Località Nerano, Via Vespucci 13N
Tel. 081.8082800
www.ristorantequattropassi.com
Sempre aperto in estate. Chiuso martedì sera e mercoledì.
Ferie variabili tra novembre e gennaio
Riflettevo sulla distinzione tra trattorie e ristoranti nel giardinetto di Rita e Tonino, in fondo me la immagino così la sala d’aspetto del Paradiso. Sei lì in attesa che decidano il tuo posto preciso, nel frattempo sorseggi un Gosset su una eterea fritturina all’italiana. Già, perché l’alta gastronomia della Penisola Sorrentina, riletta seduttivamente come la evoluzione culturale delle antiche osterie di mare nelle quali il jet set smodato si sentiva improvvisamente a proprio agio perché fuori luogo e ruolo, svela l’anima di questi piatti e svela di colpo il segreto del suo grande successo. Un po’ come il giovane Marcel rilesse improvvisamente i comportamenti di Charlus dopo la scoperta del suo vizio capitale mentre perdeva il suo tempo emozionale a Le Còtè de Guermantes: una deviazione nello stile colloquiale, il menù come google maps del territorio, la ricerca equilibrata dalla costanza aderenza ai sapori della materia prima così come sono stati codificati nel corso dei secoli, l’estrema linearità dei piatti sin dalla presentazione, la percezione esatta della personalità di ciascun prodotto pur nel loro combinarsi durante la cottura o nell’impiattamento, lo sfizio di portarti davanti il pesce appena pescato con la lenza come suprema garanzia di esserti affidato nelle mani giuste proprio come quando si fa da un gioielliere.
Ecco, questa è l’esperienza che vi attende in questo borgo quando sarete sbarcati e finiti nelle mani di Rita e Tonino, il mestiere imparato navigando, un po’ come il vicino Salvatore Caputo. Il giardino, dicevamo, ma ho quasi rimpianto di non pranzare nell’algida sala da pranzo, ricca di particolari bianchi, sobria, non eccessiva, in equilibrio, un po’ come appunto i piatti: qui nel 1998 nacquero i presìdi Slow Food con una cena dove Tonino lanciò la sua mitica cupoletta di riso ai frutti di mare con i quali scaldò i cuori della critica e degli appassionati, un piatto che ancora conserva. Ci ha colpito anche, sin dalla frittura, ma anche con il pane, l’attenzione alla lievitazione, uno dei veri segreti dell’anima della cucina napoletana, il piacere di parlare direttamente alla fame del cliente senza costringerlo ad un percorso penitenziale e celebrale prima di arrivare alla metà dell’appagamento dolce. Tonino ci ha stordito con una piccola batteria di antipasti che vi rileggo: il calamaretto crudo con insalata di verdurine e sedano, l’insalatina di pescespada su insalatina di finocchi e cremina di barbabietola, un ortaggio poco usato eppure invece ricco di spunti cromatici e papillosi, il filetto di triglia fritto con una fettina di pane cafone. P
oi i classici di sempre: il pignatiello di totani e patate, lo gnocco in zuppetta di verdure, le mitiche linguine (no spaghetti) con le zucchine. Volendo c’è una linea di carne tra i secondi: il maiale con il melograno e le mele annurche, la fassona con purea di patate e limone caramellato, l’agnello con riduzione di vino rosso. La piccola pasticceria è nomen omen, ossia tutti i classici napoletani in formato micro, dunque davvero uno spasso che basta per chiudere in bellezza rinunciando così, per dire, al babà, alla crema di ricotta con amarene, al cremino di cioccolato, alla selezione pignola di formaggi campani. Mi pare chiaro ed evidente dunque il percorso che vi attende quando venite la prima volta, anche se io consiglio un uso più colloquiale di questi posti fantastici, soprattutto perchè non siamo in America dove anche chiedere un hamburgher senza insalata prevista nel menù manda in tilt completo il servizio: potete tornare per uno o due piatti, così, semplicemente goderveli come ho fatto con il risotto di zucca e aragosta, due cose che non amo molto perché a forte tendenza dolce ma che qui mi hanno incantato. La nostra coppia è in fase di passaggio, è nei piani un ampliamento con sala da pranzo su vista mare e qualche stanza in più per fari riposare gli ospiti: nel frattempo il figlio Raffaele studia negli Stati Uniti mentre Fabrizio è in cucina.
Dopo trent’anni di lavoro sta per avvenire il cambio generazionale, il momento più delicato per qualsiasi azienda familiare. Infine la cantina: ampia, profonsa, curiosa, ben organizzata, spettacolare da visitare quanto se non più, quella di Don Alfonso. Non c’è sfizio che non possiate togliervi anche se su questa cucina io mi manterrei sui bianchi campani e su qualche rosso non eccessivo. Potete tornare e farvi costruire il menù su qualche bottiglia che vi è balzata agli occhi la prima volta. Tonino comunque è un inguaribile ottimista: nei suoi scorre la vita, difficile dire chi non sia passato da lui, qualche mese fa in incognito c’è stata la Rice tanto per fare un nome, ed è stata questa la grande abilità di questa generazione. La precedente era costretta a girare per conoscere, la sua ha portato il mondo tra i terrazzi di olivi ricavati dalla roccia. Vedete, non c’è bisogno di andare su e giù o sbattersi quando l’essenza della vostra traccia è già dove siete nati. I costi? Quando avrete mangiato tutto spenderete 100 euro, quanto un medio ristorante romano o medio-basso milanese. In fondo, il Paradiso non richiede molti sacrifici se si approccia con la cultura e non con il fanatismo.
Come arrivare
Via mare a Nerano ormeggiate e aspettate. Farà tutto Tonino. Via terra è un bel viaggetto: lasciate la Napoli Salerno a Castellammare, seguite le indicazioni prima per Sorrento e poi per Sant’Agata. Qui per Nerano. Lungo la strada c’è Quattro Passi. Da Napoli ci vuole un’ora e mezza perciò consiglio di prenotare una stanza anche perché non ha senso venire e ripartire. Come faccio sempre io
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