Questo articolo e’ intitolato a Maria, Angelica, Erika, Lucia, Antonella, Rosa, Silvia, Tiziana, Giuseppina, Maria Grazia, Sandita, Micaela, Alessandra, Chiara, Ilaria, Adriana, Boshti, Antonia, Domitia e alle altre 58 donne che dall’inizio dell’anno ad oggi hanno trovato la morte per mano di uomini – se così si possono definire – che ben conoscevano.
Accoltellate, strangolate, sparate e fatte a pezzi da qualcuno che dichiara amore; vittime di gelosia e rabbia di mariti, fidanzati, compagni, padri.
Dedicato altresì al milione di donne stuprate, abusate e minacciate e a tutte quelle che, per paura e sottomissione, non denunciano gli inenarrabili eventi che segnano indelebilmente la loro vita.
A Lucia, che con coraggio ha mostrato in pubblico il suo nuovo volto, sfigurato dall’acido per mano del suo ex fidanzato.
Questo è il quadro di un paese stretto dall’ignoranza e dalla cultura di un maschilismo così saldo e diffuso.
Maria Carolina d’Asburgo Lorena, Regina di Napoli e di Sicilia, alta, snella, intelligente e consapevole del proprio rango, ebbe un’educazione raffinata, improntata a una rigida etichetta di corte. A sedici anni si vide sposa, malvolentieri, di Ferdinando IV di Borbone, Re di Napoli e di Sicilia, da lei ritenuto brutto e grossolano, aggravato dal dialetto con cui si esprimeva e dalla tendenza ad esimersi dalle sue responsabilità, cui era solito anteporre la caccia, la pesca e gli spettacoli.
La regina tuttavia, ambiziosa e volitiva, riuscì a imporsi come figura autoritaria, tant’è che di fatto governò il Regno di Napoli al posto del marito Ferdinando IV. Durante il suo dominio si mostrò favorevole alle idee illuministiche e incentrò i primi venti anni di regno al rinnovamento politico-economico. Al suo dispotismo illuminato si deve la nascita dello Statuto di San Leucio – la prima raccolta di leggi pensata da una donna nell’interesse delle donne – teso a regolare la vita all’interno della Real Colonia di San Leucio, nel Regno di Napoli. Qui, donne e uomini vissero da eguali, con pari compensi e stesse prerogative; alle donne fu data la possibilità di studiare e gli vennero riconosciuti gli stessi diritti degli uomini, quali, a titolo esemplificativo, quello all’eredità, alla proprietà, all’educazione dei figli e alla scelta del compagno.
È proprio ai piedi del monte S. Leucio che la storia fa risalire la coltivazione del vitigno Pallagrello, fatto impiantare, per volere di Ferdinando IV di Borbone, sia a bacca bianca che a bacca rossa, nella Vigna del Ventaglio (chiamata così per via della forma a spicchi) insieme ad altre pregiate varietà del Regno; l’antico nome del vitigno era Pedemonte, ma il vino da questo ottenuto giungeva alla tavola dei Borboni con l’appellativo “Vino del Re”.
Il Pallagrello bianco Maria Carolina, prodotto in 600 bottiglie, è un omaggio alla regina, pensato e curato dalla cantina “ALE.P.A” di Paola Riccio, donna dinamica e intelligente, dagli occhi vispi e un viso i cui tratti delicati ricordano i soggetti femminili dei dipinti di Tamara De Lempicka.
La cantina è situata su un poggio caiatino chiamato S. Giovanni e Paolo, in provincia di Caserta e a pochi chilometri dalla splendida Reggia che secoli or sono diede dimora alla Regina.
Paola eredita la proprietà nel 2003 e fin da subito, grazie anche al contributo offerto dall’enologo Maurizio De Simone, viene lanciato il progetto vino. La sinergia instaurata tra Paola, Maurizio e il territorio che li circonda, determina la scelta naturale dell’agricoltura biologica (non certificata), con l’esecuzione di pratiche antiche e rurali, come ad esempio la legatura della vite con i rami di salice viminalis.
Anche l’introduzione del sistema del sovescio – consistente nell’interramento di tutta la vegetazione di una coltura, allo scopo di arricchire il terreno di sostanza organica – e della tecnica del sovrainnesto (oramai in via di estinzione), hanno definitivamente siglato la filosofia di una vita ecosostenibile, in armonia con la natura e gli essere viventi.
Tre ettari di vigne di 25 anni si estendono nell’infinita vegetazione che, a perdita d’occhio, ricopre le colline casertane, dominate da un’accesa tonalità di verde. Le uniche note di colore che rompono quell’uniforme cromatura sono date dai fiori bianchi degli alberi di susino e dalle variopinte rose posizionate ai bordi dei filari della vigna. Questo angolo di mondo offre una sana rappresentazione del microcosmo, contenente anima e corpo, composto da cose semplici e pure. La quotidianità, in questo luogo, non è mai banale, risultando anzi impreziosita da una realtà onirica, a metà tra sogno e realtà.
Le varietà di uva allevate, oltre al pallagrello, sono greco, falanghina, aglianico e cabernet sauvignon; quest’ultimo vitigno, in particolare, è impiegato per la produzione del “Privo”, vino ottenuto senza aggiunta di solfiti, ma semplicemente utilizzando composti ricavati dai vinaccioli delle stesse uve che, svolgendo azione antibatterica ed antiossidante, eliminano la necessità di ricorrere alle solfitazioni.
La produzione totale di Ale.p.a. e’ di 15.000 bottiglie e, come si è visto, 600 di queste contengono il Maria Carolina.
Il colore di questo Pallagrello bianco, annata 2011, ricorda quello dell’oro, luminoso e limpido; i profumi sono austeri e concentrati su note tostate di orzo e nocciola, aprendosi poi ad intense sensazioni di foglia di pomodoro, origano e fini rintocchi iodati; riconoscimenti di mela cotta e albicocche completano il corredo aromatico. All’assaggio delinea potente struttura e corpo, scandendo con chiarezza la freschezza rilasciata dalla spalla acida; la sapida mineralità e i toni fumé, inoltre, recano persistenza viva e integra. L’affinamento in legno rilascia una nuance speziata, determinando profondità e complessità.
Dopo una lunga e lenta fermentazione a temperatura controllata, il vino sosta in tonneaux per otto mesi e in acciaio per altri quattro. Prima della messa in commercio sono infine necessari ulteriori sei mesi di affinamento.
Il Maria Carolina è un vino di razza e dalla chiara personalità.
Ho avuto modo di berlo accostato ad un piatto di ziti con sugo alla genovese e devo dire che l’abbinamento è risultato perfetto. Suggerisco comunque di provarlo anche con formaggi erborinati, carpaccio di carne e piatti a base di verdure, sia cotte che crude.
“Una donna è spesso punita più per le sue virtù che per i suoi vizi”
Paul Brulat, Pensieri, 1919
Azienda Agricola ALE.P.A. – Sede a Caiazzo (Ce), Via Baraccone 2, Località S.S. Giovanni e Paolo, tel. 0823/862755 – Fax. 0823/355642 www.alepa.it info@alepa.it
Questa scheda è di Antonella Amodio
Dai un'occhiata anche a:
- Vini Tenuta Fontana – Nuove annate
- Villa Matilde 35 anni in rosa | Terre Cerase I.g.p. Aglianico Roccaleoni Campania Rosè 2023
- Masseria Felicia, Ioposso Piedirosso Igt Roccamonfina 2016: un riuscito esperimento tra solidarietà e territorio
- Falerno del Massico Rosso Collecastrese Dop 2019 Magnum Villa Matilde
- Antonio Papa | Memoriae – Falerno del Massico bianco
- Terra di Lavoro Campania Igp 2015 – Galardi
- Paradosso: il vino bianco da uve rosse della Cantina Trabucco
- I Cacciagalli a Teano presentano i loro due nuovi spumanti