di Giulia Cannada Bartoli
Lo “scugnizzo di casa” per Felicia, il rosso sfrontato da aglianico (80%) e piedirosso (20%) che, a sentirlo oggi, a distanza di otto anni, pare proprio non aver paura del tempo che passa. “Tanta roba!” già al primo impatto.
Mi pare di sentirla Felicia che, con la sua chiacchiera ironica e informale, mi travolge, a distanza di circa 20 anni, con i racconti del Falerno, di papà Alessandro, della piccola Alice, dell’orto di mamma Pina, della fatica in campagna e delle storie di famiglia, inclusi i cani Nino (diminutivo di Falernino), Nina (diminutivo di Falernina) e Lily; e i gatti Geppo, Etta, Fortunata, Ciro e Togo.
La vigna di 1,5 ettari, impiantata nel 2003, a conduzione biologica, è protetta dal Monte Massico a pochissimi chilometri dal mare, su terreni di origine vulcanica, con presenza di tufo grigio, pomici e ceneri laviche. Il vigneto si estende, infatti, alle pendici dei due massicci montuosi contigui: il monte Massico e il vulcano spento di Roccamonfina su un declivio che porta ad un torrente. Il vigneto è stato impiantato tra il 2002 e il 2003 e si trova a circa 150 m. s.l.m.
L’annata 2016 è stata caratterizzata da un inverno temperato, con ripetute incursioni primaverili, e piogge inferiori alla media. Primavera a dir poco imprevedibile e altalenante: marzo all’insegna della variabilità, rapida impennata delle temperature per buona parte del mese di aprile, con massime vicine ai 25 gradi, seguita da un’improvvisa ondata di freddo polare. Estate abbastanza calda e secca con importanti escursioni termiche notturne. A seguire un periodo autunnale molto variabile, tra temperature molto calde e giornate più miti e piovose. La vendemmia, con attenta selezione manuale dei grappoli, è stata effettuata nella prima decade di ottobre.
Il nome Ariapetrina si deve alla dicitura catastale della zona in cui è ubicata la vigna, in passato chiamata Area Petrina, per via di un antico altare dedicato a San Pietro rinvenuto sul Massico.
La vinificazione è unica (nella vigna ci sono sia piante di aglianico che di piedirosso) ed è la classica da rosso: diraspatura, inoculo di lieviti selezionati, fermentazione a temperatura controllata e svinatura. A seguire parte della massa (normalmente il 60 %) passa in barrique di secondo, terzo e quarto passaggio per 12 mesi; la restante parte invece affina in acciaio. Segue l’imbottigliamento non prima di 24 mesi dalla vendemmia. L’annata 2016 è stata invece imbottigliata a settembre 2021.
Fino al 2015 Ariapetrina è uscito sotto la denominazione Falerno del Massico Doc, da quest’annata Felicia l’ha “declassato” a Igt Roccamonfina a rimarcarne la diversità rispetto al Falerno. L’etichetta “ Felicia e Ariapetrina” è nuova dal 2023.
Il vino mi appare materico e ben strutturato già al primo sguardo. Brillante, rosso rubino ancora molto vivace con leggeri riflessi granato. L’olfatto è intenso, ampio e complesso.
Gran bel frutto, carnoso di visciole, amarene, more, prugna e lamponi. Seguono fiori appassiti, note erbacee e speziate di pepe nero e liquirizia che vanno a comporre un naso verticale e netto. Con molta calma il calice si apre a sfumature di tabacco, cuoio, chicchi di caffè tostato, cacao, note minerali di grafite ed erbe aromatiche per chiudere con leggere sniffate fumè e balsamiche.
L’ingresso in bocca è davvero una sorpresa: il nomignolo “scugnizzo di casa”, sfrontato e irruente calza a pennello Il sorso, perfettamente allineato, entra caldo e potente, esprimendo, al contempo, mineralità, sapidità e briosa freschezza. I tannini nervosi ma eleganti appaiono ancora leggermente ruvidi. Si susseguono sentori di sottobosco, terra bagnata, pepe nero, liquirizia e cioccolato amaro. Il palato è pieno, strutturato (14,5%) e perfettamente bilanciato. Il finale è lungo e saporito con notevole persistenza aromatica.
A 8 anni dalla vendemmia, Ariapetrina attraversa il tempo sviluppando la distinta freschezza gustativa che è la “signature” di tutte le etichette di Masseria Felicia. Un vino che non “stanca”, con tante storie ancora da raccontare.
“Gli esami non finiscono mai”, diceva spesso Felicia, richiamando il teatro del suo amatissimo Eduardo.
L’imponente spalla acido – tannica ben si presta ad abbinamenti con molti piatti della cucina di tradizione partenopea come i piatti di Angelina de I Curti a Sant’Anastasia (Na): la Minestra Maritata, ‘o sicchio d’ ‘a munnezza, spaghetti con noci, nocciole, uva passa, olive di Gaeta e pomodorini del piennolo, l’agnello con i piselli, e anche il baccalà alla vesuviana. O, perché no, si sposa anche con l’interpretazione contemporanea della cucina bistellata di Maicol Izzo di Piazzetta Milù a Castellammare di Stabia (Na). o a pochi chilometri,con il Cuore di bue e salsa di lamponi e la Pancia di maiale di Luigi Salomone – Re Santi e Leoni.
Il posizionamento medio in enoteca è al di sotto dei 20,00 €. Questo “scugnizzo” di “Fely” mi piace davvero, è intrigante e richiama il territorio a ogni sorso. Il consiglio è il medesimo: andate in cantina, porterete a casa un bel pezzo di territorio e tanti ricordi. Sentirete, nella compagnia di Fabrizio Fiorenza e papà Alessandro, la stessa immediatezza e familiarità nell’accogliere che, chi ha conosciuto Maria Felicia Brini, non può dimenticare.
Masseria Felicia Località San Terenzano, Carano di Sessa Aurunca – Caserta. tel. 39+0823.377514. info@masseriafelicia.it Ettari vitati: 5 – Vitigni : falanghina, aglianico e piedirosso.
Bottiglie: circa 25.000. 2 Ettari uliveto: Sessanella, Itrana, Carolea, Leccino e
Frantoio. Enologo Vincenzo Mercurio – Cantina associata Consorzio Vitica. Visite in cantina su prenotazione.
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