Giovanni Assante è morto stanotte stroncato da un infarto. Se ne va a soli 71 anni uno dei più grandi comunicatori della pasta di Gragnano che lo ha visto protagonista con il marchio Gerardo Di Nola.
Impossibile non volergli bene: era un grandissimo comunicatore, un minuto dopo averlo conosciuto ti sembrava di essere da sempre in confidenza con lui. Amava la pasta e la pasta ha amato lui, insieme a Marchetti è stato l’indiscusso protagonista del rilancio della pasta artigianale di Gragnano a partire dalla fine degli anni’80.
Lavorava al mitico Pastificio Gerardo di Nola e lì capì che bisogna invertire la rotta che portava alla banalizzazione e alla omologazione dei formati di pasta con l’ingresso delle grandi industrie del Nord sul mercato. Una inversione a U verso la qualità, i tempi lunghi di essiccazione come valore aggiunto e non come perdita di tempo, la riscoperta dei grandi formati del passato anche se non erano funzionali alle trafile dell’industria moderna e con la quale mai si sarebbe potuti competere.
Giovanni amava la pasta e amava cucinarla. In quante manifestazioni Slow Food e a festa a Vico si metteva a cucinare, fantastica e indimenticabile la sua pasta e patate. Rilevato il marchio dello stabilimento dopo la chiusura, Giovanni ha continuato il suo lavoro in un instancabile tete a tete con i cuochi più importanti di cui sapeva vita e miracoli.
Giovanni amava la pasta e amava mangiarla. Era, come tutti i meridionali della sua, e della nostra, generazione, visceralmente legato ad un alimento che significa di volta in volta “mamma in cucina”, “pranzo di domenica” “spaghettata con gli amici” acquisendo quella manualità e quella sensibilità palatale che solo chi l’ha masticata da piccolo può conservare tutta la vita senza che nessuno glielo insegni. Ecco dunque che l’ultimo cucchiaio della scafarea, dopo che aveva servito tutti, era per se. Il furbone sapeva che quello è il boccone del prete, dove si riassume tutta l’anima di quello che si è cucinato.
Giovanni amava la compagnia. Ci sapeva stare perchè ascoltava e parlava poco, e quando parlava era per correggere, con grazia ed educazione, un verso sbagliato che stava prendendo la conversazione, una notizia inesatta, un pensiero incompleto e lacunoso.
In un paese rissoso come Gragnano alla fine era ben voluto da tutti e credo che tutti oggi lo piangano davvero. Lo testimonia il numero enorme di segnalazioni che stanno arrivando da tutta Italia. Con lui, ma anche con la scomparsa recente di Pasquale Buonocore, per non parlare di quella di Rita Abagnale, si chiude davvero un’epoca per la Pasta di Gragnano e la Penisola Sorrentina. Un’epoca fatta di entusiasmo oltre che di occhio ai bilanci, passione e voglia di vivere fino in fondo la vita senza risparmiarsi in viaggi e lavoro.
Per capirlo bisogna pensare che Giovanni Assante a meno di vent’anni andò nel Mato Grosso, eravamo in pieno ’68, per un progetto di alfabetizzazione delle aree rurali nella missione salesiana di Kejara: era questo impulso di generosità che ha saputo trasmettere anche quando poi è tornato in Campania trovando impiego nel pastificio di Castellammare.
Per capire quando era ben voluto, basta scorrere la sua bacheca oggi e vedere quanti cuochi, noti e meno noti, hanno voluto lasciare un ricordo. Memorie da cui emerge la sua straordinaria disponibilità umana. Quando era l’onomastico, da buon meridionale, chiamava (non scriveva) per fare gli auguri. Cose che nessun corso di marketing inzeppato di parole inglesi insegna ma che vanno dritte al cuore.
Non so quante volte l’ho visto uscire da una cucina nei posti più impensati d’Italia. L’ultimo a sentirlo, ieri pomeriggio, Ciccio Sultano.
Perchè Giovanni amava la pasta, sapeva venderla, gli piaceva mangiarla e soprattutto sapeva cucinarla benissimo.
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