di Adele Elisabetta Granieri
Il Salento Tifa Rosa
Che il rosé sia il vino che meglio rappresenta l’anima e l’identità di molti territori italiani, è ormai opinione comune, perciò è fondamentale iniziare a parlarne seriamente anche nel nostro paese. In Salento il rosato è vessillo di cultura e tradizione, solide basi da cui partire per guardare al futuro di questa tipologia di vino. E il “tacco d’Italia” è anche fautore dell’idea di fare squadra per promuovere e tutelare il rosato italiano, grazie all’attività di deGusto Salento, associazione di produttori di Negroamaro da cui è partita la proposta di una partnership tra i consorzi che più rappresentano l’Italia in rosa, che ha portato ad uno storico accordo, sottoscritto dai relativi presidenti. Bardolino Chiaretto, Valtènesi Chiaretto, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte rosato e Salice Salentino: cinque denominazioni complementari tra loro, unite per salvaguardare le diverse tipologie di rosati dall’omologazione, hanno deciso di lavorare insieme nella promozione e nella ricerca.
Salento e Rosati: la storia
La storia vitivinicola del Salento non si può raccontare prescindendo dai rosati da Negroamaro e dalla tradizionale vinificazione “a lacrima”. Già i romani conoscevano il vino ottenuto da quel mosto vergine che Plinio chiamava “protropum” e che Columella definiva “mustum lixivium”, il primo mosto che usciva spontaneamente per la compressione delle uve, che veniva mescolato al miele per preparare il “mulsum”, bevanda molto apprezzata all’epoca, tradizionalmente offerta ai viandanti. Testimonianze della vinificazione “a lacrima” si trovano già nel «De Naturali Vinorum Historia» di Andrea Bacci e negli scritti di Sante Lancerio, “bottigliere” di Papa Paolo III Farnese.
Una storia fatta da grandi personaggi: Piero e Salvatore Leone De Castris, primi ad imbottigliare il nettare rosa proveniente dal feudo Cinque Rose; Severino Garofano, massimo interprete del Negroamaro e fautore della rinascita del vino del Sud; Mino Calò, tornato all’azienda familiare dopo gli studi di enologia ad Alba per fare rosato.
Salento e Rosati oggi: gli assaggi
Oggi, associazioni come de Gusto Salento si fanno portavoce di tante realtà vitivinicole, sostenendo incentrati sulla ricerca e sulla diffusione della cultura del territorio.
Promozione che passa attraverso le degustazioni, necessarie per far capire agli addetti ai lavori quale sia la strada da percorrere.
Degustazioni che rappresentano l’occasione per conoscere i vini e parlare con i produttori, confrontandosi sull’idea che c’è dietro una bottiglia.
Realtà vitivinicole diverse, specchio di un comparto che è necessario conoscere nelle sue diverse sfaccettature, per capire dove sta andando. Sfaccettature ritrovate in questi diversi calici di rosato a
base di Negroamaro, degustati e confrontati:
Michele Calò, “Mjere” rosato 2017: vinificato a lacrima, profuma di ginepro, mirto e cenere ed è fresco, dalla sapidità quasi pungente, leggermente tannico.
Michele Calò, “Cerasa” 2016: da alberello di 50 anni, con il 20% della massa che fa un passaggio in botti tostate a vapore, è un vino dalle profonde note speziate e balsamiche e dal sorso verticale e materico.
Rosa del Golfo, rosato 2017: profuma di fiori di campo, macchia mediterranea e fragole di bosco, con un sorso fresco, saporito e lungo.
Torre Ospina, “Tenuta Vigne” 2017: prodotto per salasso, profuma di gelsi rossi, salvia e rosmarino ed è dissetante, salino e di buona struttura.
Castel di Salve, “Santimedici” rosato 2017: sa di pesca gialla, susina ed erbe aromatiche ed ha un bel sorso intrigante e di sostanza.
Claudio Quarta, rosato 2017: un vino dai sentori delicati ed eleganti di pesca gialla e fico d’india, teso e rinfrescante.
Severino Garofano, “Girofle” 2017: di particolare complessità olfattiva, connotata da note iodate e balsamiche, con un sorso vivace e saporito.
Tenute Rubino, “Saturnino” 2017: sentori di rosa e lamponi, rinfrescati da una nota erbacea, aprono un assaggio intenso e di chiara impronta salina.
Vigneti Calitro, rosato 2017: profuma di amarena e lampone, con delicati richiami affumicati ed ha un sorso intenso e pieno.
Marulli, “Emeris” 2017: fiori freschi e fragoline di bosco delineano un bouquet aromatico che fa da corollario ad un sorso dissetante e dalla beva piacevole.
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