Marina del Cantone, Taverna del Capitano e i nuovi piatti di Alfonso Caputo

Ad un certo punto la strada finisce. Qui c’è la Taverna del Capitano.

Decidiamo di affrontare una delle giornate più calde, precisamente il 26 agosto, per fare una improvvisata a pranzo, metterci vicino alla fenestrella, rubare le refole di Maestrale, guardare yacht di lusso e popolino uniti dal mare  e cogliere notizie di una stagione positiva, finalmente, ma ormai lontana dai magici anni pre-crisi.


Ed ecco i piatti, stavolta non presentati per sequenza ma in tre gruppi.

Aperitivo classico di sfizioserie napoletano-marinare, dalla pasta e patate (in alto a sinistra) alla pallina di riso e al crocché. Champagne.

Le paste


Dolce e salato si combattono, non lasciano mai il palato in banale tranquillità. Ghiotto e gourmet allo stesso tempo.

Uno degli elementi è anche il ritorno alla proposta tradizionale. In carta anche gli spaghetti al pomodoro, finalmente.  Segno di una maturità raggiunta, un ritorno alle invenzioni del passato con mezzi tecnici decisamente superiori e dunque con risultati strepitosi. Ma sono anche piatti in cui è facile riconoscersi, identitari, in qualche modo attesi da chi viene da fuori in questi territori.
E nel bilanciamento tra diverse esigenze c’è la molla che consente a questo territorio di saltare molto meglio di altri.
Pasta e Greco di Tufo.

Il pesce, i pesci

Il pesce è l’auto di Formula Uno per uno chef. Alfonso si diverte, esprime fortissime concentrazioni di sapori, di mare (ricciola cotta sulla pietra), di tradizione (totani), la materia prima è spudoratamente sfruttata sino in fondo, un vantaggio che questa cucina esibisce con piatti centrati, equilibrati, giustamente sapidi, mai eccessivi.
Ancora Greco con inserimento di Riesling.

Dolci e salato

Dolci di tradizione, certo. Grandiose melanzane al cioccolato, in questo caso non fritte, e il finale di gelati salati, buonissimi, che mi hanno appassionato e per i quali tornerei adesso. Anche qui Alfonso mostra di conoscere bene la tecnica del freddo e queste cosettine, oltre che nel finale, vanno negli intermezzi, all’inizio, sempre.
Mi sta venendo la fissazione per i gelato non dolci.

Riesling.

Con Guiduccio siamo stati rilassati, tranquilli.
Alfonso è in grande spolvero, il lavoro per la famiglia Caputo non basta mai. Questi anni di crisi hanno spinto i migliori ad aumentare i servizi e a contenere i prezzi per restare competitivi. Un po’ come è successo nel vino.
Sicché se negli anni ’90, diciamo anche fino al 2003, era l’offerta a dettare legge, gli ultimi anni sono a vantaggio della domanda. Venire in questi posti e mangiare non è un sogno irrealizzabile, ma alla portata di tutte le tasche che abbiano un po’ di cultura: i menu degustazione variano dai 70 euro (tradizione con 6 portate), ai 90 con 8 portate (la mia cucina) ai 110 (sorpresa).
Molto meno di un Autogrill, a ben pensarci. E con margini sicuramente inferiori, altrimenti Benetton & soci avrebbero aperto ristoranti gourmet invece di omologare autostrade e stazioni. State sicuri.

Le foto sono di Marina Alaimo

La Taverna del Capitano


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