di Marco Galetti
Non mi piacciono i rosati, amo le bollicine rosé anche a tutto pasto, ma non mi piacciono i rosati, con quel loro colore anonimo e indefinito, sembrano rossi riusciti male o bianchi sporchi, sembrano vini da quote rosa con quel loro colore rosa antico, nemmeno come aperitivo mi soddisfano.
Un piatto solo ma di soddisfazione, le ho detto, scegli tu, o spaghetti alle vongole con un bianco come si deve o un filetto alla griglia con patate arrosto e un rosso rubino targato Montalcino.
Meglio una bistecchina di vitello con insalata, mi ha risposto.
Ecco, né carne né pesce.
Potremmo berci un rosato, le ho detto ironizzando, “fregandomi da solo”.
Dai apriamo quello pluripremiato che ci hanno regalato… e l’ho dovuta accontentare.
Ma la bistecchina, proprio no, punto su un aperitivo con un calice di rosato e un trancio di Margherita, male che vada, stappo una birra, ho pensato, proprio come ho fatto col Guardiano del Faro in Costa Azzurra, lui che non sbaglia mai un vino mi è caduto sul rosato…
Metiusco, scusami, mi devo ricredere, mi hai dato talmente tanta soddisfazione su quella pizza che ti ho quasi finito, inebriandomi, poi sull’onda dell’entusiasmo ho messo una patata a bollire e ho cotto un bel trancio di salmone a vapore, un filo d’olio cilentano, un pizzico di sale e la bella bottiglia con il sigillo in ceralacca ormai vuota è lì che mi guarda indicandomi la strada del rosato, strada che avevo inevitabilmente sempre sbagliato non affidandomi alla saggezza furba della Volpe del Cilento.
Storie di famiglia, di sacrifici (l’anno di fondazione è il 1936) e riconoscimenti, oggi Michele Palamà, figlio di Cosimo e nipote di Arcangelo (il fondatore) è l’enologo dell’azienda che produce il Metiusco vinificando le migliori uve negramaro.
Recentemente inserito da Slow Food tra i migliori cento vini rosati italiani, questo vino secco e persistente, brillante alla vista e nelle prestazioni è stato giudicato il miglior rosato italiano da 5StarWine Vinitaly e insignito nel 2008 della medaglia d’oro al Vinitaly
Cosimo Palamà, che in un video lo consiglia con orecchiette al pomodoro, parla così della sua terra, due punti virgolette
“ Io vivo qui, dove viveva mio padre e dove vivranno i miei figli, nel Salento… ogni volta che raccolgo i grappoli maturi mi torna alla mente mio padre e la sua fatica… io resto qui in una vigna del Salento aspettando il sole”… aspettando che il sole salentino scaldi il mio corpo e il mio viso, finalmente libero dalle mascherine di Carnevale che ci hanno fatto un brutto scherzo, mi vedo, dopo una giornata di bagni, seduto in un locale all’ora del tramonto, quando il colore del cielo e quello del mio calice si assomigliano, sul mio tavolo il vento porta profumi®ali pugliesi, due fettine di Capocollo di Martina Franca, un pomodoro maturo, qualche tarallo, una bottiglia di Metiusco e m’inebrio… grazie Enrico.
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