Ristorante Nobi a Masseria Nobile a Fisciano
Contrada S. Lorenzo, 26
Tel. 329 978 4488
Sempre aperto
La cucina di Michele De Martino, ormai cuoco di lungo corso e di buon mestiere che ha il clinte al centro dell’attenzione, arriva a Masseria Nobile, il magnifico progetto della famiglia Di Leo, terza generazione nella industria conserviera, che cinque anni fa ha aperto questo spazio a Fisciano, a metà strada fra Salerno e Avellino, facilmente raggiungibile dagli altri capoluoghi campani. Una decina di stanze, una sala per cerimonie, due piscine, un bar e il ristorante Nobi con ampio spazio riempito da poltrone e gazebo, attorno il terreno per ospitare l’orto della cucina e soprattuto le piantagioni di San Marzano. Insomma, una bella stuttura immersa nel verde a mezze collina (260 metri di altezza) che gode dei venti freschi dell’Irpinia e buon escursioni termiche d’estate.
Ma veniamo alla cucina di Michele Di Martino, che seguiamo da quando, allora 28enne, era ai fornelli di Evù a Vietri per poi passare, tra le altre cose, a Casamare a Salerno. Abbiao ritrovato un cuoco ormai maturo, sereno, capace di esprimere al meglio i sapori del Mediterrneo Tirrenico giocando fra orto e mare con sicurezza e divertimento, affrontando piatti dela tradizione in modo nuovo ma sempre leggibile ed ecumenico, capace cioè di piacere a tutti, allergie e idiosincrasie a parte ovviamente.
Parliamo di prezzi intanto: il menu degustazione di 5 portate costa 55 euro vino escluso, alla carta il costo oscilla dunque fra i 50 e i 60 euro. Ci si arriva agevolmente dala bretella che collega Salerno ad Avellino, giusto un chilometro dalla uscita di Fisciano e dall’Università.
Abbiamo attinto dalla carta escludendo i crudi per provare il cucinato, ci ha divertito la forchettata di spaghetti al pomodoro come amouse bouche, premessa identitaria territoriale (direi nazionale), ma anche un chiaro riferimento alla proprietà Di Leo, che su questo fronte ha schierato Irene.
Elegante ed essenziale l’aperitivo, senza troppi contorcimenti mentali, un modo per dirci che siamo vicio al mare, buono l’antipasto di gamberi e crema di patate in cui il limone gioca un ruolo predominante che conserva così la freschezza de piatto. Poi il solito trittico dei primi, per noi vero banco di prova di ogni cucina: pasta secca, pasta fresca e riso. Tre calci di rigore a porta vuota con una padronanza delle cotture della pasta secca e del riso di valore assoluto e universale mentre i bottoni con la genovese di tonno sono golosi e felici.
Carino ed efficace il gioco di rimbalzo con la triglia alla livornese, delicati e non zuccherini i doci. Completano il quadro la cultura dell’olio e del pane, questo fatto in proprio.
Insomma, un percorso in cui si riconoscono bene i sapori e il mare la fa da padrona, il percorso va dal rinfrescante a godurioso, dal freddo al caldo secondo i canoni più classici.
Altri due aspetti politico-gastronomici che ci piace sottolineare e che in una struttura come questa fanno la differenza: la stagionalità del menu (anche se il risotto ai tre pomodori non riesce a toglierlo dalla carta) e la spesa da produttori locali. Ormai un vero cuoco, stellato o “scellato”, si vede anzitutto dalla verità raccontata dal prodotto utilizzato che serve al cliente.
Da rimpolpare decisamente la carta dei vini, un investimento di approfondimento che con questa cucina oggi va fatto soprattutto in tre cerchi concentrici: territorio di prossimità, Campania e Francia (champagne e bianchi). Senza dimenticare un po’ di birra artigianale.
CONCLUSIONI
Un fuoriporta sereno in famiglia anche con bambini, con amici, con colleghi di lavoro o con chi volete bene, una cucina amica e appassionata, un luogo incantevole che racconta di generazioni al lavoro nel settore ell’agroalimentare. Un prezzo che non richiede il mutuo in banca.
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