di Fabrizio Scarpato
I carrelli del supermercato non ci sono più. Ora la vista spazia su un prato curato, circondato da siepi. Oltre, il buio. Si potrebbe trovare il modo, in estate, di nascondere il parcheggio, ma in fondo qualche ingranaggio a quattro ruote sembra tornare utile: un cenno freddo, per meglio comprendere il calore delle pizze dell’Apogeo. Massimo Giovannini, nel nuovo casale tra Pietrasanta e Forte dei Marmi, può continuare a impastare e sporcarsi le mani, perdersi nei segreti delle farine italiane macinate a pietra, cronometrare lievitazione e maturazione, divertirsi su quella tavolozza appena sfornata, dal bordo alto, rugoso, magnificamente alveolato, giocando con la nostra curiosità. Così, in una sera d’estate puoi scoprire le alici del Cantabrico con burrata e filetti di pomodoro o il polpo e olive taggiasche su crema di patate; poi, in un taglio di luce caravaggesco, un ricordo toscano, la pizza con crema di ceci, gambero, scarola e polvere di paprica; sembra invece illuminato sulla barriera corallina, il gioco di colori tra nocciole, zucchine alla menta e bottarga di muggine, aggrappate a un grumo di burrata. Ne mangeresti millanta, e forse briciole di quell’impasto così fragrante e leggero sarebbero da considerare con la stessa capacità visionaria anche in una proposta dolce, ché nella realtà i dessert eccedono in tenore zuccherino, forse poco attuali, per quanto belli, e in alcuni casi, buoni. Nell’oscurità, tra le luci delle lanterne, all’improvviso sembra di sentire voci che si perdono nel vento fresco d’estate: “non è pizza… i prezzi… è una focaccia”. Fai un gesto con la mano, appena infastidito, forse rassegnato, come ad allontanare un’innocua zanzara. E sorridi, contento.