Dall’inizio degli anni ’90 al top in Italia, una presenza inossidabile, confortante, inimitabile. Non è il suo passato a farne un mito, l’essere stato il primo rosso campano a ricevere tanti premi, l’aver dimostrato come fosse possibile realizzare grandi vini anche al Sud, ma il suo presente, la sua capacità di essere al di là delle mode. Si porta il vitigno internazionale? Il Montevetrano c’è. E poi il blend autoctono/alloctono? Il Montevetrano c’è. E poi l’autoctono, il vino concentrato e marmellatoso, il vino naturale? Il Montevetrano c’è sempre. Per un motivo semplice, che purtroppo non è stato compreso da molti produttori in Italia: essere rimasto fedele a se stesso, variare solo seguendo le annate, trovando un punto di equilibrio assoluto nel blend e al tempo stesso con il legno, sempre ben dosato e mai preminente.
Ma il Montevetrano c’è anche perché ha mostrato grande serietà commerciale senza cedere all’ingordigia di cui tanti sono rimasti prigionieri: mai inseguire la domanda e vendere intere partite, bensì dividere il mondo e garantire sempre la stessa offerta, leggermente irrobustita anno dopo anno. Quanti Taurasi sono spariti dalla circolazione perché il proprietario ha ceduto alla tentazione di liberarsi subito di tutta la produzione cadendo nella trappola di astuti mercanti? Ma non solo: il Montevetrano è rimasto unico, solo prodotto dell’azienda, senza strizzate d’occhio commerciali con un vino di ricaduta o un rosé, senza cedere alle Sirene che invocavano altro. Fedele a se stesso, come una colonna dorica, è così diventato il punto di riferimento stilistico di ogni architettura che ambisca a scalare il cielo.
E infine: nonostante i premi e i riconoscimenti, nonostante la domanda sempre tripla, quadrupla, rispetto all’offerta, il prezzo non è mai lievitato, ma è rimasto inchiodato al punto di partenza. Serietà produttiva, serietà commerciale. La nuova annata è così un appuntamento per i suoi cultori: credo che la 2006 sia una delle più buone di tutte. Come la 2002 e la 1994, si dispiegherà nel tempo con leggerezza ed equilibrio traendo vantaggio dallo scorrere degli anni. La potenza del frutto e dei tannini è ancora tutta in essere, come una fionda che si sta caricando per un lancio di lunga gittata. Il vino di Silvia Imparato ha ancora una marcia in più perché è bifronte come Giano, è autoreferente ma al tempo stesso va benissimo in abbinamento con i cibi della tradizione e quelli più alleggeriti dell’alta gastronomia. E’ il segno della Campania che va, per citare il blog di Monica Piscitelli, tra i più seguiti del settore del turismo enogastronomico del Sud. Del resto, se il Montevetrano va, la Campania va. Difficile il contrario.