell’aver conservato piuttosto che stappato, ha consentino a noi, oggi, di scoprire o confermare la svelata verità sulla Falanghina. Quarant’anni fa, in una condizione nella quale non ci si poteva permettere di pensare ad un lontano futuro di vendita, in quanto non c’era nessuno spiraglio di poter collocare un vino se non quello dell’annata, ( con l’aggiunta che i vini dovevano essere immediati, pronti), in un’epoca in cui il vino aveva il costo di un pasto ed era considerato semplicemente una bevanda di accompagnamento, Leonardo Mustilli ha saputo osare, scommettere, produrre e conservare un patrimonio prezioso quanto vivo. Chapeau alla passione di un uomo, alla lungimiranza dell’appassionato, ad un territorio vocato quanto amato, che ha restituito la giusta luce al nobile e prezioso vitigno chiamato Falanghina.
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