20 febbraio 2003
Ormai anche nel vino i tempi brevi dello show business relegano in secondo piano quelli lunghi della campagna. Sicché le guide di lungo corso e larga fama seguono quasi sempre piste strabattute dimenticando il passato e nascondendosi alle novità.
Quali? Per esempio lo splendido Fiano vendemmia tardiva fermentato in accaio e passato dolcemente in legno, il bicchiere ideale per il gusto della strada di questa settimana. Lo produce Raffaele Marino (nella foto), il papà della doc Cilento, l’unico a presidiare degnamente questo territorio per lunghi anni con caparbietà cilentana e astuzia saracena. La sua azienda, 30 ettari di vigne e oliveti, 130.000 bottiglie tra aglianico, sangiovese, primitivo, fiano, malvasia e trebbiano, è la più grande non solo del Parco Naturale ma di tutta la provincia di Salerno dove esistono notevoli testimonianze di qualità corroborate però da numeri piuttosto minimalisti. È su una collina dove i saraceni si abbeveravano ad una famosa fonte e domina il placido mare, di fronte la Costiera Amalfitana, sulla destra la fertile piana del Sele, alle spalle il misterioso Cilento. Da quest’anno Marino (Contrada Moio, via Fontana Saracena, 9. Telefono 0974.821719. Sito www.vinimarino.com) è anche agriturismo di olio e di miele, ché Raffaele tra i primi e i pochi in Campania ha pensato bene all’accoglienza con saggia ristrutturazione prevedendo in tempi non sospetti sala degustazione e cantina visitabile.
Il Raustiello è malvasia dolce e profumata, come il trebbiano della Fonte del Saraceno. E il Cilento rosso base, da aglianico, barbera e piedirosso evita il discorso di concentrazione, si mantiene fresco e adatto per le zuppe di pescato al largo di Acciaroli. L’Aglianico, un Paestum igt, guarda invece alle evoluzione del gusto italico-internazionale e volta le spalle al fruttato beverino dei rossi tradizionali del Parco mentre il Fiano è morbido, floreale, da spendere su un foglia e patate, la ricetta cru della piana di Casal velino, sulla mozzarella di bufala, sulle zuppette di fiorilli.
I saraceni abbandonarono Agropoli, tenera roccaforte cilentana, e adesso dalla fonte può finalmente uscire il vino prima proibito.