Lo chiamavano amichevolmente ‘o Cheffone (leggi sceffone), ossia il grande chef, per via della sua stazza. Ieri è morto mentre lavorava in cucina nel ristorante Zaccaria ad Atrani perché un costone di roccia si è staccato e lo ha schiacciato. Aveva 44 anni, lascia la moglie e due figli.
L’appuntamento con il destino era fissato: aveva ritardato l’arrivo al locale, dove da poco era ai fornelli, perché bloccato da un altro smottamento.
Il destino? Purtroppo queste tragedie sembrano opera di entità astratta finché non ci riguardano da vicino: ancora una volta si parlerà di dramma annunciato, di allarmi inascoltati, di controlli non fatti. La verità è che la cultura di questo paese ormai naviga a vista con l’emergenza, non vuole sentire parlare di programmazione e ogni saccheggio del territorio, cioé dell’uomo che divora se stesso, raccoglie gli applausi e il sostegno degli amministratori di destra, sinistra e centro che dalla rendita edilizia guadagnano posti di lavoro e mazzette per la campagna elettorale.
Muore qualcuno? Un po’ di rumore, e poi tutto tornerà come prima. Gli ambientalisti Cassandre inascoltate, i Petrini rompicoglioni per i corifei pagati dalle multinazionali dell’ogm o succubi di un modernismo che fa rima con oncologia, i controlli delle Sovrintendenze un lacciuolo inutile. Avanti così, sino alla tragedia collettiva, la Sodoma del cemento in cui tutti finiremo beatamente fusi.
Carmine Abate faceva il suo lavoro. Bene mi dicevano gli amici che avevano provato i suoi piatti al Cannaverde dove ha lavorato a lungo prima di approdare da Zaccaria.
Ma io, il grande giornalista del cacchio, personalmente non lo conoscevo perché non avevo mai trovato il tempo di andarlo a trovare.
E nessuno lo conosceva.
Perché non era andato a Striscia a sputtanare i colleghi
Perché era fuori dal circo-circuito in cui tutti finiamo per essere parte volenti o nolenti, per abitudine o per corruzione mentale.
Perché non aveva il suo sito web o la pagina su Facebook
Perché non si vedeva alle manifestazioni o alle presentazioni in giro
Perché non usciva in sala
Perché non scriveva cazzate sul menu
Perché era un cuoco, non uno chef
Ero uno chef operaio, uno dei 97.000 in Italia che non entrano nelle guide ma che con il loro lavoro quotidiano tengono in piedi il sistema e la filiera, l’unica che, storto o morto, funziona ancora.
Bravi giornalisti oggi lo raccontano sul Mattino, che dedica le prime due pagine curate da me del giornale alla tragedia.
Noi lo ricordiamo qui, ‘o Cheffone.
Sotto con lo scritto che Maristella Di Martino aveva inserito nella sua guida.
Io imparando ad ascoltare di più, sempre di più.
Cantina del Nostromo, Da Zaccaria
via Colombo, 9
Tel. 089.871807
Chiuso il lunedì
Un punto della costa tanto particolare quanto affascinante che solo un occhio attento, soffermandosi a guardarlo, ha la possibilità di osservare per scoprire il piccolo ma prezioso scrigno che nasconde. Siamo a poche centinaia di metri da Amalfi, proprio alla fine della galleria che collega Atrani al capoluogo della Divina. Trovare questo ristorante è semplice, perché anche passeggiando tra i due borghi di pescatori e volendo fare una piacevole sosta vi accoglie il ristorante di Zaccaria, amalfitano purosangue e per questo amante del mare e della buona tavola. Il locale è situato su una roccia naturale ed è un piccolo belvedere di pietra a cui si accede direttamente lungo la strada rotabile o anche dalla scala che sale da Atrani. Dal 1977 il “Nostromo” e sua moglie Annamaria fanno di questo luogo un punto di riferimento storicamente riconosciuto della proposta gastronomica della Costiera. Il diktat qui è la freschezza per fare arrivare a tavola piatti senza grosse pretese ma sempre rispettosi della tradizione locale. Quando Annamaria è ai fornelli, infatti, interpreta la materia prima che ha a disposizione con grande naturalezza e la propone con abbinamenti semplici ma di successo. La sua è una cucina che lei stessa ama definire casereccia dove ogni ingrediente viene valorizzato senza alternarne caratteristiche organolettiche. Ed ecco che ti propone quasi sempre il pescato del giorno cotto sui carboni accompagnato con contorni di stagione o anche gustosi primi, ovviamente di mare, preparati con la sapienza delle donne di una volta. A guidarla da anni è la stessa passione che la accomuna al marito, col quale condivide sogni e professione.
Maristella Di Martino
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