VITICOLTORI DE CONCILIIS – BARONE PIZZINI
Uva: aglianico e merlot (40%)
Fascia di prezzo: 40 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Il Cilento e Bruno De Conciliis un binomio inscindibile, un tutt’uno che caratterizza questa terra che galleggia tra il mare e i monti, che talvolta trasale di luce, talvolta è intrisa d’ombra. S’inerpica su colline di macchia, trame complicate di rocce indecifrabili e improvvisamente si apre al mare nell’azzurro incontro con il cielo. L’occhio di chi arriva o di chi va via volge alla meraviglia, talvolta all’inganno, mai alla noia. Un luogo benedetto, dove un argine di pietre si erge a difendere la vita di un solo albero.
Un luogo che ha avuto e che ha ancora bisogno di tenerezza, dove un solo filare di vigna è il pentagramma di uno spartito del canto di millenni, il canto di uomini e donne che un tempo erano chiamati “tristi”. Quegli uomini e quelle donne che provano a camminare su questa terra leggeri, evitando di scalfire il destino, come il vento che accarezza un canto di ringraziamento. Gli stessi uomini e donne che ora dirigono la voce verso una passione diversa, un nuovo modo di essere cilentani e poi ridono, perché ridere è una preghiera alla vita. S’instaura, così, un legame tra passato e presente, una storia che nasce dai sogni di ognuno. Qui si producono i prodotti della terra sudando e faticando, con ritmi, comunque, sempre lenti e mai vorticosi, perché la cosa più importante è l’uomo.
Bruno De Conciliis incarna proprio tutto questo, perché egli è il “Cilento”; è il riscatto di questa terra anche e, soprattutto, sul versante enologico. Ha scritto, e per fortuna scrive ancora , le pagine più belle di questo territorio. Che altro ancora si può affermare di lui che non sia stato scritto mille e più volte, detto e ridetto? Si rischia di ripetersi ogni qualvolta si parla dei suoi vini ormai diventati dei cult a livello nazionale: Naima, Donnaluna, Perella, Antece, Zero, Decimo Anno, Sikjube, Baciolcielo, Selim, Ka, Ra.
Bisogna soltanto berli, degustarli e niente più, per provare un’intensa emozione. Anzi, una cosa, a pensarci bene, si può fare: ringraziare l’Onnipotente che ci ha regalato questo immenso personaggio! Nonostante non esista una tradizione enologica lunga e “nobile” alle spalle e, quindi, i progetti in divenire nascono sciolti da vincoli e da limiti e la storia si scrive dall’anno zero, le basi sono solide e ben strutturate.
Le vigne sono collocate in tre comuni diversi: Agropoli, con la maggiore superficie vitata ed esposizione diretta sul mare, Prignano Cilento e Torchiara all’interno. I terreni di tutte e tre le vigne presentano una tessitura franco-argillosa, con una forte presenza di scheletro calcareo, composto prevalentemente da grossi blocchi di marna, alternati ad arenaria quarzosa. Le pratiche agricole non sono invasive, anzi privilegiano un sistema di agricoltura biologica e biodinamica.
All’inizio, la scelta delle cultivar da allevare è caduta su Aglianico e Fiano. Un vitigno, quest’ultimo, largamente diffuso in tutto il Cilento, più conosciuto come Santa Sofia. Successivamente sono stati utilizzati anche altri vitigni nazionali in minima parte e solo in concorso a blend. Unica indulgenza verso un vitigno alloctono e, comunque, utilizzato solo in alcune particolari annate e non prodotto direttamente nel Cilento, è il Merlot, in unione sempre con l’Aglianico. Ed ecco, allora, che si compone, come un divertissement, un vino lombardo-cilentano: il Merlanico. Questo acronimo identifica il Merlot, prodotto dall’azienda franciacortina Barone Pizzini e l’Aglianico di De Conciliis.
Un matrimonio che traccia il solco tra espressioni di zone diverse e che si uniscono per esaltarsi vicendevolmente. Ecco, allora, cosa dice Bruno a proposito di questa sorta di joint venture equity avvenuta in modo casuale: “Questo vino nasce nella primavera del 1999. Tutte le sante mattine al Vinitaly di quell’anno, alle otto e mezza dopo il quinto caffè, passavo ad avvinare la bocca e la capa allo stand Barone Pizzini, del mio amico Silvano Brescianini, per un paio di bicchieri di bolle. Poi seguivano commenti, riflessioni e assaggi di prove da botte. Una mattina Silvano decide di aprire un rosso da una botte di Merlot per il “San Carlo”, taglio bordolese dell’azienda. Giocando, giocando, bevendo, bevendo sbotto: vuoi vedere che hanno ragione quelli che mi dicono di pensare ad un taglio? Ora io non sono un fanatico dei tagli, ma nemmeno poco propenso agli idealismi ideologici. Quel bicchiere mattutino di Merlot, succeduto al paio dei canonici brut, saten, pas dosé, ecc., insinuava intrigante l’idea di provarci. Ecco, quindi, una fuga allo stand con la boccia di Naima ’97 e mischiamo. A giugno di quel 1999 due barriques di Aglianico ’98 prendono la via della Franciacorta e in capo ad un anno 1000 magnum del Merlanico vedono la luce, metà per me e metà per Silvano, da buoni amici. Decidiamo, quindi, che questo vino è un gioco e non deve essere causa di stress per nessuno. Lo produrremo solo quando il merl e l’anico si sposano bene, ma resteranno, comunque, prodotti indipendenti. Giammai vinificherò una partita di anico appositamente per il taglio merl e, naturalmente, giammai il merl sarà pensato in taglio per l’anico. Divideremo il piacere e l’onere di produrlo finché, appunto, resterà un piacere. Il secondo millesimo è stato il 2000, solo in bottiglie. Il terzo è questo 2006, per metà in bottiglie e per metà in litro e mezzo. Nel 2006 ho fermentato l’Aglianico in acciaio con lieviti spontanei e l’ho affinato, poi, in quercia piccola e vecchia per il primo anno e quercia più grande per il secondo. Dopo è stato spedito in Franciacorta per il taglio 60 a 40 a favore dell’anico. Questo vino ha passato, poi, un altro anno di fidanzamento in botte, prima di finire nella prigione di vetro e in attesa della definitiva libertà nel bicchiere”.
Ed ecco il risultato finale della mia degustazione: la gradazione alcolica è di 14 gradi. Il colore è nero come una vecchia marsina, impenetrabile, denso, tetragono. Al naso regala note di amarene sotto spirito, tabacco, cuoio, nocciole tostate, prugne, sentori di frutti di bosco e goudron. In bocca è tannico, polposo, speziato, austero, rotondo, con rivisitazione di profonda carica di piccoli frutti di bosco, come mirtilli e more e retrogusto balsamico. Si serve alla temperatura di 18-20 gradi, dopo averlo decantato, in bicchieri di 6 cm. all’imboccatura su paste al sugo, formaggi stagionati e piccanti, insaccati, lepre in salmì, cosciotto di agnello alla brace, grigliata di carni varie e stinco di maiale. Insomma, benedetto è stato quell’incontro al Vinitaly, perché Bruno ci regala (seppure fifty-fifty) un altro, ennesimo capolavoro. Ad majora!
Questa scheda è di Enrico Malgi
Sede a Prignano Cilento- Contrada Querce, 1 – Tel. e Fax: 0974/831090 – Cellulare: 3283609370 – info@viticoltorideconciliis.it – www.viticoltorideconciliis.it – Enologo: Bruno De Conciliis – Ettari vitati di proprietà:25. Bottiglie prodotte:100.000 – Vitigni: Aglianico, Primitivo, Barbera, Fiano, Moscato, Malvasia.
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