di Luciano Pignataro
Una delle sue ultime apparizioni in pubblico, ma forse anche una delle prime se non la prima, fu nel 2017 quando venne a ritirare il premio Mangia&Bevi della Guida del Mattino alla Mostra d’Oltremare nell’ambito di Gustus. Tutta quella confusione, gli applausi, le foto, le telecamere accese, lo divertirono, i suoi occhi divennero ancora più azzurri, si prestò in modo disciplinato e paziente alle richieste di mettersi in posa per poi salutare con garbo e andarsene. Era contento ma non voleva farlo vedere troppo perché sempre, nella gioia come nel dolore, ha sempre mantenuto un profilo misurato, come un uomo di altri tempi.
Fu così che per un momento, un solo istante lungo una mezza mattinata, la cometa incomprensibile del pazzo mondo dei media sfiorò Antonio Condurro, l’ultimo dei 13 figli di Michele, il fondatore della pizzeria più famosa del mondo, morto la notte di Santo Stefano. Non sapeva di essere una star, probabilmente non capiva nemmeno tutta quella eccitazione attorno al mondo pizza, una incomprensione spesso tradotta nei post su Facebook del nipote Alessandro con ironia verso se stessi e verso gli altri.
Loro, la famiglia Condurro, sanno di essere i depositari di un modo di essere della pizza napoletana che non si è mai adattata alle novità dopo aver raggiunto la perfezione e Antonio, con il suo conservatorismo roccioso e assoluto, alla fine forse è stato il più moderno di tutti perché a volte bisogna stare fermi per correre più degli altri. La perfezione per una pizza è…profumare di pizza, sapere di pizza al palato in una completa fusione fra i prodotti che la compongono. Altrimenti è focaccia.
Classe 1932, avrebbe fatto 90 anni a febbraio e fino al 2019, prima che il Covid imponesse per la prima vota la chiusura del forno rimasto acceso da cinque generazioni, ha lavorato ammaccando e preparando pizze. Ultimo di tredici fratelli, insieme al primogenito Salvatore e a Luigi aveva mantenuto in piedi l’attività con determinazione. Da quando, undicenne, vide fare le pizze mentre passavano i carri armati americani a Corso Umberto dopo la cacciata dei tedeschi da parte del popolo napoletano, prima città a liberarsi da sola dall’orrore del dominio nazifascista.
Poi la svolta, l’intuizione una volta preso il comando del locale: semplificare il lavoro e concentrarsi solo sulle due vere pizze da cui è nato tutto: la marinara con pomodoro e origano e la margherita, rigorosamente con il fior di latte di Agerola, pomodoro e basilico. Marinara e margherita, margherita e marinara, un servizio essenziale, senza fronzoli. Così la pizzeria di Forcella è diventata il “Tempio della Pizza” come amano definirla i Condurro. In questa sua semplificazione c’è la modernità del conservatorismo di Antonio perché lui, per intuito o per visione non è dato di saperlo, capi’ che la pizza napoletana così come era stata codificata nei locali di via Sersale sarebbe stata un prodotto immortale.
C’è infatti chi parla di “stile Condurro” per indicare la pizza a ruota di carro, quella della fame del centro storico che non viene contenuta nel piatto e solo un figlio dei Lumi può chiedersi perché non prendere piatti più grandi per evitare che il cornicione tocchi il tavolo. Che poi è come chiedersi perché spezzare gli ziti se si vendono già spezzati. Solo il napoletano, che traduce la parola cibo con il verbo mangiare (‘o magnà) può dare la risposta, che è quella di un cibo che deve nutrire ma anche far sorridere, appagare lo stomaco ma ancora prima la vista allontanando l’idea che la pizza sia piccola, come quella dei signori a Chiaia o al Vomero.
Questo stile a ruota di carro è sempre stato mantenuto da Antonio Condurro, ed è il più imitato da campioni come Sorbillo, da Maria Cacialli, dagli stessi fratelli Salvo di Portici e poi sbarcati a Napoli.
Così la pizzeria «Da Michele» diventa famosa per il suo forte legame con la tradizione napoletana tanto da salire alla ribalta internazionale grazie alla scena del film «Mangia prega ama» in cui Julia Roberts mangia una pizza all’interno del locale. Da quel momento arriva il vero e proprio boom, quello delle file leggendarie in cui si sentono parlare tutte le lingue. Un rituale anche questo incomprensibile e criticato da molti giornalisti del Nord che non conoscono l’essenza della pizza napoletana o che giudicano anormale in Italia quello che avviene normalmente a New York con le file per mangiare il pastrami da Katz. La stessa fila rientra nel rituale della pizza, crea l’attesa, si anima di discussioni e di nuove conoscenze e alla fine si inizia a gustare nel momento in cui si è chiamati.
Antonio Condurro non è stato solo un roccioso conservatore sulla pizza, ma anche nei rapporti commerciali. Una volta scelti i parner non li ha mai voluti cambiare per nessun motivo al mondo ed è stata questa l’unica vera condizione quando ha dato il via libera all’operazione Michele in The World gestita dalla figlia Daniela e dal nipote Alessandro: Michele deve essere uguale ovunque altrimenti non è più Michele, diventa un nome privo di significato. Ieri è stato salutato nella chiesa di Santa Maria Egiziaca nella sua Forcella, e il saluto ufficiale della pagina Facebook è in qualche modo anche l’epitaffio che, ne siamo certi, avrebbe gradito.
“Oggi la pizzeria resterà chiusa per rispetto verso un uomo d’altri tempi che è la storia della nostra pizzeria perché senza la storia non c’è presente né futuro e l’omaggio, reale e sentito, verso chi ha contribuito a costruire bellezza è doveroso. Don Antonio resterà sempre tra le mura della sua amata pizzeria, dove ha donato felicità a tantissimi, grazie a un mestiere nobile perché fatto con le mani e la devozione al lavoro”.
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