di Gianmarco Nulli Gennari
Ti piace vincere facile, direte voi. Ebbene sì. Quest’anno al Merano Wine Festival poco spazio alla fantasia: abbiamo cercato semplicemente le migliori espressioni di sangiovese, convinti che qui c’era di che sbizzarrirsi. In effetti, le etichette celeberrime al Kurhaus non sono mai mancate, e anche in questa edizione 2016 ci siamo divertiti un bel po’.
Due annotazioni, prima di esporre la nostra personale top ten.
- nonostante l’impegno e i progressi, le altre regioni che vinificano sangiovese (Marche, Romagna) appaiono ancora indietro rispetto alla Toscana. L’unico esemplare su dieci che fa eccezione è lo storico Vigna Monticchio di Torgiano, Umbria.
- dopo aver assaggiato varie annate, 2011-2012-2013-2014 in prevalenza, arriva la conferma che la 2014, fresca e molto piovosa, ha dato spesso vin de soif, di complessità e struttura relativi ma golosissimi; la 2013, annata più equilibrata, ha tannini pettinati, bella acidità e gran beva; la 2012 è al momento la più chiusa, molto larga in bocca e scarsamente dinamica, difficile da interpretare; la 2011, infine, pur essendo espressione di un’altra annata calda, dopo diversi mesi in vetro sta dimostrandosi in forma smagliante.
Un’ultima precisazione: le etichette qui recensite sono quasi tutte recenti e in larga parte ancora disponibili nei punti vendita aziendali o nelle enoteche, a parte alcuni esemplari che stanno per essere immessi sul mercato. Accanto ad esse, in molti casi abbiamo voluto dedicare un piccolo spazio a vecchie annate proposte in degustazione dalle aziende il lunedì, come da sana tradizione “meranese”.
- Brunello di Montalcino Riserva 2010 – Biondi Santi. Scelta scontata, d’accordo, ma questo è un vino da sogno, per chi può permetterselo (si sfiorano i 500 euro a bottiglia). Una delle ultime annate seguite in prima persona da Franco Biondi Santi. Se esiste la perfezione, siamo molto vicini: cangiante all’olfatto, con macchia mediterranea, oliva nera, alloro, legna arsa, mora, erbe aromatiche, zenzero, cannella, tabacco, cenni floreali e fumé; in bocca è fruttato, tutt’altro che ritroso anzi, insolitamente concessivo per la storia (e che storia) dell’etichetta: sarà un’eresia ma una volta tanto si può già bere senza aspettare i canonici vent’anni. Tutto si tiene: succo, sapidità, struttura, freschezza. Persistenza minerale e fruttata (lampone e mirtillo) pressoché infinita, eleganza innata. Davanti a tale capolavoro il “semplice” Brunello annata 2011 si fa piccino piccino, ma non vi ingannate: è una grande espressione di sangiovese, oltretutto proposta a prezzi decisamente più umani. Infine, un solo aggettivo per la Riserva 1995: commovente, per integrità e purezza tannica.
- Le Pergole Torte IGT 2013 – Montevertine. Vi avevo avvertito: stavolta andiamo sul sicuro. Altra etichetta leggendaria, anche se non può vantare la storia secolare del Greppo. Già ora è di grande piacevolezza, con una netta nota di amarena al naso, terra di sottobosco in autunno, balsamico, con il legno perfettamente integrato. La beva è davvero irresistibile, dalla trama verticale e salata, con tannini ben fusi. Chiude sui bei toni di spezie e tabacco. Buone prove anche per il Montevertine 2013 e per il più semplice Pian del Ciampolo 2014. Il lunedì ha fatto la sua figura il Montevertine 1992, annata piccola e vino non complesso ma in ottima forma e molto scorrevole al palato.
- Chianti Classico Gran Selezione Vigneto Bellavista 2013 – Castello di Ama. L’unico difetto è nel nome, che da qualche vendemmia, con la nuova classificazione inserita nella Docg, è diventato insopportabilmente lungo. In realtà è un altro campione del sangiovese fin dalla sua prima apparizione, nel 1978, ottenuto da vigne di età ragguardevole. Profumi iper-classici di violetta, terra e spezie, poi menta, sangue e ciliegia; dinamico e contrastato al palato, sfaccettato, di tessitura finissima da alta sartoria; frutto rosso croccante e giustamente maturo a segnare il finale, con ricordi di liquirizia. L’uso delle barriques non lo snatura, è figlio del suo terroir e del varietale. Benissimo anche il Chianti Classico “annata” 2014 e il San Lorenzo 2013.
- Vino Nobile di Montepulciano Riserva Bossona 2011 – Dei. L’altra Toscana, rimasta un po’ fuori dal fascio dei riflettori negli ultimi anni, riprende qui a Merano il posto che merita grazie a un’etichetta ormai “storica”. La denominazione ha tutte le carte in regola per risalire la china e tornare alla fama e agli elogi, e come vedremo questo non è l’unico prugnolo gentile che segnaliamo. Odora di viola, confettura di ciliegia, sottobosco; sorso sapido, elegante, profondo; bella chiusura ancora sul frutto. Da segnalare anche il Nobile annata 2013, un sangiovese meno strutturato, “gentile” come il vitigno da cui deriva ma davvero scattante e già pronto per la tavola.
- Brunello di Montalcino Riserva 2009 – Lisini. Messa al confronto con l’Ugolaia di pari annata, prevale di pochissimo. Si tratta comunque di due bottiglie esemplari, anche in considerazione dell’annata minore, di una cantina giustamente celebre e celebrata. Naso di macchia, amarena, polvere di caffè, erbe aromatiche; palato letteralmente esplosivo con tannini di grana buona, dolci e saporiti, che ricordano piccoli frutti rossi; persistenza solenne di liquirizia e arancia amara. A quasi due anni di distanza dal primo assaggio, encomiabile per freschezza e integrità, nessun cenno di evoluzione e lunga vita davanti a sé.
- Brunello di Montalcino 2012 – Cupano. Qui la scelta è stata davvero dura. L’estroso Lionel Cousin come al solito non si è risparmiato e ha portato al Kurhaus ben cinque annate di Brunello, tra annata e riserva (oltre a un paio di Igt Ombrone: il banchetto era uno spettacolo). Abbiamo scelto di premiare l’ultima, presentata in anteprima, perché ci è parso uno dei pochi vini toscani del 2012 già espressivi, coi suoi toni di ciliegia, cuoio, grafite, cenere spenta e carne cruda. Dolce al tatto, quasi cremoso, tenuto in miracoloso equilibrio da una viva corrente minerale: tornano alla memoria visiva le pietre e i ciottoli del fiume Ombrone che popolano la vigna. Finale su un frutto integro e speziato. Quasi sullo stesso livello il Brunello 2011, mentre tra le Riserve abbiamo preferito la 2007 (immensa) alla 2010. Sorprendente, e non è la prima volta che ci capita di berlo, il Brunello 2003, di straordinaria vitalità e dinamica gustativa nonostante l’annata torrida. Bravò!
- Brunello di Montalcino Nastagio 2011 – Col D’Orcia. Nuovissima etichetta in casa Marone Cinzano, che andrà a insidiare la premiership della celebre riserva Poggio al Vento. È il frutto di un vigneto che poggia su un suolo alluvionale particolarmente ricco di calcare. Profumi d’autunno, foglia secca, terra bagnata, tabacco, anche balsamici (menta). Ingresso in bocca molto elegante, quasi sferico, dai tannini raffinati ma incisivi ed esemplare dinamica gustativa; in retro-olfazione si avvertono la visciola, il rabarbaro e un lieve accenno alla tostatura. Un anno in tonneaux, poi due in botti grandi e il quarto in vetro, prima della commercializzazione. Promette davvero bene.
- Chianti Classico 2014 – Castello di Monsanto. Quasi una provocazione, anteporre il “semplice” Chianti annata, oltretutto tra le più difficili degli ultimi anni, a un campione esperto e pluripremiato come la Riserva Il Poggio, qui in ottima forma con la versione 2011. Ma la golosità di questo vino è semplicemente irresistibile, fruttatissimo all’olfatto e succoso al palato, con ritmo molto coinvolgente e appetitoso, da berne a secchi (si fa per dire, eh). Glu glu glu…
- Vino Nobile di Montepulciano 2013 – Avignonesi. Una delle aziende più importanti del comprensorio, che ormai diversi anni fa ha vissuto una radicale svolta ai suoi vertici, ha ripreso il ritmo di crociera e i risultati si vedono. La belga Virginie Saverys stavolta ci ha davvero convinto con una versione scintillante del Nobile annata, ricco di suggestioni fruttate (fragola) e di sottobosco al naso, poi macchia mediterranea e alloro. Trama tannica precisa, fragrante, piacevolmente rustica e non addomesticata. Vinto a mani basse, a nostro parere, il confronto con il 2012 Annate Storiche.
- Torgiano Rosso Riserva Rubesco Vigna Monticchio 2010 – Lungarotti. Il primo e unico non toscano della nostra lista, con il vino-bandiera dell’Umbria. Qui presentato in quattro versioni: noi preferiamo la più recente, che uscirà sul mercato solo nel 2017, la seconda nella storia del Monticchio ottenuta da sangiovese in purezza. Profumi varietali di tabacco, ciliegia, mora, chiodo di garofano ed erbe aromatiche. Sorso potente ma estremamente bilanciato, ottima estrazione, salato e amarognolo in chiusura, dove evoca ricordi balsamici e speziati. Tra le altre annate presentate, sugli scudi la 2005, di beva sottile e compulsiva la 2009, un po’ sottotono la 2008.
Dai un'occhiata anche a:
- Il Brunello secondo Collemattoni: la 2020 in anteprima e una Riserva straordinaria
- Etna e Barolo a confronto: eleganza e potenza da Nord a Sud
- Una Verticale di Eccellenza: 5 Annate di Franciacorta Riserva Palazzo Lana Extrême Berlucchi al Ristorante Quattro Passi di Nerano
- Casavecchia: degustazione di un vitigno antico a Pontelatone
- Dieci Taurasi da non perdere nella guida del Mattino 2024
- “Tenuta Collazzi“ verticale in cinque annate
- Verticale Storica di Bue Apis: la storia dell’Aglianico del Taburno in sei annate
- Viaggio attraverso la storia di Villa Dora: verticale di 10 annate di Vigna del Vulcano Lacryma Christi Vesuvio Bianco