di Giulia Cannada Bartoli
Chi mi conosce sa che questo è l’unico modo che conosco per scrivere e raccontare. Ecco perché oltre e più che una degustazione, questo è il primo capitolo di una storia del cuore. Da sempre credo che descrivere un vino non possa essere semplicemente limitarsi all’analisi di ciò che abbiamo nel bicchiere. Il vino è il risultato di una combinazione meravigliosa tra vigna, fatica, natura e passione. La mia è forse una visione troppo romantica e veronelliana, ma sono sempre stata convinta che, se in un vino riusciamo a leggere il carattere di chi l’ha “fatto” e il rispetto della terra da cui proviene, beh allora, il più delle volte, siamo di fronte ad un piccolo capolavoro.
“Cammino lentamente tra le vigne e mi lascio cogliere da un mezzo sorriso che m’illumina il volto e l’aria che lo circonda”. Questa era ed è Maria Felicia Brini: quella “joie de vivre” oggi la ritroviamo nel bicchiere.
A distanza di oltre due anni ho ascoltato il richiamo del cuore per ricordare e scrivere della donna dal carattere dolce, caparbio e ironico che ha portato – in vent’anni di attività – la sua cantina a essere tra le più alte espressioni del Falerno del Massico, terza in ordine di tempo a specializzarsi, dopo Moio e Villa Matilde.
Maria Felicia Brini doveva fare tutt’altro nella vita: laureata in Lettere Moderne con tesi in Storia del Teatro e Master in Copywriting, ha vissuto e lavorato nel caos di Napoli fino alla fine degli anni ‘90, ritagliandosi pause per “respirare” nel casolare di campagna, casa colonica dei nonni e buen retiro per le vacanze estive. Il casolare, di colore rosa antico e – come Felicia amava dire – “rosa penso positivo”, risale ai primi del ‘900. La storia dell’azienda inizia nel 1995 quando papà Alessandro e mamma Giuseppina decidono di ristrutturare il casale e di reimpiantare una nuova vigna di un ettaro e mezzo ad aglianico e piedirosso, intorno alla casa di famiglia.
All’inizio degli anni 2000 il richiamo delle origini e il desiderio di allontanarsi dalla frenesia di città portano Felicia a decidere di trasferirsi e cominciare una nuova vita da produttrice di vino e olio extra vergine di oliva. La cantina nasce ufficialmente nel 2002, in tutto sette ettari, di cui cinque vitati da subito a conduzione biologica. Il lavoro in vigna viene impostato da Nicola Trabucco, agronomo ed enologo che di Falerno ne sapeva tanto. Quest’annata segna la prima uscita di Falerno del Massico 2000 Etichetta Bronzo.
La svolta del 2004 è di testa, e di “pancia”: Felicia cambia vita, sposa Fabrizio Fiorenza, nello stesso anno nasce Alice e tutta la famiglia si dedica al nuovo progetto Masseria Felicia nel cuore dell’Ager Falernus.
Le vigne sono tutte a circa 200 metri sul livello del mare. I vigneti sono protetti da un ideale anfiteatro, a est la presenza del vulcano spento del Roccamonfina che conferisce a tutti i terreni naturale fertilità e ricchezza organica di tufo grigio, pomici e ceneri laviche che elargiscono vigorosa mineralità ai vini. A sud della cantina il Monte Massico abbraccia e protegge le piante dai venti freddi. Anche i Monti Aurunci sul lato nord proteggono dal clima rigido. Il mare, distante circa 6 km, fa il resto, mitigando le stagioni e donando al vino caratteristiche note sapide e salmastre.
Il vigneto “Masseria Felicia” si divide in piccoli curatissimi appezzamenti dedicati ai singoli vini con caratteristiche molto diverse tra loro per posizione, ambiente e terreno, garantendo così un legame molto stretto tra vino e vigna d’origine, quasi come in Borgogna.
Dall’arrivo di Felicia, l’azienda ha sempre reinvestito una buona parte di utili per migliorare la qualità della produzione. In particolare da oltre dieci anni la cantina si è dotata di un impianto fotovoltaico in grado di renderla autonoma e sostenibile riguardo al consumo energetico.
Le etichette sono state tutte disegnate da lei: un’indovinata combinazione tra territorio e modernità. Una prima pagina d’apertura a rappresentare vini diretti, senza filtri o sovrastrutture, racconto di vita familiare quotidiana fatta di colori, profumi e sapori. Nel 2008, dopo aver già raggiunto successi significativi, arriva il momento di consolidare e mettere a sistema il lavoro familiare: in cantina e in vigna entra Vincenzo Mercurio, affermato e appassionato enologo di scuola classica con ottima inclinazione per i vitigni autoctoni a conduzione biologica, tra i pochi a evitare di imporsi sul vino lasciando il territorio e lo stile della cantina, liberi di esprimersi. Il feeling con Masseria Felicia è perciò immediato: come in un quadro, Mercurio, esplora le differenze di ogni vigneto e le traduce in colori da riprodurre nel vino.
A Felicia si devono anche l’intuizione e la forte spinta associativa del mondo del Falerno: dalla nascita del Consorzio Vitica, a maggio del 2004, ne è stata parte attiva e cuore pulsante, spingendo con impegno e passione verso lo sviluppo e promozione di tutte le denominazioni della provincia di Caserta. Da questi anni in poi si registra, infatti, un denso proliferare del numero di piccole cantine produttrici di vini a D.O.C. non solo, Falerno del Massico, ma anche Galluccio e delle I.G.T. Roccamonfina e Terre del Volturno.
La vendemmia 2020 è stata l’ultima annata di Felicia: ~ Dal 2022 suo marito Fabrizio ha deciso di dedicarsi interamente alla cantina. Come già Felicia aveva cominciato a fare, i vini sono immessi sul mercato almeno dopo 24 mesi. Per questo motivo le annate 2022 e 2023 sono ancora in vasca sotto lo sguardo attento dell’enologo. Come nella maggior parte del paese, la vendemmia di falanghina 2023 ha reso circa il 40% in meno rispetto all’annata precedente, soprattutto per le piante di Sinopea che per quest’annata non sarà prodotta. La differenza tra i due vigneti Sinopea Falanghina e Anthologia Falerno del Massico sta principalmente nell’età d’impianto: dal 2003 al 2005 per Sinopea e dal 1995 al 1999 per Anthologia. La varietà è la stessa per entrambe: per lo più Falanghina Flegrea e in percentuale minore, Falanghina Beneventana.
Oh, e adesso posso raccontarvi di Sinopea 2020 Falanghina Roccamonfina Igt. Partiamo dall’annata: Vincenzo Mercurio mi racconta di un andamento regolare delle stagioni e delle fasi del vigneto, compatibilmente con i cambiamenti climatici degli ultimi decenni. La vendemmia, rigorosamente a mano, è partita a inizio ottobre, vinificazione tradizionale in acciaio con pressatura veloce e breve contatto con le bucce. A seguire affinamento in acciaio per almeno 9 mesi, stabilizzazione, filtrazione leggera e imbottigliamento a luglio 2021. Abbiamo perciò ormai una permanenza in bottiglia di oltre 30 mesi.
All’esame visivo il calice si presenta limpido, giallo dorato intenso e brillante. La struttura è sostenuta da ampi e lenti archi al calice che rivelano un buon corpo (alcool 12,5 %). Il naso, solo inizialmente un po’ chiuso, evolve in ampiezza e affascinante complessità. Intensi sentori di frutta (pesca gialla, melone giallo e ananas) e fiori gialli si fondono magnificamente, grazie alla lunga permanenza in bottiglia, con note dolcemente agrumate di rigogliosa mineralità miste a sentori di macchia mediterranea di ginestra e rosmarino.
Il palato è in strepitosa corrispondenza con l’olfatto: entrano piene le note fruttate e floreali per poi fondersi con eleganti quanto sferzanti, note minerali e aromatiche. Il sorso è pieno, lungo e molto persistente, sostenuto da una spalla acida e da sapidità davvero importanti, che a quattro anni dalla vendemmia, preannunciano ancora piacevolissime bevute per molti anni a venire. A proposito di longevità…nota d’interesse il tappo in Diam, perfettamente integro a 30 mesi dall’imbottigliamento. Si tratta di una tipologia innovativa che abbina alla tradizione del sughero, la sicurezza meccanica e organolettica del tappo tecnologico.
Gli abbinamenti sono molteplici : il primo che mi viene in mente è di territorio, a pochi chilometri, ad Alvignano il caseificio di Mimmo La Vecchia, “Il Casolare”, il matrimonio con la mega treccia di mozzarella di bufala è d’amore eterno. Altri accostamenti interessanti: la cucina di mare partenopea che al momento anche per me, trova la massima espressione nei piatti di Punto Nave a Pozzuoli; in costiera mi pare perfetto l’accoppiamento con totani e patate o con lo spaghetto noci, acciughe e colatura di alici di Donna Clelia a Praiano. Se invece siete a casa, nulla di meglio che una densa “lagane e ceci”, o una bella “pasta e patate”, vivaddio senza provola, ma con la scorza di parmigiano, come la vera tradizione napoletana insegna! Il rapporto prezzo qualità è notevole: € 8,50 f.co cantina.
Chiudo gli occhi per un ultimo sorso, immagino il sorriso discreto di Felicia che, a spasso tra le sue vigne, ne accarezza le foglie, o che, indaffarata in cantina è al telefono con me, mi pare di sentirla: “Buon merdedì amica, basta poco per avere una giornata migliore, se c’è un sorriso sincero a illuminarla.”
Nel settembre 2022 Campania Stories ha dato vita al Premio “Maria Felicia Brini” che per l’energia, l’affetto e la cura è stato assegnato per la prima edizione, a Fabrizio e Alice Fiorenza.
Orsù, prendetevi una giornata libera e andate in cantina da Masseria Felicia, passeggiate tra i vigneti, guidati da Fabrizio e, se capita, dalla giovane Alice, degustando il vino, comprenderete profondamente il senso della vita che Maria Felicia Brini ha dedicato alla sua cantina.
Masseria Felicia Località San Terenzano, Carano di Sessa Aurunca – Caserta. tel. 39+0823.377514. info@masseriafelicia.it
Ettari vitati: 5- Vitigni : falanghina, aglianico e piedirosso.
Bottiglie: circa 25.000. 2 Ettari uliveto: Sessanella, Itrana, Carolea, Leccino e Frantoio. Enologo Vincenzo Mercurio – Cantina associata Consorzio Vitica. Visite in cantina su prenotazione
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