Il Fiano gode di ottima salute, dopo essersi ben sistemato tra le colline fredde e minerali dell’Irpinia ha iniziato un processo di espansione inizialmente favorito dalla tendenza dei contadini a profumare uve stupide come il trebbiano e il bombino poi consolidato dalle nuove tecniche di coltivazione e vinificazione introdotte in Italia dopo la crisi del metanolo. Così in Cilento ha trovato una sua precisa identità varietale grazie al lavoro di Bruno De Conciliis, Luigi Maffini, Alfonso Rotolo, Raffaele Marino a cui si sono aggiunti produttori come Polito, Tipaldi, Botti e altri ancora che hanno valorizzato la igt Paestum e la doc Cilento bianco. In Basilicata e Puglia sta avvenendo lo stesso processo con ottimi risultati, citiamo solo Paternoster e Santa Lucia per gradire, in Sicilia ci ha messo mano Planeta con strabilianti risultati. Infine il Sannio: qui i produttori hanno mostrato di credere soprattutto alla Falanghina e in seconda battuta al Greco, ma gli esempi di Fiano cominciano a spuntare con autorevolezza. Capita così durante una zingarata con Nicola Matarazzo e Pasquale Carlo tra i colli sanniti di risalire i sentieri che conducono a Pietrelcina per provare la qualità del Fiano prodotto dalla nuova azienda curata da Angelo Pizzi, Fattoria Monserrato. L’azienda per la verità fu acquistata nel 1973 da Francesco Zecchina, allora si produceva tabacco, la coltivazione di cui resta traccia nella struttura tipica utilizzata per l’essiccazione di cui è piena la strada che da Venticano porta a Benevento: adesso nei 50 ettari vulcanici e sassosi, si producono olio d’oliva e vino, Aglianico e Fiano sono in commercio dalla vendemmia 2004. Eccola, allora, la terza azienda del capoluogo sannita dopo la storica Devi della Falanghina dai tempi lunghi e Oppida Aminea pensata dai fratelli Muratori per il bianco. Il cuore dell’azienda amministrata da Carla, la figlia di Francesco, è su un poggio da cui si gode la vista battuta dal vento di Benevento e di un ampio scorcio della valle Telesina chiusa dal Taburno arcigno. Il Fiano 2004 Sannio doc di Francesco e Carla acquista un po’ di complessità olfattiva con il passaggio in legno di una delle partite con cui viene assemblato il blend: colpisce al cuore le zuppe primaverili e il pesce cotto con semplicità nei locali della costa. Prepara alla beva della straordinaria Falanghina 2005 giusto in uscita di cui Angelo è maestro e poi ai due rossi, un Aglianico a cui si chiede tempo e un blend meno fascinoso ma di già pronto. Così, alle soglie del Vinitaly 2006, il Sannio reclama il suo primato.r
31 marzo 2006