Ma anche in un palazzone di periferia il dato di fondo non può cambiare: il Montevetrano è ormai un classico, ossia regala la sensazione di conoscerlo da sempre, quasi di non poter bere altro, perchè dalla sua ha l’eleganza, ossia l’equilibrio tra le diverse componenti a cui concorrono il cabernet sauvignon, il merlot e il pizzico di aglianico. Ogni altro tentativo campano di fare vini da uve internazionale è stato caricaturale, o comunque è ben lontano solo dal raggiungere a vista questo rosso di San Cipriano Picentino, ormai ai vertici enologici da quasi vent’anni.
Il Montevetrano è stato lo squillo della ripresa del vino al Sud e in Campania, quando era senso comune dei consumatori l’impossibilità di bere qualcosa di decente sotto la Toscana. è stato anche l’emblema della rinascita della viticoltura italiana a partire dalla seconda metà degli anni ’90. è passato indenne dopo l’attentato alle Torri Gemelle che ha imposto un serio ripensamento a tutto il mercato, troppo abituato agli annunci ad effetto e poco propenso a parlare di agricoltura. Infine resta moderno e di moda anche in questi anni in cui dominano i vitigni autoctoni, il neopauperismo nostalgico del vino del contadino, e anche la tendenza alla naturalezza del bicchiere. Il motivo è che dietro questo vino oltre ad un grande enologo, Riccardo Cotarella, c’è anche una grande donna capace di cambiare il passo a un territorio ribaltando antiche consuetidini. Il 2007 è di approccio più facile rispetto allo stupendo 2006, figlio di un’annata in cui i rossi esplodono di frutta, come sempre ben mediata dal rapporto con il legno, ma non credo sia un bicchiere destinato a fermarsi qui.
Già durante la degustazione, come sempre, il Montevetrano mostrava in continuazione aspetti diversi del suo ricco e affascinante profilo olfattivo mentre al palato è assolutamente compiuto e perfetto. Infine, diciamocela tutta, la grandezza del vino di Silvia è nella sua semplicità essenziale, il suo essere rimasto vino di territorio a prezzo ragionevole e, soprattutto, capace di dialogare con il cibo a differenza di tanti rossi palestrati di cui non avvertiamo più neanche memoria.