Massimo Bottura e Lara Gilmore: Slow Food Fast Cars

Pubblicato in: I libri da mangiare
Massimo Bottura e la moglie Lara Gilmore

di Santa di Salvo

Cotechino a colazione. Neanche i più pazzi sogni gourmet avrebbero immaginato il fasto rinascimentale del banchetto di campagna allestito quotidianamente a Casa Maria Luigia, bed & breakfast di Massimo Bottura e Lara Gilmore, a poca distanza dal centro di Modena. Sul bancone di cucina, la brigata di Jessica Rosval mette in scena una memoria gustativa degna di Marcel Proust: su una base di sbrisolona il cotechino viene inzuppato nello zabaione al marsala, lo gnocco fritto è servito con mortadella ricotta e un filo di aceto balsamico, l’erbazzone, torta salata di verdure che piaceva anche agli Estensi nel Cinquecento, si può gustare croccante nel cappuccino, proprio come piace a Massimo Bottura. E poi le frittate, le focacce farcite, la marmellata con le amarene. Qui è Natale tutto l’anno. Lo hanno deciso i coniugi Bottura, lo ha confermato il Financial Times, che ha eletto Casa Maria Luigia (San Damaso, Stradello Bonaghino, subito dopo via Scartazza) il miglior bed & breakfast del mondo. Dice Maurizio De Giovanni che tra i Bottura e Proust c’è una semplice alternanza: il divino Marcel risvegliava la memoria attraverso il sapore della madeleine, i Bottura attivano prima la memoria dei luoghi per poi risvegliare il sapore.
A Napoli per presentare il suo terzo libro “Slow Food Fast Cars” (L’Ippocampo) e per tornare alla Fondazione Made in Cloister a inaugurare i Social Tables di Food for Souls, il progetto che gestisce refettori di tutto il mondo a favore dele persone vulnerabili e contro lo spreco alimentare, Massimo Bottura ripropone il suo modello di vita e di cucina. Stavolta attraverso un sogno diventato realtà, la Casa Maria Luigia acquistata all’asta nel 2017, una villa di campagna abbandonata che è diventata galleria d’arte e buen retiro, rifugio speciale ed esempio di una magica trasformazione scaturita dall’amore per il territorio. Da rudere “simile a una pesca ammaccata” a dimora elegante e intima dove raccogliere le passioni di una vita: quella per il cibo, naturalmente, ma anche per i dischi in vinile, per l’arte contemporanea, per l’incredibile flotta di Maserati, Ferrari e Ducati disseminate nel Playground.
Una rivoluzione nel mondo dell’ospitalità che guarda al passato, alla cucina aperta a tutti, frigo compreso, che siete autorizzati a saccheggiare dagli stessi padroni, mentre gli ospiti inattesi avranno di sicuro una prolunga pronta nella tavola. Anche questo è il senso di appartenenza a un luogo che sa ancora trasmettere emozioni. La campagna emiliana non è la Toscana, dice provocatoriamente Bottura in apertura del suo nuovo libro. Il terreno argilloso è duro da lavorare, l’orizzonte non assomiglia a un affresco. Al posto dei cipressi ci sono le querce massicce, il panorama è austero e solitario. Ma questa è casa. Anche per una americana come la padrona di casa Lara e per una canadese come Jessica, head chef che sa domare il fuoco e coniugare ingredienti italiani a tecniche di cottura nordamericane.
Casa Maria Luigia è una Wonderland in cui riescono a fondersi cibi e culture che parevano agli antipodi, in un unicum dove l’orto di nonno Gilmore che gestiva un campeggio nel Rhode Island si sposa all’Acetaia dove vive il ricordo di nonna Ancella, che conservava l’aceto balsamico artigianale in soffitta. Oggi le 1400 botti sono in un grande fienile illuminato dalle installazioni di grandi lighting designer.
Progettare e realizzare una guesthouse senza eguali non è una stata cosa semplice. Tempeste e inondazioni l’hanno flagellata. Ma oggi è qui. L’ha voluta Lara “perché dopo le tre stelle Michelin abbiamo capito che dovevamo andare oltre, per dimostrare a noi stessi che cosa sapevamo fare”. L’ha voluta Massimo Bottura come estensione dell’Osteria Francescana, per costruire, oltre un ristorante, una vera casa per i suoi ospiti, un luogo in cui “ristorare anche l’anima”.


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