di Floriana Barone
Chef-patron del Signum nell’isola di Salina, Martina Caruso è la più giovane stellata d’Italia: solo un mese fa ha conquistato il premio Chef donna dell’anno assegnato dalla Guida Michelin, in collaborazione con Veuve Clicquot. Classe 1989, Martina è una ragazza determinata e legatissima alla sua terra: in cucina ha mosso i primi passi accanto al padre Michele e lavora a stretto contatto con gli agricoltori e i pescatori dell’isola.
Il suo ristorante-hotel Signum è associato a Le Soste di Ulisse; nel 2016 Martina è entrata anche nella grande famiglia dei JRE (Jeunes Restaurateurs d’Europe) e nella squadra degli Ambasciatori del Gusto.
Premio chef donna dell’anno per la Guida Michelin: come si raggiunge questo traguardo a soli 29 anni?
Non ho mai pensato a raggiungere obiettivi così prestigiosi: in cucina ho cercato sempre di divertirmi. Poi, grazie all’aiuto della famiglia e della squadra, sono riuscita a ottenere questo importante riconoscimento.
Quando hai mosso i primi passi in questo settore?
A sedici anni ho frequentato l’alberghiero a Cefalù e da lì sono arrivate le prime esperienze. Poi sono entrata nella cucina del Signum accanto a mio padre, che mi ha trasmesso passione e determinazione, valori fondamentali in questo lavoro. Da lui ho ripreso anche l’amore per il territorio, l’umiltà, il rispetto per le persone, per gli agricoltori e i pescatori. Papà ha provato a dissuadermi con tutte le sue forze: il mestiere da chef è molto faticoso. Pensava a un percorso diverso per me, magari nell’ambito dell’accoglienza in hotel. Poi è arrivato il corso al Gambero Rosso a Roma: mia madre è legata a questa città. Una scelta naturale, anche perché, nei mesi invernali, la vita a Salina è tranquilla.
Quali sono state le esperienze più importanti per la tua formazione?
Sicuramente a Roma quella con Antonello Colonna: mi occupavo del brunch, un buffet gourmet. Da Gennaro Esposito ho vissuto invece l’esperienza più costruttiva, in cui ho ritrovato una cucina di casa, le gestualità, la cottura delle foglie di limone: in quei gesti rivedevo mio padre. Ero una stagista e sono stata una “spugna”: ho girato tutte le partite, esclusi i primi piatti, che poi sono quelli che amo di più. Sono una “pastara”: papà prima si occupava dei primi e un po’ ho risentito dell’influenza romana. Gennaro Esposito è stato poi l’anello di congiunzione che mi ha fatto tornare a Salina.
Come cambierà il tuo lavoro dopo questo premio?
È un inizio che dà nuovi stimoli in cucina. Ma rimango con i piedi per terra e continuo a seguire un filo conduttore sul mio territorio, cercando di organizzare anche qualche viaggio all’estero. La mia è una cucina che mette a proprio agio e fa divertire l’ospite, perché, alla fine, sono anche un po’ folle.
Qual è il piatto che più ti rappresenta?
La spatola panata al barbecue con crema di mandorle e leche de tigre. Abbiamo avuto questo piatto in carta lo scorso anno: è legato alla mia esperienza in Perù e alla mia passione per i viaggi e le nuove scoperte.
Quali sono le materie prime a cui sei profondamente legata?
Gli agrumi, i capperi, le melanzane, il pomodoro e il pesce. E poi le erbette spontanee che crescono vicino al mare, come il finocchietto marino.
Dove ti vedi tra dieci anni?
A Salina. È una dimensione giusta di vita e dà belle soddisfazioni. Voglio creare un laboratorio invernale per la produzione di conserve da utilizzare in cucina durante la stagione.
Martina Caruso
Dai un'occhiata anche a:
- L’uomo cucina, la donna nutre – 17 Bianca Mucciolo de La Rosa Bianca ad Aquara
- Roberto Canestrini, l’enologo giramondo più esplosivo che ci sia
- Anthony Mangieri, il grande artigiano della pizza napoletana a New York
- Maicol Izzo di Piazzetta Milu: la differenza fra Spagna e Italia? Leggono i curriculum e ti danno una possibilità
- Pashà a Conversano, il nuovo corso di Antonello Magistà
- Francesco Martucci anno sesto del suo regno, ma 30 di dura gavetta
- Addio a Gianfranco Sorrentino, un mito della ristorazione in America
- Gerardo Vernazzaro, mister Piedirosso a Cantine Astroni