Milano, Ristorante Amaltea. La cucina metro-fusion di Gabriele Faggionato

Via Guglielmo Pepe 38
Tel. 02.606340
www.ristoranteamaltea.it
Aperto sempre
Chiuso lunedì; domenica sera
Prezzo medio sui 40 euro

di Tommaso Esposito

Il quartiere è quello che è.
Moderno.
Sospeso tra bureau attrezzati per political, uncorrect & correct business.
C’è il Palazzone della Regione Lombardia.
D’intorno stanno costruendo tante case ancora.
E i grattacieli con giardini pensili.
Dicono che sia la Milano del futuro.
Intanto c’è il presente.
Gente che va.
Gente che viene.
La Stazione di Porta Garibaldi ha un bel traffico di treni.
Ci arriva Italo e pure Freccia Rossa.
Ma viaggiano anche i pendolari.
Di giorno c’è un gran movimento.
Di sera c’è chi consiglia di stare attenti.
Ogni mondo è paese.
Qui c’è questo ristorante. Aperto da meno di un anno.

Ci arrivo perchè amo raggiungere le Novità della Guida a I Ristoranti d’Italia de l’Espresso.
Amaltea fu la capra che allattò Zeus Giove.
Paolo Regondi, che è stato anche a Napoli tanto tempo, ha scelto di chiamarlo così per buon auspicio.

Sta in sala, ma ne condivide proprietà e mission insieme al giovane cuoco Gabriele Faggionato.

Venticinque anni, già secondo da Cracco e tanta esperienza in Francia.
Allo Ze Kitchen Galerie, Paris, con William Ledeuil.
Tra fornelli blasonati e convivenze magrebine, ispaniche, indi, thai, sino,nippo, afro.
Fusioni e contaminazioni.
Nasce così questa cucina insolitamente contemporanea.
C’è un po’ di territorio, di identità, di tradizione.
Ma c’è soprattutto lo sguardo ai confini non confini del mercato cosiddetto metropolitano.
Laddove ceci, fagioli, peperoni, orzo, grano, mais, spaghetti, baccalà, moscardini, polpi, maiale, porcini, scorzoni,  sedano, pomodoro, cipolla, carota coabitano ormai con curcuma, soia, curry, papavero, coriandolo, cumino, topinambur.
E zenzero. Quello vero.
Certo che il rischio di una cucina apolide più che contaminata ci sta tutto.
Ma il cuoco lo dribbla. Immagina e pratica la sua metro-fusion.
Amalgama e rende tutto piacevole.

Il menu è chiosato per dar conto di materie prime e condimenti.
Vediamo.

Caponata di funghi, patata schiacciata e dragoncello.
Un bel piatto, complesso per i suoi sentori. C’è l’ estragone che rinfresca il porcino. C’è la patata gialla che accoglie gli umori ristretti, li imprigiona, ma poi li rilascia, li concede alle papille.
Intenso.

Spaghetti di grano Matt, acciughe e mollica di pane.
La pasta Felicetti vien fatta con lo speciale grano duro di Puglia. Poi c’è il pane che è cotto a pietra e bambù.

E c’è l’acciuga, mediterranea madre di tutte le contaminazioni. Dal garum alla colatura di Cetara. Sapido come un vino vulcanico.

Gnocchetti di patate, funghi, lardo e coriandolo.
E’ l’antipasto, la caponata,  che prende corpo e si trasforma. E’ sostanza. I porcini restano turgidi, il coriandolo si sente in lontananza. Morbidissimi gli gnocchi. Nonostante i tranci di lardo trafilato è paradossalmente leggero, gustoso.

Crema di zucca, sedano rapa e chips di topinambur.
Non è la solita zucca. Quella moscata verde di Provenza ha profumo di nocciola tostata e colore intenso d’arancia. Contrasta con il bianco del sedano rapa immerso crudo a tocchetti. Restano croccanti le chips.
Intensamente aromatico e saporito.

Ci sta bene quest’ Arneis Bricco Cappellina 2011 di Gianni Voerzio, un grande delle Langhe.

Pancia di maiale confit, verza e salsiccia.
La cassoeula qua vien scomposta. La salsiccia si ingloba nella verza. I sapori sono netti e distinti. Lipidoso e succulento.

Piatto del mercato metropolitano. La proposta oggi è la trippa con crema di ceci.
Avrei gradito la trippa, che è così tanto a meraviglia sottilmente tagliata, meno asciutta e impasticciata.

Ma è forza, sostanza padana, pensata per quelli che sempre duro hanno il ventre. Piatto piacione.

I pani sono simpatici: ci sono i grissini alla curcuma e cumino e la focaccia bruna.

Poulet de Bresse, curry verde e limone.

E’ accompagnato dalle patate questo pollastro francese reso in cottura morbido seppure caramellato. Le spezie lo rendono fresco e appena piccante. Suadente.
Infine i sorbetti.
Gelati in sorbettiera, qui non altrove.

L’uno di mela cotogna su crema al mascarpone. Perfetto.
L’altro di Yuzu, l’agrume che è un blend di mandarino selvatico e limone.

Agrumato più del lime. C’è accanto una panna freschissima di latte appena montata.
I tempi son questi e i fornelli son condivisi.
Si diverte, allora, Gabriele in cucina. E noi con lui, ma…
Verrà un giorno…
Che la cassoeula sarà ricomposta?
E, allora, forasteri saranno i Lumbard!


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