Via Adige, 9
Tel.02.5462930
www.aliceristorante.it
Sempre aperto, chiuso la domenica. Ferie variabili.
Mi è piaciuto Alice. La storia di Viviana, emigrata al Nord dopo il terremoto del 1980, quando l’attività di famiglia a Maiori in Costiera Amalfitana rischiava la chiusura per mancanza di turisti. E la storia di Sara, pisciajuola (pescivendola) pugliese al lavoro nei mercati del pesce per n-anni.
Mi è piaciuto Alice. Perchè non è la metempsicosi etnica della cucina del Sud al Nord, di quella capace di attirare in primo luogo i terroni assetati di verdure, paste al dente, stanchi di insipidità e di pomodori asettici. E poi i nordici perché ha il tratto esotico.
Alice in realtà spiega il successo della cucina della Penisola perché intercetta il bisogno diffuso di alleggerimento nel piatto giocato su pesce e verdure, espone come scudo la qualità metodica del prodotto di buona fattura artigianale (solo il foie gras è Selecta), ha un conto che non costringe ad andare all’ufficio mutui della propria banca (degustazioni a 68 e 78 euro).
Ad andarci dentro, è cucina della Penisola che diventa fashion, o, meglio, che strizza l’occhio: il pomodoro è quasi totalmente sostituito dal limone per risolvere il problema della spinta ai piatti, la sapidità è nettamente alleggerita rispetto alla media meridionale, si gioca con alcune ricette della tradizione in maniera divertita come nel caso della pastiera.
Ove Viviana ci racconta di napoletani sbigottiti come i fedeli di fronte alle vignette sul Profeta ma poi rassicurati al palato.
Noi invece vi presentiamo subito i due piatti che abbiamo preferito in assoluto:
Qui c’è una traccia della greve versione tradizionale mentre è un piatto molto moderno, leggero, pulito, da preferire in apertura come soup piuttosto che proporlo tra i primi. Qui gioca molto la tecnica appresa attraverso le esperienze, i corsi e gli stage fatti negli ultimi dieci anni da Viviana.
Molto divertente il piatto ‘U purpe adda cocere intal’acqua soja, piatto goloso con le patate a granita, a crema e chips. Una ricetta solida, papposa, ben giocata sulle consistente e sulla maestria del frollare il polpo.
Ai miei due commensali, Giacomo Pastore reduce da una trionfale serata Taurasi di Taurasi all’Onav e Alessandro Marra di Stralci di Vite, il piatto che è piaciuto di più è stato questo. Una ricetta in cui si creano ostacoli per il gusto di superarli (leggi la pasta nel brodo a rischio scottura), la ricerca di uscire dagli stereotipi, il cui finale è salvato dal limone e in parte dal fumé che gli dona complessità. Due fattori senza i quali amido e brodo trascinerebbero le papille nel baratro. Ma l’effetto è quello della pienezza palatale rinfrancata dall’acidità citrica.
Ah, onore a Verrigni: stavolta sono ammirato.
Alice mi è piaciuto per il pane, qui si vede davvero che siamo al Sud per fortuna, e i grissini
La carta dei vini ha molti spunti, potrebbe anche fermarsi qui, ma soprattutto ricarichi giusti. Il servizio è attento e puntuale, Sara è anche sommelier, ma in sala c’è la giovanissima Federica Faleschini molto competente e appassionata.
Due lampi pugliesi con le orecchiette di grano arso con pomodorino, basilico e limone sfusato di Amalfi:
Forse il meno riuscito della serata perché esecuzione tecnica priva di guizzo, almeno per chi come me batte la Puglia e fa il pieno dal benzinaio di orecchiette e fusilli di grano arso.
Dedicato a Gualtiero Marchesi.
Io mi sono tenuto sopra Roncobilaccio e ho provato il risotto con fondente di cipollotto di Tropea e spuma di provolone del monaco con riduzione di Aglianico.
e, udite udite, ho provato il foie gras in due modi: la scaloppa scottata con salsa di lampone e la ganache con sorbetto di lampone.
Preceduti da questo antipasto molto fresco
Complessivamente, una linea piacevole e leggera, essenziale e dinamica. Uno stile che ha sicuramente l’anima marinara nel prodotto come nella cucina che spiega bene anche come mai incontri tanto il pubblico. Da cui sicuramente non deve mai allontarsi per continuare in un percorso iniziato appena quattro anni fa e che si preannuncia denso di soddisfazioni per il futuro.
Crema di limone e bergamotto più crenma di arancio, salsa di menta, sorbetto di limoni d’Amalfi, canditi, menta cristallizzata e briciole di pan di spagna all’anice.
Mousse di cioccolato con cuore di liquirizia e concerto più salsa inglese allo zafferano e cannuccia di zucchero con aceto balsamico.
Di foto belle dei piatti che abbiamo mangiato ne troverete sul web, ma io ringrazio Alessandro Marra per aver mangiato e usato il suo I Phone per darvi sensazioni live. Aspettiamo lui per la recensione dei due vini bevuti: il Sassella 1997 di Arpepe e lo Chassagne-Montrachet 2004 di Joseph Drouchin.
Per finire, grande cordialità e professionalità nel servizio: sala piena come un’uovo, nessuna sbavatura.
Abbiamo prenotato un’ora prima e il conto (vini esclusi) è stato di 250 euro in tre.
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