2 marzo 2002
Vi siete mai chiesti qual è il vero gusto della falanghina, il grande vitigno regionale che dopo aver cacciato improbabili pinot e chardonnay veneti dagli scaffali delle osterie è rimasta, Charlotte Oraézy du Marais dixit, sputtanata? Noi non abbiamo mai perso memoria del suo sapore vero ed ogni volta che la beviamo l’associamo allo sguardo riservato e ai modi signorili di Leonardo Mustilli, da noi definito nel ’94 «l’ingegner Falanghina». Un quarto di secolo fa, insieme ad un grappolo di amici, fu proprio lui a raggranellare le barbatelle dai contadini testardi del Sannio e a fare la fortuna del prodotto. Da allora ne è passato di mosto sotto il ponte di Sant’Agata dei Goti: le cantine dell’azienda (la sede è a via dei Fiori, 20. Telefono 0823 717433) restano le stesse, le più spettacolari della Campania, ma sono cambiate le bottiglie e le etichette mentre l’enologo è il toscano Mauro Orsoni. E la presentazione dei primi sorsi dell’annata 2001 di falanghina, greco e piedirosso è stata anche l’occasione per annunciare l’estensione dei vigneti, a quota 34 ettari, e l’ingresso nello staff di Anna Chiara, figlia di Leonardo, che affianca la sorella Paola. La visita a Sant’Agata è un viaggio dell’anima: sono spuntate belle trattorie nel centro ben curato e, oltre a visitare le cantine di Mustilli si può mangiare nel palazzo di famiglia sotto la supervisione della signora Marilì e riposare in una delle stanze. Ricordiamo quanto scritto nelle precedenti puntate: vicino ci sono Torre Gaia a Dugenta e Castello Ducale a Castel Campagnano. Un bel triangolo, sissignore. Come ottimo è stato il trittico di assaggi: greco e falanghina confermano la freschezza a aspettano solo di essere affinati ancora qualche mese in bottiglia per esprimere il meglio. E il piedirosso ha colpito per il tocco di eleganza assai raro in un vitigno trattato sempre da pronta beva.