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Sempre aperto, ferie variabili in inverno
Se avete voglia di divertirvi a tavola questo è il posto che fa per voi. Nella struttura dell’albergo è stata organizzata una piccola sala con cucina a vista e una ventina di posti: ma questa disposizione è in attesa di un profondo cambiamento che avverrà entro l’anno con l’apertura di un resort con tanto di camere e il raddoppio dei posti.
Angelo D’Amico, neanche trent’anni, è stato a bottega alla Terrazza dell’Eden e a Palazzo Sasso con Tony Genovese, poi a lungo con Antonella Colonna con lunghi affacci da Alan Passard. Ha dunque gli strumenti tecnici necessari per rileggere la materia prima del territorio secondo un protocollo che a noi piace molto: sapori distinti e precisi, libertà nelle combinazioni e negli accostamenti.
Ogni chef in Campania ama misurarsi con il pesce, ritenuta la materia prima per eccellenza che consente di esprimersi al massimo livello. Dunque non abbiate dubbi di trovarlo qui nella Valle Caudina dove i Sanniti le suonarono di santa ragione agli invasori Romani: del resto ormai il mare è a un’ora di macchina. Un’altra caratteristica, assorbita da Tony, è l’uso delle erbe e delle spezie che contribuiscono a cambiare il volto del prodotto, spesso in grado di esprimersi meglio. In effetti lo chef lavora al piatto come l’enologo al vino, cerca l’equilibrio e può giocare su più leve per realizzarlo, ad esempio accentuando l’amaro per sopperire all’assenza di sale, e via discorrendo.
La carta ti porta a mangiare sui 40, 45 euro. Una esperienza che a nostro giudizio vale il prezzo.
Nella vellutata di piselli con polpette di seppie si evince bene la capacità dello chef di trattare la materia prima e di richiamarsi in modo nuovo ad uno dei piatti più tradizionali dell’orto-mare partenopeo. In questo caso si spinge sulla dolcezza totale del piatto nelle sue due articolazioni. L’antipasto è in genere presieduto dai salumi di Berardino Lombardo e dai pani preparati in proprio. Come i dolci del resto: il ragazzo con il tema della lievitazione ci sguazza.
La pasta e fagioli di Prata con le vongole ci ha fatto arricciare il naso concettualmente, arricchito tra l’altro da un filo di cotica passato in padella, ma alla fine il risultato è regolare nonostante il rischio-pasticcio: prevale il fagiolo con una punta di sapidità marina. Questo dipende che ormai i frutti di mare sono stati praticamente neutralizzati dalle norme di sicurezza, per cui forse in questo caso funzionano meglio le cozze di scoglio, quelle piccole che troneggiano in pescheria proprio in questo periodo dell’anno.
Tra le altre proposte: mezzi paccheri con pescatrice e primizie di stagione, il tortello di bufala con alici e zucchine, i tagliolini con strinata di maiale nero e cacio di Berardino.
Nei secondi leggiamo di pesce del giorno in sfoglia di melanzane e patate mantecate ai frutti di mare con olive e capperi, filetto di rombo arrosto, carré di agnello in casseruola alle mentuccia.
A latere, insalate e verdure dell’orto, a chiudere la selezione di formaggi e i dolci. La carta dei vini è ben organizzata per vitigno, manca di profondità ma speriamo che quando ci sarà il trasferimento la proprietà si deciderà di assumere un sommelier che ne curi i particolari. Il Barry è la testimonianza che, nonostante la crisi, c’è ancora tanta voglia di fare e di operare in Campania e nel Sud.
Siamo all’ondata dei giovani chef di seconda generazione rispetto a quelli che hanno fatto da battistrada: sono in possesso di più tecnica, si affidano meno all’improvvisazione, ma devono fare uno sforzo maggiore nell’aggiornamento dei sapori perché molti erano già spariti quando loro sono nati. Tanto per dire, le vongole, appunto. Gli antipasti costano 9 euro, i primi 10, i secondi da 13,50 a 14,40. Il dessert sui 5 euro.
Angelo è un giovane di talento, ha sicuramente una marcia in più nell’estro, e se mantiene la barra dritta senza preoccuparsi di seguire le mode, sicuramente riuscirà ad affermarsi con autorità nel già ricco panorama della ristorazione regionale e meridionale.
Come arrivare
L’uscita è Caserta Sud sulla Napoli-Roma. Proseguite in direzione Maddaloni e poi Montesarchio. Il ristorante è sulla destra, appena superato il paese, un po’ nascosto alla vista. Dovete cercare un’area verde e un muro in mattoni scuri. Per gli amanti delle curiosità: siete nel cuore del territorio in cui è nata la falanghina di tipo Beneventano.
Visita del 27 maggio 2008. Non è il solito ristorante dell’albergo. E’ piuttosto un ristorante nell’albergo. E’ meglio precisarlo. E’ lo spazio, una piccola sala elegante, raffinata, curata nell’arredo e nelle suppellettili per appena una trentina di coperti, dove un cuoco ha allestito il suo atelier e realizzato il suo sogno. Lo chef è Angelo D’Amico, giovanissimo, appena trentenne, che ha avuto tutto il tempo, però, di assistere ai fornelli Antonello Colonna a Labico, poi Enrico Derflinger all’Eden di Roma, Anthony Genovese a Palazzo Sasso di Ravello, Carlo Cracco nel CraccoPeck a Milano.
Grandi occasioni per formarsi e consolidare le conoscenze che aveva ereditato dal padre e dalla nonna fornaia in quel di Frasso Telesino, al di là del Monte Taburno. Al di qua, dove sta Barry, siamo appena all’inizio delle valli sannite, lungo l’antica via Appia che menava a Benevento e poi raggiungeva le Puglie. Qui ancora è possibile scovare luoghi dove la natura non è stata deturpata dall’uomo, cosicché colture e allevamenti sono tuttora genuini e di alta qualità. A Labico D’amico era addetto alla ricerca delle prelibatezze. A Montesarchio ha amplificato questa sua passione. E’ meticoloso, quasi ossessivo quando deve scegliere le materie prime: dalle farine per i pani e le paste fresche, ai pesci e alle carni. Il territorio lo affascina: difenderlo ed elogiarlo è per lui una missione nobile. Ma non una prigione.
Per questo ha scelto di proporre la sua cucina spaziando tra la semplicità dei sapori autentici e la complessità delle tecniche di cottura e di preparazione dei piatti. Senza mai mortificare il sapore e i profumi. Il Tortello di Bufala ne è un esempio: la sfoglia di pasta all’uovo avvolge e racchiude un tesoro di emozioni. Il latte e la mozzarella di bufala diventano un mix unico, né crema né fonduta, ed esplodono nel palato. Una sensazione unica che coinvolge oltre il gusto anche il tatto e l’olfatto: sapidità, delicatezza, cremosità, sentori selvatici del fieno. Anche i pani elogiano la terra ospite: sono fatti morbidi dalle patate e conditi dalle noci, l’uvetta, i pinoli.
I tagliolini con cacio e stringata di maiale lasciano sentire tutto il profumo del nero casertano, mentre i cavatelli sorprendono per l’insolito sapore amaro degli asparagi di montagna, appena ingentiliti dai crostacei. Il baccalà è stufato nel suo umore umido con cipolle e noci e viene portato in tavola nel barattolo di vetro sigillato utilizzato per la cottura. Il maiale è cotto a bassa temperatura accompagnato da capellini di cacao mele e sedano rapa. Ed è veramente buono.
è tutta una sorpresa questo Barry, che voleva essere soltanto un Bar-ri…storante. E ora, invece, rappresenta uno dei luoghi gourmet più interessanti della Campania proprio perché il prodotto locale e quello tipico raggiungono espressività di grande livello. Spiccano, insomma il volo dell’Angelo. E sono alla portata di tutti. 40 euro per un pranzo completo con una bellissima, intelligente carta dei vini che poco, veramente poco, aggiunge ai prezzi delle bottiglie in enoteca.
Tommaso Esposito
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