Quello dall’altra parte del fiume.
A Mauves, che proprio una meraviglia non è, così vicina ma così lontana dal duetto Tain l’Hermitage / Tournon sur Rhone. In mezzo il Rodano, sinuoso e tranquillo. In alto, incastrato in una ansa del fiume e sovrastante Tain, l’Hermitage, lo sperone di roccia che raccoglie probabilmente la storia più lunga della viticultura francese.
E così pare quasi consequenziale che quella famiglia al di la del fiume stia da quelle parti da 500 o 600 anni e che di padre in figlio abbia continuato a fare uno dei vini più antichi di Francia , appunto, L’Hermitage .
I vini dell’Hermitage sono idealmente collegati alla famiglia Chave, che produce anche i vini al di qua del fiume, i St.Joseph, però l’Hermitage è un’altra cosa . Innanzitutto per la particolarità del territorio e del suo clima diverso da ogni altra denominazione del Rodano.
Questa montagna posizionata perpendicolarmente all’asse del Rodano, i cui pendii sono protetti dai venti del nord e dalle gelate primaverili beneficia di un microclima estremamente favorevole.
E anche verso il pieno sud la vigna non soffre la siccità poiché le radici delle vecchie piante di syrah , di marsanne e di roussanne hanno una relativa facilità a scendere in profondità nel terreno .
A volte le precipitazioni piovose, fitte o violente, potrebbero danneggiare il ripido pendio, ma il savoir faire dei vignerons ha rimediato a questa eventualità, avendo costruito un rete di canaletti che garantiscono la buona conservazione dei terreni molto scoscesi.
Dicevo dei vitigni syrah e marsanne, che qui dominano incontrastati e che contribuiscono alla produzione dell’Hermitage blanc o rouge, godendo della medesima alta considerazione da parte degli appassionati di ogni parte del mondo. E l’etichetta di J.L.Chave lo conferma, essendo praticamente identica per il bianco ed il rosso.
Sullo sperone dell’Hermitage è stato possibile individuare nel corso dei secoli una ventina di territori, dei lieu dit, distinti tra di loro per peculiarità di esposizione, di altitudine, di prevalenza di suolo granitico piuttosto che calcareo .
Presso altri grandi produttori come Chapoutier o Jaboulet, tanto per fare due nomi famosi, si etichettano gli Hermitage diversificandoli a seconda della parcella di origine dell’uva (la selezione parcellare di Chapoutier in particolare), mentre Chave vinifica e affina separatamente i vari “climat” che però saranno poi destinati a comporre un’unica cuvèe, un unico vino.
Possiamo paragonare in qualche modo questo metodo tradizionale a quello utilizzato dal nostro grande vecchio del Barolo, l’indimenticato Bartolo Mascarello.
Pertanto, chez Chave si verifica la singola origine di ogni vino, si definisce quali saranno degni di entrare a far parte dell’Hermitage dell’annata , mentre il resto sarà venduto al mercato dei negociants , creando così due soli vini : Hermitage Rouge, Hermitage Blanc.
Ma c’è un’eccezione che si chiama Cuvèe Cathelin, Hermitage rouge . Questa etichetta è dedicata unicamente alle annate eccezionali e si manifesta coerentemente al vino della medesima annata, differenziandosi unicamente per densità e ricchezza di frutto, ma non avendo sostanzialmente complessità così superiori da giustificare i prezzi di mercato, che in questo caso vanno a premiare più la rarità che la qualità.
Tra le annate che ricordo con maggior piacere c’è sicuramente la 1999, di una pienezza straordinaria. Il bianco, con la sua naturale grassezza che si rivela già roteando il bicchiere che prenderà toni gialli intensi con riflessi dorati e sboccerà in sensazioni olfattive vicine al miele e a fiori e frutti bianchi. Il rosso, esuberante ed austero, dritto e sicuro , con le virili speziature che virano fino al cioccolato.
E’ quindi vero o comunque quanto mai condivisibile ciò che si è sempre detto sui vini dell’Hermitage: qui come su nessun terroir il bianco è il rosso hanno pari dignità e forniranno altissime sensazioni, sia che provengano dal vitigno rosso syrah che dai vitigni bianchi marsanne e roussanne. Anche se sono diventato con il passar degli anni un purista del monovitigno e pure bianchista, qui l’imbarazzo è totale. Un Hermitage rouge con un piccione tartufato o un Hermitage blanc con la mitica poularde en vessie sauce foie gras di Alain Chapel ?
E per finire una chicca, che purtroppo pochi possono affermare di aver bevuto, e io, ahimè, stavolta non sono tra quelli.
Il Vin de Paille di Jean Louis Chave: un passito di roussanne e marsanne prodotto in rarissime annate, le ultime sono state il 1989, 1996 e 1997, e ne sono state imbottigliate meno di un migliaio di mezze bottiglie.
Il fascino e il mistero dell’Hermitage.
Non mi permetto neppure di tradurre queste parole di Jean Louis Chave.
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