Matera, Osteria dei Sassi

Osteria dei Sassi, amuse bouche

Osteria dei Sassi
Via Lucana 204
Tel.
0835 185 1857
Aperto a pranzo e a cena
Chiuso mercoledì
www.osteriadeisassi.it

Conto sui 45 euro

di Virginia Di Falco
E’ sempre più breve la strada che lega Matera alla sua Puglia, quella percorsa metaforicamente ogni giorno da Leonardo Lacatena nella cucina dell’Osteria dei Sassi, come Barbara Guerra ci aveva raccontato qui, ad un anno dall’apertura.

Oggi nella nuova sede, su via Lucana, a due passi dalle meraviglie del centro storico, ha messo nuove radici in un elegante palazzo, con una bella sala luminosa in pietra bianca, suddivisa in diversi ambienti e affacciata su un bel dehors fiorito nella bella stagione.
Tovagliato bianco, arredo moderno, sobrietà delle pareti in tufo bianco – la pietra simbolo di Matera – intervallata da colorate opere contemporanee in esposizione.

Il servizio femminile, premuroso ed attento (anche se talvolta troppo parco nel fornire informazioni sui piatti) sovrintende ad una sala in buona sintonia con la cucina e la proposta dei vini è ampia e ben organizzata, dando spazio a bollicine italiane e francesi e precedenza alle etichette lucane e pugliesi, prima di compiere un giro interessante e curioso nel resto d’Italia.

Una carta sempre molto chiara e leggibile, con un paio di percorsi degustazione e un’attenzione – rispetto al passato – più centrata sui prodotti della terra e dell’orto.
Certo, il mare della costa tarantina è sempre protagonista, dalla polpa di riccio con l’uovo pochè dell’antipasto ai crostacei dei primi piatti, fino all’ombrina con carciofo e cynar tra i secondi. Ma la virata verso piatti con la carne protagonista è decisa e presenta proposte interessanti.

Benvenuto sfizioso e di grande solidità al tempo stesso, con polpettina fritta di baccalà servita su una sorta di sake, insieme ad uno stuzzichino di peperone crusco fritto, il vero oro rosso di questa regione. In degustazione, con il meraviglioso pane di Matera, un olio extravergine di Andria.

Fissate le coordinate con l’amuse bouche, si parte con i primi piatti. Gradevole a partire dall’impatto visivo e delicato nel gusto, il raviolo di scampi e gamberi servito su una crema di mozzarella di bufala e pistacchio. A prima vista in equilibrio precario verso i toni dolci, ma in realtà piacevole nella sua rotondità.

Con un occhio puntato verso la tradizione terragna l’altro primo piatto: un mischiato potente di Pastificio dei Campi con ceci, peperone crusco e capocollo. Potente di nome e di sapore, profumato e con i legumi ben amalgamati, tanto che del salume aggiunto si potrebbe tranquillamente fare a meno, lasciando così al piatto tutta la forza vegetale inalterata.

Si sfoglia perfettamente nella crema di porcini e tartufo il baccalà, mentre nel ‘salto della quaglia’ il petto del volatile è servito nella rete di maiale, su spinaci e carotine baby saltati in padella.

Pura golosità nel semifreddo a tre cioccolati, con le diverse sfumature di cacao che si alternano ad una squisita confettura di pesca.

Insomma, una cucina di mestiere, decisamente matura e tenuta viva dalla scelta sempre vincente di guardare con attenzione agli spunti offerti dal mercato così come dal territorio dove vive e lavora. In una città, conviene ricordarlo, che nominata Capitale della Cultura 2019, non è mai stata così bella.

Un consiglio:
se siete in giro per il centro storico, in piazza Vittorio Veneto fate una puntatina al bar pasticceria Gran Caffè, qui dal 1956, per assaggiare le tipiche tette delle monache: pasticcini tradizionali super soffici, ripieni di crema chantilly e ricoperti di zucchero a velo. Imperdibili.


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