Affidabili, classici, irrinunciabili. C’è poco da fare, quando si vuole uscire fuori dalla curiosità, dalla tipicità, dalle proprie convinzioni palatali, in Campania bisogna dirigersi su questi due vini oltre che sul Terra di Lavoro di Galardi.
Abbiamo provato l’altra sera il millesimo 2012 su una grande fiorentina di Mario Carrabs da Meatin al Vomero che sta per arrivare al compimento del secondo anno. Grande qualità di una materia prima alla quale da decenni ci avviciniamo con prudenza. Ma, c’è poco da fare, quando è buona è un grande cibo.
Il Montevetrano e Nanni Copé (si, vabbè, sarebbe Sabbie di Sopra il Bosco) sono due grandi rossi campani, tra i pochi capaci di interfacciarsi con alcuni tra i più significativi bordolesi per la loro ricchezza e la loro capacità di esprimere ogni millesimo con personalità.
Sono due vini che hanno molto in comune a cominciare dai vitigni diversi (da un lato cabernet, merlot e aglianico, dall’altro Pallagrello nero, Casavecchia e aglianico). No, non è un ossimoro: perché entrambi escono dal totem del vitigno in purezza per riconciliarsi con il blend che è il grande segreto per centrare un risultato affidabile ogni volta che si apre una bottiglia importante con la quale non si può sbagliare.
In comune hanno la capacità di comunicazione di chi li ha pensati, Silvia Imparato e Gustavo Ascione, due persone diversissime ma che hanno in comune una cosa molto semplice che regala loro vantaggio: hanno girato e girano il mondo e hanno la capacità di coniugare le proprie convinzioni con quello che hanno visto e appreso nella vita senza pregiudizi.
Ancora, sono due vini che hanno fatto epoca. 25 anni fa il pubblico degli appassionati comprese che in Campania era possibile ottenere vini capaci di sfondare nel punteggio di Robert Parker. Dopo un quarto di secolo Giovanni Ascione riesce a fare un rosso che tutti amano con profondità e rilancia il vino campano in un momento di decisa stanca se non di ripiegamento.
Ma soprattutto Montevetrano e Nanni Copè sono comprensibili anche a chi non è dentro il mondo del vino perché hanno entrambi una verve interiore inesauribile. Certo il Montevetrano 2012 appare più sicuro, equilibrato, sostenuto dall’acidità ma anche ricco di frutta e capace di sostenere la beva. Nanni Copè invece è più irruento, vivace, fresco.
Entrambi i rossi rivelano però un rapporto assolutamente corretto nell’uso del legno che non è affatto invasivo, ma fa da spalla alla frutta in un gioco di equilibrio ineguagliabile.
Due grandi bevute, non saprei dirvi cosa bere prima e cosa bere dopo, e neanche quale alla fine ha prevalso perché le bottiglie sono rimaste vuote.
Quel che è certo è che, insieme al Taurasi di Mastroberardino e di Quintodecimo e al Galardi, sono le etichette rosse che ogni anno, senza tema di sbagli, la Campania può affidare con tranquillità al bibliotecario del tempo, quello che regola i conti con le sciocchezze, le mode e la memoria di facebook, cicala del sapere moderno.
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