6 aprile 2002
Benvenuti chardonnay, syrah, petit verdot, sauvignon: è l’Agro pontino il campo sperimentale dei vitigni internazionali con i quali Bacco ha continuato il suo viaggio in Occidente nella seconda metà del secolo scorso. L’azienda, fondata nel 1968 da Berardino Santarelli e oggi diretta dal figlio Antonio (nella foto al lato con l’enologo Paolo Tiefenthaler), si chiama Casale del Giglio: oltre cento ettari strappati negli anni ’30 alle paludi, oggi laboratorio unico in Italia grazie all’impegno e alla passione di una pattuglia di professori (Attilio Scienza, Francesco Spagnoli, Antonio Piracci e Angelo Costacurta) che hanno provato decine di cloni diversi per scoprire quale si adattava meglio al terreno. Il modello a cui si ispira Casale del Giglio (Le Ferriere, strada Cisterna-Nettuno, chilometro 13. Telefono 06-92902530) sono Bordeaux e la California, regioni esposte all’influenza del mare. I risultati, direbbe Nero Wolfe, sono soddisfacenti: l’enologo Paolo Tiefenthaler ha creato i rossi Mater Matuta, vicinissimo ai tre bicchieri, e il Madreselva, blend classico bordolese di merlot, cabernet e petit verdot in parti uguali. I vitigni vengono anche proposti in purezza, con punte di eccellenza nel caso dello Chardonnay 2000 e del Merlot 1999. Si tratta di bicchieri baldanzosi, pieni di esuberanza giovanile come è tipico di tutti i prodotti del Nuovo Mondo. Sicché nella Campania Felix (che iniziava alle porte di Roma) convivono realtà diverse, gli antichi vitigni autoctoni riscoperti e rilanciati e quelli internazionali. Insomma, la battaglia continua, come ben si può vedere per quanto riguarda le scelte dei grandi gruppi in Trinacria e noi ce la godiamo senza prendere posizione. Occhio, non siamo ex democristiani: se c’è davvero serietà nel bicchiere va tutto bene. E nel caso di Casale del Giglio il rapporto tra qualità e prezzi fa tremare le vene ai polsi alla maggioranza delle aziende campane, ebbre di successo e troppo impazienti.