di Antonella Amodio
Croccante, acidula, carnosa, succosa; dotata di proprietà curative, profumata, compatta, non appariscente, opaca e dalla forma irregolare. La regina delle mele è lei: la Mela Annurca. Questo piccolo capolavoro naturale, dalle antichissime origini e dalle tante virtù, è da qualche millennio presente nell’Italia meridionale, in particolare in Campania, come testimoniato da alcuni affreschi rinvenuti ad Ercolano presso la Casa dei Cervi, dove il frutto viene raffigurato accanto ad altre prelibatezze patrizie.
L’area di produzione abbraccia oggi diversi territori delle province della Campania, anche se tradizionalmente legate all’Annurca sono soprattutto l’area Giuglianese-Flegrea, Maddaloni, l’aversano, Teano, Taburno, le Valli Gaudina e Telese.
L’etimo è individuabile in “Mala Orcula”, che nell’enciclopedia Naturalis Historia di Plinio il Vecchio descriveva l’aera puteolana, zona di coltivazione in prossimità del lago d’Averno. La prima testimonianza del nome annurca, invece, si rinviene nel Manuale d’Arboricoltura, datato 1876.
La mela annurca è unica, che racchiude in sé tradizione, etica e cultura mediterranea; il compimento del lavoro di maturazione avviene con sacrificio e dedizione, a dimostrazione che la ricerca dell’eccellenza e il richiamo con il territorio superano qualsiasi ostacolo, confidando su persone che con devozione, pazienza e passione, si impegnano per ottenere straordinari risultati. È grazie anche al loro operato che si è riusciti ad evitarne l’estinzione, la cui causa era da ricercare proprio nelle particolari cure che il frutto richiede. Dal 2006, inoltre, ha acquisito la denominazione I.G.P. “Melannurca Campania”.
Il suo sapore e il suo profumo sono dovuti, non a caso, al particolare processo di maturazione, conferito dal rapporto che si instaura tra zuccheri ed acidi. La mela annurca è caratterizzata da un peduncolo corto e così debole da non sostenere il peso nella fase di crescita, tanto da provocarne la caduta. Ed infatti i coltivatori, per evitare che i frutti, cadendo, subiscano lesioni, li raccolgono anticipatamente nel mese di Settembre, per poi farne proseguire il processo di maturazione e arrossamento nei melai, e ciò fino alla messa in commercio, nel mese di Dicembre. I melai – appezzamenti di terra in cui sono stesi strati di materiale naturale, come la paglia o aghi di pino – fungono da giaciglio, isolando il frutto dal terreno: ciascuna mela vi viene adagiata sopra, in penombra, sotto i riflessi della luce filtrata dai teli, e girata singolarmente a mano, periodicamente, prima da un lato e poi dall’altro, nonché annaffiata di sera per evitare che perda l’acqua in essa contenuta. Questa pratica, da cui deriva il nome della mela stessa, è definita nannurca (dal latino – addolcire).
I due elementi – luce ed acqua – favoriscono la formazione di autocianina, che determina la tipica colorazione rosso-violacea. Due sono le cultivar: la tradizionale “Mela Annurca”, dalla caratteristica colorazione rossa, estesa ed uniforme, con una pezzatura di circa 100 gr. e con una maggiore tenuta nella conservazione; e la “Mela Annurca Rossa del Sud”, dal frutto più piccolo ma con caratteri agrobiologici simili. Entrambe hanno il marchio IGP Melannurca.
Il pomo è un concentrato di vitamine B1, B2, PP e C; ha effetti antireumatici, diuretici e dissetanti; esercita un’azione positiva sui muscoli e sull’apparato intestinale e risulta particolarmente consigliata per l’alimentazione infantile, grazie all’apporto di ferro, fosforo, manganese, zolfo e potassio. Previene inoltre le malattie cardiovascolari ed è un potente antiossidante. Non è un caso che esista un antico adagio, derivante dalla saggezza popolare, secondo cui “una mela al giorno toglie il medico di torno”.
Le suindicate proprietà, unitamente al tradizionale metodo di coltivazione, ne determinano una tipicità esclusiva che nessuna altra mela può vantare.
In cucina si presta per molti usi: dal liquore nurchetto ai decotti, dall’aceto alle confetture o ai succhi. È perfettamente utilizzabile per cocktail, macedonie, torte, sorbetti e insalate. Nella sua versione cotta sposa facilmente con maiale, cinghiale e selvaggina, coi risotti o per preparazioni a crudo.
Ecco qualche esempio di utilizzo della Melannurca in cucina, così come proposto da alcuni Chef:
Cheesecake con purea di Mela Annurca e riduzione di aceto balsamico
La cheesecake è una torta fredda composta da una base di pasta su cui poggia un alto strato di crema di formaggio fresco zuccherato. È un dolce tipico della Gran Bretagna, riadattato in questo caso con prodotti del territorio, come la ricotta di bufala e la melannurca. La base è costituita da biscotti sbriciolati ed impastati di burro pomata, farina ed acqua, mentre la miscela cake è costituita da ricotta, uova e zucchero. Il tutto cotto in forno a 180°. Viene servita fredda, accompagnata da purea di Mela Annurca, ottenuta con mele stracotte e frullate, con l’aggiunta, poi, di alcune gocce di aceto balsamico, che conferiscono un tocco di acidità.
Rosanna Marziale – Ristorante “Le Colonne”
Biancamela
Ingredienti per 4 persone: latticello di mozzarella ml 500, mandorle pelate g 300, panna da montare ml 200, confettura di mela annurca g 200, colla di pesce g 10.
Per ricavare ml 500 di latticello sminuzzare e tritare al passaverdura la mozzarella kg 1.200 aggiungendo poco liquido di governo.
Tritare le mandorle, mettere in una ciotola e aggiungere 500 ml di latte in modo da coprirle interamente. Inserire la confettura di mela annurca e lasciare in infusione per qualche ora . filtrare il composto e lasciare andare a fuoco lento aggiungendo la colla di pesce ammorbidita prima in acqua fredda. Lasciare sciogliere nel latte , raffreddare e unire la panna fresca montata. Versare il composto negli stampini e lasciarli per 30’ addensare in frigo. Decorare con fette di mela essiccata in forno e panna.
Mela Annurca
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