Immaginate una legge che obblighi le cantine a vinificare in opifici differenti le doc dalle igt e dal vino da tavola: dovrebbero chiudere quasi tutte. Eppure è proprio questo il rischio che corre il comparto della mozzarella di bufala campana dop, una delle filiere che funziona fatturando oltre 500 milioni di euro l’anno. Lo prevede una norma pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale giovedì che obbliga tutto il comparto a mettersi in regola entro giugno nonostante si prevedesse come termine ultime la fine dell’anno. Ma come nasce questo ennesinmo colpo alla produzione del Mezzogiorno?
Dal fatto che la mozzarella è un formaggio che non può essere stagionato, a differenza di tutti gli altri grandi formaggi DOP italiani.Ma è anche l’unico, fra questi, il cui disciplinare prevede il vincolo che il latte debba essere trasformato in formaggio entro 60 ore dalla prima mungitura.
Poiché il disciplinare prevede anche che il formaggio di ottenga dal latte di due mungiture, effettuate a 12 ore di distanza, il vincolo diventa in realtà di 60-12=48 ore. Considerato infine che il latte proveniente dalla mungitura del mattino giunge al caseificio e subisce i necessari controlli solo dopo che la produzione giornaliera è già stata avviata, questo latte finisce per poter essere utilizzato per la DOP solo nelle 48-24=24 ore residue. Non potendo stoccare il prodotto finito in magazzino, il caseificio è inevitabilmente costretto, tutte le volte che le richieste del mercato non sono sufficienti ad assorbire tutto il prodotto, a destinare il latte ad altre lavorazioni: mozzarella non-DOP ed altri formaggi.
Il risultato è che nel 2012 sono state certificate come idonee alla dop 220.000 tonnellate di latte bufalino, mentre la quantità certificata come DOP è stata di sole 37.000. È quindi evidente che nessun imprenditore di questa filiera, pur acquistando esclusivamente latte idoneo alla dop, può pensare di produrre esclusivamente MBC, dovendo necessariamente «rifugiarsi» nel prodotto generico tutte le volte che il latte disponibile è superiore alle proprie necessità.
Nel 2008, quando la mozzarella sembrava sul punto di essere travolta dallo scandalo diossina, l’allora Ministro Zaia fece approvare la legge 205 che, per «risolvere» il problema, stabiliva che la produzione dovesse avvenire in caseifici in cui non si realizzassero altri prodotti bufalini: mozzarelle non-DOP e persino ricotta di bufala campana DOP (che notoriamente è “figlia” della mozzarella). Erano gli anni in cui la Lega, che presidiava il Ministero delle Politiche Agricole, incitava gli allevatori di latte bovino della Padania a non pagare le quote latte, consigliandoli anche a diversificare da vacca a bufala dove non ci sono quote latte), in attesa che l’unica grande dop del Sud fosse privata dell’aggettivo «Campana»… Cosa rischia di accadere quindi fra 3 mesi? Che nessuno dei 110 produttori attuali potrà scegliere di produrre esclusivamente dop nell’unico caseificio che possiede, e tutti (nessuno escluso!) saranno costretti ad uscire dal sistema della dop. Si decreterà così, di fatto, la morte di un comparto tutelato.
Tutto questo tra la completa indifferenza delle istituzioni locali nonostante che da un anno e mezzo il Consorzio stesse tentando inutilmente di far approvare, prima dalla Regione Campania e poi dal Ministero, una modifica del disciplinare molto seria, a tutela di oltre 15mila posti di lavoro.
Il mattino 24 marzo 2013
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