di Carmen Autuori
Dall’Irpinia all’Alto Casertano, passando per il Cilento, uno dei frutti identitari per eccellenza è sicuramente la castagna. Si tratta di un prodotto resiliente, un po’ come queste terre, nonostante l’ormai endemico spopolamento, l’indifferenza delle istituzioni, la scarsa valorizzazione del loro patrimonio storico, artistico e naturalistico.
Per circa un decennio la castanicoltura ha subito ingenti danni a causa del cinipide galligeno, un insetto che attaccando i germogli della pianta ne arresta la crescita vegetativa e ne riduce la fruttificazione, in alcuni casi può provocare la morte della pianta stessa.
Una vera e propria piaga per la castanicoltura campana, filiera tra le più importanti d’Europa e del mondo. Basti pensare che si estende su 15000 ettari di castagneti, per la maggior parte in zona parco sia regionali che nazionali, con oltre 500 aziende agricole e 30 imprese agroindustriali interessate.
Per fortuna quegli anni restano solo un brutto ricordo e la castanicoltura torna ad essere centrale per l’economia delle zone storicamente vocate. Un prodotto che per le sue proprietà nutraceutiche, per l’estrema versatilità in cucina – adatto sia per le preparazioni dolci che salate – e per l’intrinseco valore storico e culturale è a pieno titolo un frutto importantissimo per la nostra alimentazione, nonché volano di crescita di estesi territori, le cui potenzialità vanno tutelate e comunicate nella giusta maniera.
Il Distretto
A tal proposito centrali sono gli obiettivi del Distretto delle Castagne e dei Marroni Campania, nato nel 2022 e riconosciuto dal Ministero dell’agricoltura come unico distretto, cui hanno aderito circa 400 soci tra agricoli ed industriali, oltre a vari comuni. Ad oggi le castagne campane riconosciute Igp sono quattro: Castagna di Montella, di Serino, di Roccamonfina ed il Marrone di Roccadaspide, e in via di riconoscimento quella del Partenio.
Il distretto, diretto da Roberto Mazzei, vanta il supporto scientifico ed accademico del presidente Antonio De Cristofaro, entomologo, esperto di agricoltura biologica e professore ordinario presso il dipartimento di Agraria dell’Università del Molise.
<<Il castanicoltore non è solo un agricoltore – spiega Roberto Mazzei – ma un vero e proprio custode pro tempore di un patrimonio che va oltre il prodotto: racchiude secoli di tradizione, di storia, di biodiversità e anche di tutela dell’assetto idrogeologico. Il nostro distretto si pone come obiettivo primario la tutela e la valorizzazione di questo importantissimo comparto con delle strategie mirate. Innanzitutto, la scienza applicata all’agricoltura senza snaturarne il carattere tradizionale, inoltre lo studio di strategie di mercato per posizionare il prodotto nei mercati internazionali e renderlo appetibile, in sostanza vogliamo essere una sorta di contenitore di rappresentanza in grado di relazionarsi con gli altri competitor.
È, inoltre, necessario regalare alla castagna una tempistica di consumo diversa, in altre parole bisogna abbandonare l’idea che sia solo un frutto invernale da consumare, magari, come dopo pasto insieme all’altra frutta secca. Per le sue proprietà nutrizionali, la castagna è un alimento adatto ad essere consumato in ogni momento del giorno, e penso ad uno snack salutare quale potrebbe essere una porzione di castagne a vapore che rimanda alle antiche merende di queste zone dove a scuola si portavano le Ballotte (castagne lesse). Un ritorno al passato che ci proietta verso il futuro e verso uno stile di vita sano>>.
Castagna di Montella IGP
Prima tappa Montella, in Irpinia, splendida nei colori autunnali ed immersa in castagneti secolari che fanno parte della sua storia. Secondo alcuni la coltivazione del castagno risalirebbe tra il VI e il V secolo a. C., mentre la prima legge a tutela di questa risorsa imprescindibile per l’alimentazione contadina risale all’epoca longobarda.
La varietà più diffusa è la palommina per la sua forma che ricorda le ali di una colomba (palomma). È considerata tra le castagne migliori d’Italia – la più contraffatta – ed è quella che meglio si presta alla trasformazione. Notissima è la Castagna del Prete, ottenuta dall’essiccazione, dalla tostatura e dalla successiva idratazione del frutto, le tre lavorazioni conferiscono al prodotto un caratteristico aroma dato dalla caramellizzazione degli zuccheri.
La “Castagna di Montella” è stato il primo ed unico prodotto ortofrutticolo in Italia ad aver ottenuto prima la DOC nel 1987 e poi la IGP nove anni dopo.
Si raccoglie dai primi di ottobre, in genere dopo la festa di San Francesco, fino a fine mese. Un’antica e bellissima consuetudine che ancora resiste è quella di abbandonare i castagneti dopo la festa dei morti per favorire l’accesso a tutti, in passato soprattutto ai poveri.
Come dicevamo castagne dalla colazione alla cena: dagli infusi a base di castagna, ai fiocchi di farina di castagne, dalle creme spalmabili ai biscotti, ai dolci da dispensa, tutti prodotti adatti anche a chi soffre d’intolleranze. Inoltre, la sua composizione a base di zuccheri complessi non incide sui picchi glicemici. Insomma, un vero e proprio prodotto nutraceutico.
Tra le aziende specializzate nella trasformazione ricordiamo “Gigliola Perrotta” che opera nel settore da più di un trentennio.
Oltre alle Castagne del Prete ottenute con metodi tradizionali, ossia l’essiccazione sui gratali (griglie) con il fuoco di legna di castagno che brucia per circa quindici giorni, le morbidelle e le castagne cotte a vapore, l’azienda si distingue per la produzione di un’ampia gamma di prodotti, tra cui biscotti, creme spalmabili, torte, castagne conservate al rum e alla grappa: tutto realizzato senza alcuna aggiunta di conservanti. Da qualche anno è in essere anche la produzione del panettone ai marron glacè.
Sempre a Montella l’azienda Malerba, fondata nel 1875 da Catello Malerba, è tra le aziende storiche specializzate nella produzione e conservazione delle Castagne di Montella IGP.
<<La fase più importante è l’essiccazione, fino a qualche decennio fa ogni abitazione, compresa quella del sacerdote, aveva un locale il “gratale”, destinato a tale scopo – spiega Salvatore Malerba -, questo testimonia il profondo legame del popolo irpino con questo frutto. Le prime castagne raccolte ancora oggi, una volta essiccate, vengono esportate negli Stati Uniti pronte per farcire il tradizionale tacchino nel Giorno del Ringraziamento che si festeggia il quarto giovedì di novembre>>.
L’azienda produce anche una birra artigianale, idea nata negli anni del cinipide il cui scopo è stato soprattutto quello di preservare i posti di lavoro dei dipendenti. L’idea si è rivelata vincente, oggi sono tre le tipologie di birre Malerba: Scorzella, Ninkasi e Enki.
Risale al 1975 la fondazione della Cooperativa Agricola Castagne di Montella, presieduta da Maurizio Grimaldi, realtà molto radicata sul territorio, incentrata su principi di solidarietà fra i produttori agricoli e con l’obiettivo di accorciare la filiera produzione- mercato, avvicinando il più possibile i produttori ai consumatori. La prima forma di cooperazione in un settore estremamente difficile anche per l’estrema frammentazione dei castagneti. Oggi la cooperativa acquista il prodotto fresco sia dai soci che dai produttori esterni purché il conferimento di questi ultimi non superi la soglia del 50%.
Castagna di Roccamonfina IGP
Siamo nell’ Alto Casertano, a Roccamonfina all’interno della caldera nata da un vulcano spento ed una delle più grandi d’Europa. Qui la Castagna di Roccamonfina IGP è il punto di partenza per il rilancio turistico non solo di Roccamonfina, ma anche di tutte le zone limitrofe. Sono 150 i soci che hanno aderito al Distretto Castagna e Marroni Campania.
L’indicazione geografica protetta è riservata ai frutti appartenenti alle cultivar Primitiva (o Tempestiva), Napoletana (o Riccia, o Riccia Napoletana), Mercogliana (o Marrone), Paccuta e Lucente (o Lucida).
Grazie alla Tempestiva, così chiamata per la sua precocità dovuta alle favorevoli condizioni climatiche, il periodo di produzione copre tutta la stagione che va dai primi di settembre ai primi giorni di novembre. È proprio questa varietà precoce la prima ad essere commercializzata, spuntando anche i prezzi migliori. Si tratta di una castagna molto zuccherina che, grazie alla felice interazione tra suolo e clima, come le altre si presta a tutta la filiera di trasformazione.
<<Roccamonfina ha puntato molto sull’immagine delle nostre castagne – spiega il giovane ed appassionato sindaco Carlo Montefusco -. Come amministrazione abbiamo aderito con grande entusiasmo al Distretto perché ne condividiamo in pieno le finalità. Ci troviamo in un luogo benedetto da Dio, immersi in una natura stupefacente tra rigogliosi castagneti, sentieri naturalistici che ci permettono di ammirare dall’alto tutto il perimetro della caldera e a venti minuti dal litorale Domizio. È nostro dovere promuovere un turismo di qualità che, partendo dalla castagna, valorizzi le enormi potenzialità di questa terra, dal turismo gastronomico a quello naturalistico, passando per quello religioso>>.
La raccolta delle castagne ha sempre rappresentato un evento che scandiva il periodo più importante dell’anno per tutto il territorio. Sin dagli inizi del Novecento si svolgeva nella piazza più grande del paese il Mercato della Castagna, un evento di grande impatto economico per tutta la comunità. Nel corso degli anni questo evento ha assunto i connotati di una festa, dalla messa di ringraziamento per il raccolto, fino alle musiche e danze popolari e alla degustazione dei prodotti tipici che non si limitano solo alle castagne, ma comprendono anche le mele annurche, i funghi, i prodotti lattiero caseari. Nasce così, nel 1976, la “Sagra della Castagna di Roccamonfina” che oggi si articola in cinque week end e che vede la partecipazione di decine di migliaia di visitatori. La sagra si sviluppa in tre macroaree: quella dedicata all’esposizione dei prodotti, quella dei caldarrostai ed una destinata ai concerti.
La somministrazione di cibo è attentamente monitorata dall’Asl e dall’Istituto Zooprofilattico di Portici, una garanzia per la sicurezza alimentare, e questo non è un fatto così scontato.
Come dicevamo Roccamonfina è anche meta di turismo religioso. Imperdibile la visita al Santuario della Madonna dei Lattani, oggi gestito da cinque frati, dalla cui posizione, a circa 900 metri di altitudine, si può godere di un panorama di rara bellezza.
Il santuario fu fondato nel XV secolo da San Bernardino da Siena e San Giacomo della Marca che vi erano giunti in seguito alla notizia del ritrovamento di una statua della Vergine in una grotta posta nelle vicinanze. Si narra che tale effigie fosse stata trovata da un pastore la cui capretta tornasse all’ovile con una coroncina di fiori appesa al collo e con le mammelle gonfie di latte. Al di là della leggenda ci troviamo di fronte ad un culto antichissimo che risale alla Magna Grecia, presente in tutto il Meridione dalla Sicilia all’ Abruzzo: quello della Virgo Lactans o Madonna del Latte. Ne è testimonianza un’antica fonte che sgorga nei pressi del luogo dove si narra sia stata rinvenuta la statua della Vergine meta di pellegrinaggio per le coppie che desiderano avere un figli, ci racconta Padre Alessandro.
Anche il Santuario della Madonna dei Lattani, titolare di un importante castagneto, fa parte del Distretto. Un bell’esempio di sacro e profano uniti nel farsi custodi del Creato (e dei castagneti).
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