di Nicola Nicoletti
“Il futuro è il bio, mettiamocelo bene in testa tutti”. A essere una “tosta” Filomena Merola, in verità, lo è stata da sempre. Una laurea a Milano in Economia e Commercio alle spalle con tesi in Diritto Commerciale, ma nel presente della mora ragazza di Montano Antilia, uno sguardo sicuro e fiero, c’è un quotidiano con un piede in campagna con le capre, a lavorare il latte, e l’altro a portare la contabilità come commercialista in due studi professionali. Capacità delle donne di incastrare più cose assieme. Ha iniziato combattendo contro le irrisioni di chi non capiva il suo amore per la terra e gli animali: una laureata tra le capre. Lei, con nessun allevatore o pastore in famiglia. “Commercialista per hobby, così dicono”, commenta ridendo. “Abbiamo un grande tesoro: la natura”. Dalla stalla escono i belati degli ultimi nati: capretti Camosciati, la razza montana degli stambecchi, e i Saanen. “Ci danno anche 4 litri di latte al giorno. Le Cilentane sono più robuste, ma producono meno della metà”, spiega aprendo la stalla mentre scappano e saltellano cento capre alla vista del prato verde, guidate dal cocciuto capobranco.
In jeans e lunghi stivali neri, controlla che i capretti prendano il latte dalle mamme mentre mostra “Amaltea”, la sua azienda, piccola, ma portata a esempio di efficienza e capacità imprenditoriale. Siamo in minuscolo borgo, su di una collina spersa tra le stradine interne più o meno praticabili della provincia salernitana, uno spaccato incantevole con panorama mozzafiato tra monti ancora innevati e mare. A due passi c’è Palinuro e poi la città abbandonata di san Severino. È appena stata eletta presidente di Anabio Campania, un ramo della Cia, la Confederazione italiana agricoltori, dedicata al biologico. Sulle colline del Cilento la bella Filomena si sveglia all’alba per dividersi tra i lavori di ragioniera e allevatrice. Alle 5.30 la prima e poi alle 17.30 la seconda mungitura, aiutata dal fido Omar, un bengalese tuttofare, e da Antonietta. Poi nel laboratorio realizzato a due passi, la lavorazione del latte. Due quintali all’anno. È divenuta presidio Slow Food per il cacioricotta e questo ha accelerato la conoscenza dei suoi prodotti: “un vero successo”, commenta sicura dei risultati conquistati per un ottimo formaggio, digeribile e gustoso già famoso.
Preme per realizzare il passaggio del bio, da fenomeno, a settore determinante per l’agricoltura. “È urgente l’approvazione del piano per lo sviluppo del sistema biologico con giuste risorse”. Poi preparazione, conoscenza e confronto. “Quando sono partita ho seguito i pastori che ho incontrato. E ho sbagliato non poche volte. C’è bisogno di formazione. In Campania manca una scuola per il settore caseario e una salda rete tra di noi”. La ragazza punta ad aprirsi alla produzione di marmellate. “Corbezzolo, biancospino, mirto e tanto altro che nasce naturalmente”, spiega passeggiando tra grandi pini per carta, una piantagione di alberi sul terreno che comprò come regalo di laurea. La crescita del “bio” dura da 10 anni in controtendenza con l’agricoltura convenzionale: è il punto da cui partirà la sua spinta su scala regionale e poi la visita alle varie produzioni. C’è tanto da fare e snellire. Come la burocrazia. “Sogno una fattoria didattica e uno spazio per la degustazione dei formaggi, ma non si immaginano i documenti da compilare e la pila di domande da inviare per chi vuole restare qui e lavorare per il territorio, senza emigrare”.
In agenda c’è l’incontro con il neo presidente del Parco Nazionale, Pellegrino, l’assessore regionale Matera e il consigliere all’agricoltura Alfieri. “Bisogna lavorare insieme per il rilancio del Cilento. Sono troppi che con una laurea in tasca fanno i camerieri all’estero scappando da qui”.
Amaltea
Via G. Bovio
Montano Antilia (Sa)
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