Eccoci nel vigneto più meridionale della Campania, proprio ai bordi della Lucania di Maratea. Morigerati, paese albergo e di Oasi naturale. Tutto era sotto il mare un milione infinito di anni fa.
Adesso invece bisogna salire, per raggiungere gli ottocento metri di questo vigneto circondato da pecore e boschi.
Rocce levigate come il fondo di un fiume, fossili, conchiglie. Qui la Campania vulcanica è lontana, il centro con più di ventimila abitanti è a cento chilometri, il buio della notte ti abbraccia torbido quando lasci alle spalle le luci sporche della città.
Il sindaco di Morigerati di chiama Cono D’Elia, ha in testa le stesse cose di Angelo Vassallo, ma il grande vantaggio di stare nelle zone interne e non sul mare dove le pressioni dei palazzinari sono enormi e continue. Cono non vede altro futuro se non creare turismo compatibile e rilanciare alcune produzione di qualità, come l’allevamento delle capre. Sa bene che un vino può rendere il paese famoso in tutto il mondo e con Bruno ha fatto un accordo. Io ti do otto ettari in fitto per trent’anni, tu mi ci fai il vino e crei occupazione.
Bruno ha quindi finalmente la possibilità di esprimere il suo estremismo senza mediazioni: qui si farà solo fiano, il più alto della Campania, sotto le refole fredde dei monti lucani e del massiccio del Cervati. Ma non basta: per la prima volta il fiano sarà allevato ad alberello con una previsione di 500, 600 grammi per pianta.
E ancora: tutto secondo i principi della biodinamica, una conseguenza in un suolo vergine mai coltivato e circondati da boschi.
L’estremismo agricolo non può che nascere sul flysch sui cui è steso il Cilento, che per questo motivo non è Campania ma, geologicamente parlando, Basilicata. Le piante dovranno spingere in profondità le radici per bere.
Siamo stati qui nell’agosto 2009, quando il tutto era stato appena acquisito. Ci siamo tornati in questa Pasqua serena. Ora dovremo aspettare tre anni prima di bere il primo sorso di questa avventura straordinaria.
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