di Roberto Rubino
Direttore associazione Formaggi sotto il Cielo
Ogni tanto in Italia si parla di revisione dei disciplinari di produzione dei formaggi DOP. Raramente per la verità, e spesso si tratta di questioni di lana caprina. In questi giorni ho letto più di qualche articolo sulla Robiola di Roccaverano, il cui Consorzio sta discutendo di una revisione del disciplinare perché il termine Robiola è generico e non si può riferire al solo formaggio di capra, come è quello di Roccaverano. Dello stesso peso specifico, anche se a ben altri livelli, è il dibattito che da qualche anno si è accesso in Campania su una variazione del disciplinare della Mozzarella di bufala Campana che prevede un utilizzo del congelamento delle mozzarelle per l’esportazione. Certo, nel caso della Robiola, la qualità del prodotto non cambierebbe, mentre il congelamento un suo effetto lo avrà pure, ma rispetto ai problemi del settore queste motivazioni mi sembrano pretestuose, quasi il solito strumento di “distrazione di massa”, anche se io credo che sia dovuto soprattutto al livello culturale della nostra enogastronomia.
E comunque, in entrambi i casi queste novità introdotte o che si vogliono introdurre nel disciplinare sono frutto di una logica strettamente commerciale e che rispondono all’esigenza di aumentare le vendite. Nessuno dei due Consorzi, ma nemmeno gli altri, fatto salvo per quella della Mozzarella di Gioia del Colle, si è posto il problema che, forse, sarebbe il caso di migliorare la qualità del latte, di alleggerire la pressione degli allevamenti sull’ambiente, di andare verso un modello un po’ più green. Per comprendere meglio il ragionamento che vorrei fare guardiamo un attimo alla Francia. I nostri vicini nell’ultimo decennio hanno cambiato quasi tutti i disciplinari dei formaggi, un po’ per scelta e un po’ perché costretti dall’INAO, l’ente che sovraintende alla controllo delle DOP. Ma le variazioni non hanno interessato questioni formali come il nome o la tecnica, bensì sostanziali e cioè l’alimentazione degli animali.
È stato deciso che alle vacche in un anno si potessero distribuire al massimo 1800 chili di concentrati, in pratica poco più di 5 Kg al giorno. In Italia, nei sistemi intensivi si arriva anche a 15 chili, nel Latte Nobile a 6 chili. I mangimi, i concentrati hanno lo stesso effetto dell’acqua nel vino: aumentano la produzione di latte ma contemporaneamente ne diluiscono il contenuto. Se a questo aggiungiamo, nel caso delle nostre bufale, che quasi tutto il fieno è scadente, salvo rare, rarissime eccezioni e che l’insilato è costituito da una sola erba, si può capire facilmente come la razione alimentare sia il vero problema del settore. Aggiungo che i parametri che ci permettono di cogliere il livello qualitativo di un formaggio e, nel nostro caso, della mozzarella, e cioè; colore, aroma e gusto, sono strettamente legati all’alimentazione, ad una buona alimentazione. Il colore dipende dai carotenoidi e dai flavonoidi. Nel latte di bufala non c’è beta-carotene, ma ci sono gli altri carotenoidi e i flavonoidi.
La mozzarella non dovrebbe essere di un bianco porcellana, ma dovrebbe avere tonalità grigie. I vecchi ricordano che il siero era giallastro. Ei carotenoidi e i flavonoidi contribuiscono anche all’aroma e al gusto. Le note odorose dipendono da componenti volatili come aldeidi, alcoli, chetoni, terpeni e anche acidi grassi insaturi. Il gusto è dovuto ad una serie di molecole e composti fra cui molta importanza hanno i polifenoli. Tutte queste molecole provengono dalle erbe, dal loro stadio fisiologico e dalla loro qualità. E ogni erba apporta un corredo diverso di molecole. Quindi più erbe diverse ci sono nella razione e più completo e complesso sarà l’apporto dei nutrienti. Invece la gran parte delle bufale è alimentata con insilati, che ha una sola erba e una quantità di concentrati che va oltre il 60%. E i fieni provengono da erbai con due, tre erbe e quasi mai sono verdi.
Ma oggi va anche molto di moda la nutraceutica, il valore nutrizionale è diventato quasi un’ossessione. Anche in questo caso, l’alimentazione degli animali condiziona fortemente il valore nutrizionale di latte e formaggi. E, guarda caso, gli stessi composti che contribuiscono al colore e al flavour sono responsabili del livello nutritivo del prodotto. E poi ci sarebbe il problema del carico per ettaro e dell’impatto sull’ambiente. Ma lo lascio in lontananza, perché lo conosco poco. Quindi, i precursori e i composti responsabili dell’aroma e del gusto sono presenti in quantità minime nel latte. I casari sono bravissimi e riescono a produrre una mozzarella ben fatta. Ma, tutti diranno: la mozzarella di bufala è il formaggio più famoso al mondo, il business intorno alla mozzarella è enorme, perché cambiare? Dobbiamo solo preoccuparci di venderne di più. Questa situazione mi rassomiglia molto a quella dei caprini francesi del Poitou Charente. Da quelle parti le capre producono oltre 10q di latte, una quantità esagerata e sono alimentate con insilati e concentrati come le vacche da latte. Questo latte viene poi lavorato con tecniche raffinatissime da altrettanto bravi casari.
Il caseificio Sevre Belle lavora 1000 q di latte al giorno, tutto rigorosamente a latte crudo e “moulé à la louche”, mettono in forma le cagliate a mano. I formaggi sono raffinati, eleganti, ma senza anima, il flavour è appena accennato. E sono famosi nel mondo come la mozzarella di bufala. Questa situazione a me ricorda tanto il Titanic quando lasciò il porto di Southampton: tutta la stampa mondiale elogiava la tecnologia e l’eleganza di questo gigante, la banda suonava senza sapere che c’è sempre un piccolo iceberg che può creare problemi. Gli iceberg non fanno danni se li conosci e li sai gestire, se invece ritieni di essere insuperabile, allora qualsiasi cosa che spunti sul mare può creare problemi. E il rumore di sciabole in lontananza già si sente. Bill Gates che dice che l’allenamento animale crea danni all’ambiente, la parola intensivo sta diventando un tabù, il veganismo avanza. Sono già alle porte gruppi di produttori ben attrezzati che offriranno formaggi ben fatti ma anche prodotti con un latte proveniente da sistemi produttivi sostenibili e apprezzabili.
E allora il re sarà nudo e, in quel caso, il congelamento si rivelerà un ossimoro.
Dai un'occhiata anche a:
- Giglio Restaurant e lo strano destino del termine Stellato Michelin in Italia
- Bonilli, l’anniversario della morte e la presunta crisi del fine dining
- Marco Contursi: perché McDonald’s funziona?
- Vino sputtanato in Tv: il problema non è Report ma l’Italia del Mulino Bianco
- Vinitaly, un successo eterno grazie alla crisi annunciata ogni anno
- Luca Ferrua si è dimesso daI Gusto. La lezione da mandare a memoria
- Michelin Italia: nell’era Bartolini-Cannavacciulo non c’è posto per Ducasse
- Donne e vino: da Antonella Boralevi ad Antonella Viola