di Danilo Bruno*
Caro dott. Pignataro,
chi Le scrive è un piccolissimo imprenditore del mondo della notte: un potenziale irresponsabile fomentatore di altrettanti irresponsabili leoni della notte; uno dei baretti, della movida, per intenderci.
Uno la cui classe è oggetto di continue vessazioni, sin dai tempi non sospetti in cui Lei, con il bene placido di chi è solito consentirglielo, continuava a bollarci con l’appellativo di fracassoni e di irresponsabili, lasciando passare un concetto molto vicino a quello che i Romani avevano dei Barbari. Ahinoi, senza purtroppo accorgersi che, finanche in ritardo col resto del Mondo, quella che era facile marcare come movida della peggiore specie, stava lasciando, grazie al lavoro di lungimiranti imprenditori, il passo ad attività consapevoli, fatte di cultura, impegno e rispetto delle regole.
Una tra tante quella di chi Le scrive.
L’appellativo “fracassona” mal nasconde altre crude apposizioni che tanti, Lei tra tutti, vorrebbero proferire, ma che nessuno ha il coraggio di fare: quindi fracassona diventa il goffo mezzuccio letterario “policatally correct” di cui “baretti” è l’ennesima, ma di certo non l’ultima, licenza poetica di denigrazione all’italiana.
Ma bando alle ciance, ci dica: in che modo, secondo Lei, la categoria che rappresento, categoria che esiste, produce ricchezza e, negli ultimi anni, più cultura di quanto la sua penna abbia scritto a riguardo, può influire sull’andamento negativo dell’epidemia?
Suvvia, converrà con me che suonerebbe ridicolo anche a Lei l’intenzione di curare un paziente affetto, che so, da obesità (sic!) mettendo il malcapitato a pane e acqua, faccio per dire, dalle 23 in poi, adducendo come blanda motivazione che la fame notturna è la più feroce di tutte le fami!
Quindi lasci che anche Noi riteniamo che chiudere alle 23.00 possa sembrarci fanciullescamente ridicolo.
Chi Le scrive, facendolo pubblicamente, si prende la briga di parlare a nome di un’intera classe imprenditoriale e lavoratrice già martoriata dalla grave situazione, prima, e dallo sciacallaggio mediatico, poi.
Altresì Le assicuro che la stragrande maggioranza di Noi, “irresponsabili proprietari”, si rende conto che il Virus è ancora in circolazione; quello di cui invece non riusciamo proprio a capacitarci è in che modo siamo potuti passare da vittime ad untori così tempestivamente e di perché gli stessi numeri che vengono utilizzati per la portentosa prosecuzione di una campagna elettorale che vorrebbe passare alla storia diventino funesti e preoccupanti quando si parla della nostra categoria e non di quelle a noi assimilabili.
Ancora, non ci si spiega perché solo e soltanto nei VOSTRI tribunali mediatici viga la regola del “colpevole fino a prova contraria”.
Chi Le scrive non lo fa con pietismo e neppure per arruvare a disperate richieste di welfare, bensì con il democratico scopo di chiedere che ognuno continui ad occuparsi di ciò che negli anni ha costruito come propria sfera di competenza, senza ledere l’immagine di chi già sta soffrendo da più di 60 lunghi e difficili giorni e con l’augurio che quando tutto questo sarà solo un triste ricordo Lei, e chi come e per Lei, possa ritornare a parlare di temi goderecci come il pomodoro sulla pizza e delle “abboffate” per cui è, giustamente, noto e ghiotto.
Con immutata stima, Danilo Bruno.
Proprietario di The Black Monday Speakeasy, Salerno
Il dibattito si è poi sviluppato sulla mia pagina facebook a seguito di un mio post. Chi ha voglia può seguirlo qui
Per cmpletezza, riportiamo il comunicato della Fipe di oggi solo a testimonianza di un problema reale e non circoscritto a poche realtà, ma diffuso in tutta Italia
Alla vigilia del primo fine settimana dopo l’apertura di bar e ristoranti, la Fipe – Federazione italiana dei Pubblici esercizi, rilancia il suo appello alla responsabilità. Un appello rivolto a più soggetti: gestori dei locali, cittadini e avventori, forze dell’ordine.
“Negli ultimi giorni – sottolinea il presidente di Fipe, Lino Enrico Stoppani – i casi di assembramenti fuori dai locali e nelle piazze si sono prevedibilmente moltiplicati. È la dimostrazione che è rimasta la voglia di socialità e di relazioni che favoriscono poi la coesione sociale. Ma non ci possiamo permettere di perdere di vista l’obiettivo principale, quello della sicurezza sanitaria, che rimane una priorità visti i rischi tuttora presenti. Ecco perché è necessaria un’assunzione di responsabilità collettiva: dobbiamo passare da una ‘mala’ movida, a una ‘sana’ movida”.
“Invito dunque i titolari dei bar e dei ristoranti a far rispettare in maniera puntuale le prescrizioni previste dal Protocollo sanitario del settore, in particolare sui temi del distanziamento fisico, sia all’interno dei locali che negli spazi allestiti all’esterno – aggiunge Stoppani –. E lo stesso discorso vale per l’utilizzo corretto delle mascherine e di altri dispositivi di sicurezza. Oltre che nostro dovere è anche nostro interesse favorire l’abbassamento della curva dei contagi, perché il settore è in grande difficoltà e ha bisogno per ripartire di prospettive di sicurezza ed affidabilità nei nostri presìdi. Chiedo dunque ai titolari dei pubblici esercizi diligenza, attenzione e responsabilità aggiuntive, soprattutto in questa delicata fase di ripartenza verso la normalità. Contemporaneamente si chiede un altrettanto più rigoroso presidio del territorio, sop rattutto nelle aree e negli orari più sensibili, da parte dei tutori dell’ordine, a cui gli esercenti devono offrire costruttiva collaborazione”.